Due poemetti in uno, “Degli amanti non degli eroi”, per il ritorno ai versi di Daniele Mencarelli, poeta affermatosi come romanziere, che torna alle origini. Due storie contrapposte – quella straripante di un primo vero amore e quella di una notte di violenza e meschinità, protagonisti tre specchiati eroi – ci ricordano cose molto semplici, che solo i poeti veri ci sanno spiegare ogni volta…
Mi piace tornare a un libro di Christian Bobin, recentemente pubblicato in Italia, Questo azzurro (qui l’articolo), edito da Sanpino. Scrive l’autore francese, dopo aver definito Cristo «il più grande di tutti i poeti»: «… essere poeta significa questo, guardare la vita e la morte in faccia, e risvegliare le stelle nel nulla dei nostri cuori». E in una vecchia intervista, a proposito della poesia, Bobin affermava: «È un’insurrezione dello spirito e la più grande respirazione possibile data a ciascuno di noi in questa vita». Sono definizioni, concetti, pensieri che vestono dell’abito più adatto versi vicini e lontani di Daniele Mencarelli, che il grande pubblico conosce principalmente per una serie di romanzi ispirati anche alla sua stessa vita, trasfigurata. Mencarelli nasce e resta poeta, lo è anche in prosa, ma torna a esserlo prepotentemente nel suo ultimo volume, che entra dalla porta principale di una delle collane più iconiche, lo Specchio di Mondadori. Chi volesse capire cosa c’è prima di questo suo ultimo titolo, in bilico fra passato e presente, potrà assaporare tutta la sua precedente produzione in Tempo circolare (poesie 2019-1997), pubblicato da Pequod.
La salvezza vera e quella apparente
Amore e morte, salvezza e dannazione sono dicotomie dei romanzi di Mencarelli che tornano anche in questi versi, per metà editi, con qualche ritocco non di poco conto, per metà inediti. Sono due i poemetti, riuniti sotto il titolo Degli amanti non degli eroi (191 pagine, 18 euro), e sono tanto lontani quanto necessari l’uno all’altro. Da una parte il furore smisurato e struggente del primo vero amore, che ne nasconde perfino un Altro («Dio bambino divertito / a farci carte da castello / il Tuo eterno nascondino»), a cui dare la caccia, a cui chiedere salvezza, all’ombra di un forsennato nichilismo; dall’altra parte l’apparente salvezza garantita da chi ha ristabilito giustizia, abbattendo un oppressore: medaglie fasulle, inutile magniloquenza, dietro gloria e ampollosità la scena è prosaica e maleodorante, la grettezza e la vigliaccheria trionfano.
Un amore da adolescenti e i misteri più grandi
In Storia d’amore (la cui prima versione era stata pubblicata da Mencarelli nel 2015) c’è una ragazza, naturalmente, ma non è la solita facile preda di un balordo, perché appare così Gabriele, fra droghe, discoteche e periferia. Adolescenti diversi degli anni Novanta, che assieme compiono un percorso. Lui deve vincere le ritrosie di lei, Anna, che studia latino, e cambia la vita di lui in «un posto indefinito fra spina dorsale e costato». È il lento evolversi di un sentimento che segnerà le esistenze di entrambi. Il nome di lei fa in fretta a trasformarsi da «una cosa corta senza sapore / solo due lettere e due suoni», a «vero nome dell’amore / nome dal sapore di fiamma». Da «Non sei niente di speciale» e «Tu sarai una bocca come le altre», alla parola amore da usare con parsimonia riferita a lei, a «In bocca tua le rose del latino / sono musica psichedelica», c’è tutto il senso di una «rivoluzione», di una parabola sentimentale e di vita, Gabriele viene al mondo, rinasce. E s’interroga – in un senso religioso piuttosto – sui misteri più grandi, la morte e il suo Dispensatore.
Divinità arroganti ma fragili
Nel secondo poemetto che compone Degli amanti non degli eroi di Daniele Mencarelli, ovvero Hotel Lux, si racconta di una sfida a poker nella suite di un albergo. Al tavolo un cameriere, che è l’io narrante, e Nettuno, Mercurio e Marte, nomi di battaglia di tre liberatori che hanno abbattuto un dittatore, soldati più ridicoli che eroici, infantili, bestiali, a conti fatti, a cui bastano poche mani di un gioco a carte, per venire allo scoperto nelle loro bassezze, codardie, isterie, nei loro inganni riverniciati di rispettabilità e retorica. Divinità arroganti ma fragili, i tre. Colmi solo dell’«odio di chi non ama / se non il proprio nome». Dal contrasto fra il primo e il secondo tempo di questo libro emerge la contrapposizione che ogni poeta vero dovrebbe smascherare giorno dopo giorno: l’amore sarà sempre più forte della guerra, della morte, della sete di potere e del trionfo della meschinità sintetizzati nelle apparenze degli eroi nazionali di Hotel Lux. Parole semplici? Ingenue? Già lette? Nulla di tutto ciò, c’è sempre bisogno di qualcuno che se le trascini addosso e sappia riscriverle ogni volta nuove. C’è bisogno di chi risvegli le stelle nel nulla dei nostri cuori. La poesia di Daniele Mencarelli è in grado di farlo.
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