Romeno naturalizzato francese, poeta surrealista, Ilarie Voronca, alter ego di Eduard Marcus, ha lasciato anche un racconto speciale, quasi kafkiano, “La confessione di un’anima falsa”. Protagonista della vicenda un impiegato a cui un chirurgo cambia l’anima, affibbiandogli quella di un giovane soldato ucciso in guerra: è l’inizio di un percorso grottesco e malinconico…
Non anime morte né salve, ma di sicuro malconce, quando non derelitte, anime da riparare, quando non da sostituire, con operazioni di chirurgia, nella Francia in balia della seconda guerra mondiale. C’è un libretto prezioso che qualcuno, Oltralpe, ha paragonato perfino a Kafka, e sebbene il genio praghese sia praticamente inavvicinabile, l’azzardo non è totale. Prova ne è La confessione di un’anima falsa (86 pagine, 10 euro) più che pregevole racconto di Ilarie Voronca, pseudonimo di Eduard Marcus, nato nel 1903 in Romania, protagonista sulle pagine delle riviste d’avanguardia, poeta surrealista di grande inventiva formale, apprezzato da Eugène Ionesco, fuggito in Francia nella prima metà degli anni Trenta, stabilitosi, infine, a Parigi – che già conosceva per averci studiato – con la moglie Colomba; si sarebbe suicidato in casa col gas, nella primavera del 1946, ma in questo lasso di tempo la sua attività letteraria, soprattutto in versi, non sarebbe passata inosservata, tanto più che finì per scrivere in francese, come avrebbero fatto lo stesso Ionesco e Cioran. Di famiglia ebraica, Ilarie Voronca aveva abbandonato la propria terra per lo strapotere delle formazioni di estrema destra, che soffiavano sul fuoco di un crescente antisemitismo, e in Francia partecipò attivamente alla resistenza antinazista, da iscritto del partito comunista.
L’impiegato e il chirurgo
La possibilità di leggere in italiano un’opera – una delle sue ultime – di Ilarie Voronca si deve alla casa editrice Abbot – che continua a segnalarsi per la riscoperta di autori fuori da canoni conclamati, meglio se con opere brevi e folgoranti – e alla traduzione di Marta Paris. Il protagonista de La confessione di un’anima falsa – grottesco e malinconico, scritto nella lingua d’adozione – è un «impiegatuccio di una società finanziaria», «mediocre carcassa» che ha cambiato anima. Com’è stato possibile? Uno specialista, uno strano chirurgo di Nizza ha trovato la soluzione migliore e a un prezzo agevolato: l’anima logora dell’aiuto archivista non si può “rammendare”, è danneggiata irrimediabilmente, è necessario sostituirla, con quella di qualche giovane caduto al fronte. «Grazie a Dio siamo ancora in guerra e non mancano anime di uomini forti», asserisce macabramente il medico.
La guerra e l’amore
Ilarie Voronca, prima di virare sul fantastico, ragiona sugli orrori della guerra, sui progressi della scienza, sul disorientamento e la crisi d’identità dell’uomo, specie negli anni Quaranta del Novecento, dinanzi alla furia degli eventi bellici. E, in qualche modo, fa i conti anche con l’amore, perché la nuova anima del protagonista gli si manifesta e fa sentire la sua voce, la morte l’ha colto giovane e innamorato di una ragazza che conosceva dall’adolescenza («Pensavamo di sposarci, una volta pagato il mio tributo alla guerra»). Solo cercare quella fanciulla potrebbe placarne i tormenti, fanno presto a capirlo il corpo e la mente che ospitano quell’anima “artificiale” e che si chiedono: «Valeva proprio la pena farsi portar via la propria anima per poi ridursi a indossarne una tormentata, direi corrosa, da nostalgie e rimpianti?». Nella ricerca l’uomo si imbatterà in personaggi – anche streghe e maghi – e situazioni al limite della realtà . Lasciamo al lettore, un lettore avveduto, accorto, attento, capire l’evoluzione della vicenda. La certezza è che la riscoperta di Ilarie Voronca non può, non deve passare inosservata.
Seguici su Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, WhatsApp,Threads e YouTube. Grazie