Sperimenta e sprizza fantasia, è ironico, ma anche grottesco; nelle sue pagine uomini e donne s’attraggono e si respingono, incessantemente. È un maestro del racconto Leonard Michaels, come dimostra la raccolta completa delle sue short stories, “Potendo, li avrei salvati”
Se siete rimasti abbagliati, incantati da Sylvia (Adelphi, in precedenza e/o) e interdetti, sconcertati – voce dal sen fuggita – da Il club degli uomini (Einaudi, in precedenza Mondadori), c’è un poderoso volume che potrà darvi una risposta definitiva su uno scrittore americano che merita, e dall’altra parte dell’oceano certamente lo è, di stare al fianco dei grandi della letteratura. Insomma sarà facile rendersi conto che l’essenza di Leonard Michaels è certamente più in Sylvia che ne Il club degli uomini. A confermarlo sono le trentotto vibranti e affascinanti storie raccolte in un libro pubblicato da Racconti edizioni, Potendo, li avrei salvati (588 pagine, 26 euro), che comprende le cinque raccolte di short stories pubblicate in vita dall’autore morto settantenne a Berkeley nel 2003. Dietro c’è un lavoro editoriale prezioso, affidato a non solo a due traduttori affidabili, ma a due innamorati di Leonard Michaels, come Luca Briasco e Roberto Serrai; un titolo annunciato per il 2022 («È un libro che inseguiamo da sempre, da quando la casa editrice era solo un progetto su carta» si leggeva in un post su Facebook di Racconti edizioni), ma arrivato solo a 2023 inoltrato. La preziosa casa editrice romana – con la complicità di sigle più blasonate e storiche che evidentemente non se la sono sentita di pubblicare il resto della produzione – conferma il luogo comune che, almeno in Italia, sono principalmente le realtà indipendenti a scommettere sulla forma racconto. Al di là dei bei discorsi che si fanno e si sentono in varie sedi.
Prosa musicale e meditata
Leonard Michaels è un maestro del racconto – celebrato da William Styron come da Susan Sontag, Amy Hempel, una dea delle narrazioni brevi, spesso lo ha indicato fra i suoi ispiratori – figlio di immigrati polacchi, visse un’infanzia con salute cagionevole e pensieri e parole espressi in yiddish. La sua narrativa s’avvale di una prosa speciale, musicale, ritmata, la scrittura appare frenetica, compulsiva, ma è stata molto meditata e cesellata. La sua produzione di racconti ruota attorno a coppie che s’attraggono e si respingono, fra amore e conflitto, è incentrata su violenze emotive ed egoismi, sul dolore che uomini e donne (psicologia poco approfondita, la loro, e lo scrittore fu accusato a più riprese di misoginia…) possono infliggersi a vicenda.
Due alter ego
Ampia e variegata è la proposta di questo robusto volume. Le prime due raccolte di racconti di Leonard Michaels risalgono alla fine degli anni Sessanta e alla metà dei Settanta, ma sono modernissime. Almeno un paio gli alter ego che talvolta sfoggia, il matematico ebreo Nachman che non crede all’amore eterno (le sue storie furono le ultime a essere scritte, prima della morte dell’autore), protagonista degli ultimi sette racconti e Philip Liebowitz, di mestiere venditore di scarpe. Ci sono solitudini, partite di basket, viaggi e feste, in queste pagine, ma anche ballerine e gangster. Ci sono amplessi e giochi sessuali, e ci sono studiosi del Talmud, prostitute e camerieri, studentesse e rabbini. Ci sono invenzioni a proposito di personaggi realmente esistiti, da Marx a Lord Byron a Trockij, a un certo punto fa capolino Jack Kerouac («Una sera, su una Porsche gialla, feci il giro di Manhattan con Jack Kerouac. Recitava brani imparati a memoria delle recensioni dei suoi libri, rivolto verso il cielo. Aveva un modo di fare ironico, dolce e deprimente»). Ci sono il senso di colpa e la gelosia, la natura vivisezionata con frenesia e audacia. Coglie dettagli, evoca atmosfere, sperimenta e sprizza fantasia, è ironico, ma anche grottesco. I racconti di Leonard Michaels sono una delle cose migliori che possono capitare nella vita di un lettore.
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