Una supplica e una testimonianza, fra ricordo e pudore, un ritratto e un dialogo con il padre scomparso troppo presto. “Invernale” di Dario Voltolini è un libro molto personale, storia di una morte, di un dolore, di un senso di colpa, un lungo congedo, una sobria tragedia
I primi capitoli sono tutto un concitato sciabolare e sciabordare di gesti, e di parole ricercate e precise, vocaboli che si muovono all’unisono con chiassose e vivide moltitudini, frasi che catturano, pagine che suonano, una prosa che ammalia e non è la prima volta quando c’è di mezzo il piemontese Dario Voltolini. La prima pagina fa tuffare il lettore in un mercato, «versione insurrezionale della Borsa di Wall Street». Suona tutti i tasti del lessico, Dario Voltolini, che torna a pubblicare per i tipi della Nave di Teseo a distanza di due anni da Il giardino degli aranci. Il ritorno è molto personale, affonda indietro nel tempo, alla seconda metà degli anni Settanta, nel nucleo familiare d’origine, è un dialogo nel tempo che racconta il distacco dal padre Gino, macellaio nel mercato di porta Palazzo a Torino, scomparso prematuramente. Un modello, un lavoratore, una roccia, lentamente consumata da una malattia, un gigante cinquantenne rimpicciolitosi, una certezza evaporata. Un destino a cui il figlio assiste pressoché impotente.
Ordigno disinnescato
Un volume dalla copertina rosso tenebra è il nuovo titolo di Dario Voltolini (qui una sua intervista sul nostro canale YouTube). Il suo insegnamento involontario (involontario perché crediamo che i libri non diano lezioni, né tantomeno gli scrittori in gamba), con questo libro che è fatto di letteratura e viscere, è che i padri ci salvano sempre, anche quando tutto è finito, perduto, in frantumi, anche quando siamo fuori tempo massimo, e crediamo di avere perso, e ci sentiamo sconfortati e ci siano fatti ghermire, dal primo, dall’ultimo o dall’ennesimo senso di colpa, proprio allora i padri sanno sollevarci, sanno portare il peso al posto nostro, provano a sconfiggere il dolore. Lo fa Gino con due parole, solo due. Disinnescando «l’ordigno» scivolato in petto al figlio, il rimorso di non essere rimasto al fianco del genitore nell’ultimo fatale viaggio verso l’ospedale francese in cui era stato in cura.
Addio fantasma
Invernale (140 pagine, 17 euro) di Dario Voltolini è una pudica testimonianza, una compatta supplica, intessuta di tenerezza e malinconia, a cui non serve «nessun dio fasullo». Difficile riprendersi dal repentino peggiorare della situazione del padre Gino, che si mozza inavvertitamente un dito, mentre lavora, che fa i conti prima con l’infezione di un batterio e poi con il cancro, con una diagnosi che lascia poche speranze. È un lungo congedo, un addio a un amato fantasma che dura decenni, però è anche un nuovo incontro, di sentimenti, non di sentimentalismi, di sobria tragedia
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