“Notturno cileno” è un romanzo di Bolaño alla Bolaño, una fotografia delle connivenze della Chiesa e degli intellettuali con il regime di Pinochet, protagonisti un sacerdote in cerca di redenzione e un Paese, il Cile, che non fa i conti con le sue colpe. Tra i protagonisti e le comparse personaggi fittizi, reali, simbolici, o inventati ma con riferimenti alla realtà
Adesso è un brand, uno spartiacque, un gigante riconosciuto del futuro, ma le prime edizioni in lingua italiana delle opere di Roberto Bolaño erano roba da iniziati e videro la luce per la tenacia congiunta di Angelo Morino ed Elvira Sellerio. Ovunque siano staranno sorridendo sornioni, perché loro avevano già visto tutto. Fra gli ultimi a essere pubblicati in vita da Bolaño e quindi dalla casa editrice palermitana – perché, dopo la morte dello scrittore, Andrew Wylie batté cassa (l’affaire Roth prima dell’affaire Roth) affidando l’opera omnia ad Adelphi – Notturno cileno (123 pagine, 12 euro) è un romanzo che, a torto, non ha la fama di tomi decisamente più voluminosi e già entrati nella leggenda. La traduzione non è più quella di Angelo Morino, ma di Ilide Carmignani; cambia certamente lo stile di intendere e interpretare la traduzione, di metterla in pratica. In ogni caso il lettore italiano è in buone mani, Carmignani è abilissima a dosare i passaggi più alti e letterari di Bolaño con il registro colloquiale.
Le conseguenze dell’orrore
Nell’imminenza della morte Sebastián Urrutia Lacroix, reazionario sacerdote dell’Opus Dei, critico letterario e poeta («In questo paese abbandonato da Dio siamo proprio in pochi a essere davvero colti») vuota il sacco e prova a giustificare le sue colpe ai tempi del regime di Pinochet (che prova a iniziare inutilmente a Leopardi, a lui e ai suoi gerarchi illustra il marxismo, prova a dare loro gli “strumenti” per debellarlo), gli occhi chiusi, le omissioni e il silenzio dinanzi alle conseguenze dell’orrore. Vagheggia il Cile perduto del latifondo, Sebastián Urrutia Lacroix, questo prete che disprezza i poveri e tradisce il Vangelo, non riconosce più il mondo rurale e la civiltà contadina, assiste a una metamorfosi industriale di un Cile che tace sui suoi crimini. Un personaggio che è metafora, un’accusa, neanche tanto velata, alla Chiesa con le sue ambiguità, le sue ombre nella notte, le sue complicità con una delle dittature più spietate del ventesimo secolo, quella cilena; anche se il bersaglio di Bolaño sembra più ampio, sono i tanti ignavi e indifferenti, a cominciare dalla “casta” degli intellettuali, che nulla fecero per opporsi a quel regime, e in generale a tutti quelli del Sud America: quando l’arte dialoga con la barbarie è l’inizio della fine. Lo spazio grigio fra carnefici e vittime fu molto più vasto di quanto non sia storicamente emerso. Senza incontrare capitoli e nemmeno capoversi, il lettore galoppa velocemente nella mente dell’impassibile, a lungo, prete, nel suo delirio di inetto che vuole redimersi, mosso dalle accuse di un «giovane invecchiato», probabilmente se stesso, sprazzi della sua stessa coscienza. Ma la strada della redenzione, in apertura di monologo, solo a volte lucido, sembra essere lastricata di certezze che vanno in direzione della dannazione:
I miei silenzi sono immacolati. Che sia chiaro. Ma soprattutto che sia chiaro a Dio.
La storia sotto mentite spoglie
Mescola memorie e visioni oniriche, confessa e si assolve l’affascinante e diabolico Sebastián Urrutia Lacroix ed è un po’ come se fosse l’intero Cile a farlo, perché Notturno cileno è di certo un romanzo di Bolaño alla Bolaño – andamento febbrile, metafore ardite, arguzia, sogni, riflessioni, sbalzi cronologici, memoria ingannevole – ma anche un romanzo storico sotto mentite spoglie, con personaggi fittizi, reali (Jünger, Neruda, Salvador Allende, Pinochet), simbolici (due burocrati kafkiani, i signori Aruap e Odio, cioè paura e odio al contrario) o inventati ma con allusioni esplicite per chi conosce la realtà del Cile; da Sebastián Urrutia Lacroix al famoso critico Farewell, dalla scrittrice di regime María Canales al di lei marito Jimmy Thompson, agente della polizia segreta sotto copertura (uno dei tanti “doppi” di questo romanzo), ci sono riferimenti e corrispondenze che non lasciano scampo.
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