“Da corso Vercelli a Treblinka. Storia di Susanna Pardo” è un documentatissimo volume di Carlotta Morgana che ripercorre la tragica fine dell’unica italiana trucidata nel lager di Treblinka. Una storia che a suo modo è una sfida alla ferocia nazista e al sonno della ragione
I quotidiani, si sa, li porta via il vento. E allora era necessario scrivere un libro. Carlotta Morgana deve averlo pensato quattro anni fa, dopo avere pubblicato un articolo sul quotidiano milanese Il Giorno. Non un semplice articolo, ma una testimonianza, un’intervista a una delle sorelle dell’unica italiana che, assieme alla figlioletta Esperance, detta Ninetta di poco più di un anno, fu uccisa nel lager di Treblinka. Carlotta Morgana interpellò Silvana Pardo, allora già ultranovantenne e oggi scomparsa. La sorella Susanna, che si era sposata con Davide, detto Davico, Pardo, suo cugino, e aveva lasciato l’Italia, non tornò mai più a casa, a Milano, nella casa di corso Vercelli, dove a lungo la aspettarono, in cuor loro piangendola presto, tutti i familiari, soprattutto il padre e le sorelle. Protagonisti di vicissitudini che li condussero in Svizzera e, infine, di nuovo a casa, in una Milano fatta a pezzi dalle bombe degli inglesi, una città fantasma, ferita in ogni suo luogo chiave.
Interviste, archivi, lettere
Da corso Vercelli a Treblinka. Storia di Susanna Pardo (16 euro) è una delle ultime pubblicazioni della casa editrice Giuntina, che ha accolto la proposta di Carlotta Morgana, capace di scrivere in modo onesto e puntuale la storia semplice e spaccacuore di una ragazza italiana, per quanto nata a Salonicco, inabissatasi nel male assoluto del ventesimo secolo. Un volume scritto ed edito per quanti non si rassegnano all’antisemitismo, alla sua viltà, al suo rinfocolarsi al giorno d’oggi, a chi chiude gli occhi oggi come quelli che li hanno chiusi ieri. Il timore di Silvana Pardo, che la memoria della sorella Susanna si esaurisse e fosse una delle tante memorie sepolte per sempre della Shoah, è scongiurato. Un libro che è una risposta a quanti si chiedono come si possa tenere viva la memoria della Shoah, quando tutti i testimoni diretti non ci saranno più: Carlotta Morgana ha rintracciato tutti i pezzi di vita di Susanna Pardo, oltre che intervistando parenti sopravvissuti, consultando archivi, scovando lettere, facendo al proprio meglio il lavoro di giornalista, contaminandolo con una partecipazione sincera e commossa. All’apparenza didascalico, il racconto della breve vita di questa giovane donna dagli occhi dolci e dal sorriso tenero, che nelle sue cartoline e lettere alla famiglia – riportate nel libro, insieme ad alcune foto d’epoca – si concentrava su dettagli della quotidianità e della bimba che aveva messo al mondo, sorvolando (probabilmente per non fare preoccupare i suoi) sulle crescenti difficoltà ambientali con cui facevano i conti lei, il marito e la figlioletta. I due cugini si erano sposati nel 1940 e si erano trasferiti a Bitolj, nell’attuale Bulgaria, dove il marito di Susanna aveva un’azienda tessile. Gli affari fiorenti lentamente si arenarono, l’inizio della fine…
Fuga rocambolesca
Joseph, il padre di Susanna Pardo, era un commerciante di stoffe, padre di sette figlie (le prime quattro, compresa Susanna, dalla prima moglie, Rachele, e le altre tre da Gina, seconda moglie), che nonostante le leggi razziali, le restrizioni e il clima pesante della fine degli anni Trenta, riuscì a lungo a resistere e a stare a galla. Alle angherie e ai divieti seguirono i rastrellamenti degli ebrei, casa per casa. Non tutti, e non immediatamente, fra gli ebrei italiani seppero cogliere la gravità del pericolo che avrebbero corso di lì a poco. Troppi temporeggiarono, troppi sperarono che l’Italia non seguisse le orme della Germania, tra i fascisti della prima ora non mancavano rappresentanti delle comunità ebraiche e molti, troppo tardi, compresero quanto sarebbe stato difficile scampare alla rete dei volenterosi carnefici di Mussolini. La famiglia Pardo riuscì a riparare prima in Brianza e poi, rocambolescamente, anche grazie a un fascista, R. C., in Svizzera. E si adoperò per conoscere il destino della figlia lontana, interpellando diplomatici, non arrendendosi in fondo nemmeno davanti all’evidenza del non ritorno.
Esempio vivo
La vita spezzata di una giovane donna e della sua famiglia è evocata nella pagine di Da corso Vercelli a Treblinka con sensibilità e groppi in gola. Susanna Pardo ci appare non come un “santino” da esibire nel corso delle ricorrenze o a ogni giornata della memoria, semmai un esempio vivo della bellezza offuscata dal nazismo, come il sogno reciso di un mondo migliore, come la gioventù che cede il passo al sonno della ragione. Nel suo sorriso delle foto in bianco e nero, pubblicate in appendice, ci piace rintracciare una sfida alla ferocia, la certezza di chi sta dalla parte giusta, la possibilità di capire che voltare le spalle dinanzi alle ingiustizie svuota la vita di umanità.
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