Grottesco, esilarante e spietato è “Colpo gobbo” del francese Franz Bartelt. Tra personaggi bizzarri e riuscitissimi, tra paradossi e sorprese, un noir tragicomico dai dialoghi serrati, in uscita il prossimo 8 marzo
Non è un thriller, per quanto sia stato definito tale. Forse un noir a tinte fluo, con una coppia di protagonisti bizzarri e riuscitissimi, e un plot che potrebbe diventare un film assai divertente, sulla scia dell’ormai tradizionale commedia francese che ha riscosso parecchio successo negli ultimi decenni: da I visitatori a Benvenuti al Nord. L’aria che si respira leggendo questo agile romanzo di Franz Bartelt – che abbiamo letto in anteprima – è questa: si ride, si riflette, il paradosso la fa da padrone, restando però sempre fedele a sé stesso, che tradotto significa aver raggiunto un livello di coerenza interna elevato, nonostante le linee del racconto virino verso il bordo dell’assurdo e del grottesco.
Un piccolo criminale in trappola
Di solito la mia ispirazione la traggo dalla birra. Dopo qualche boccale il mio vocabolario prende slancio. Sono in grado di dissertare su qualsiasi argomento. Ho come delle impennate.
Il protagonista è un ladruncolo alcolizzato eppure colto, che recita a memoria versi alessandrini e si lascia andare di frequente in riflessioni filosofiche, sociali e politiche di inaspettata profondità con citazioni di alto profilo culturale. Una sera progetta di fare un colpo mettendosi alle calcagna di un tizio (apparentemente ubriaco quanto o più di lui) che ostenta le sue ricchezze. E in effetti, ricco (il tizio) lo è, ma quella che tende al nostro antieroe è una trappola bella e buona che farà del ladruncolo amante della poesia un prigioniero. Un tipo strambo che cattura uomini, li rende schiavi e poi li uccide e li seppellisce in cantina. Le situazioni tragicomiche si susseguono a ritmo sostenuto, i dialoghi sono serrati e lo stile ricco di sfumature.
Traduttori di spicco
Un uomo capace di profondità pensa al suicidio un paio di volte l’anno. È un argomento di meditazione, quando mi trovo nei guai, mi dico sempre che è quello il momento buono per pensare di farla finita. È un pensiero che mi rilassa. Quei due o tre brevi periodi che ho trascorso in prigione, dieci giorni di qui, quindici di là, sono stati i punti forti del mio percorso mortifero.
Ma è sempre la stessa cosa: suicidarsi in prigione vuol dire condannarsi a una pena che è stata abolita da persone con idee di sinistra, con l’approvazione di una maggioranza di altre persone con idee di destra che, per una volta, pensavano che quelli con idee di sinistra avessero ragione. Non succede tanto spesso.
Insomma, Colpo Gobbo (200 pagine, 17 euro) di Franz Bartelt – in libreria fra una decina di giorni, tradotto da Giuseppe Girionti Greco ed Ezio Sinigaglia – è un romanzo insolito, difficilmente inquadrabile in un genere, sicuramente raffinato, esilarante e spietato. E soprattutto è un romanzo riuscito, che i tipi di Prehistorica Editore (che importano solo roba buona dei cugini francesi) hanno deciso di portare all’attenzione del pubblico italiano.
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