Un ritorno sublime, magnifico, travolgente, quello di Bret Easton Ellis con il romanzo “Le schegge”. Gioca con finzione e realtà, tornando a scrivere di sesso, lusso, droghe, omicidi, giovani sfavillanti e sregolati. Con meno distacco e più emozione rispetto al passato. Con la sua proverbiale prosa ipnotica
Era perduto ed è stato ritrovato, era un’icona beatamente scorretta ma impolverata nelle librerie di casa, ed è tornato, quando in molti non ci credevano più. C’eravamo fermati agli anni Novanta, lui li aveva segnati, marchiati a fuoco, come aveva fatto con gli Ottanta. Non venite a dirmi che i polemici e moraleggianti saggi di Bianco (ne abbiamo scritto qui), con sprazzi di memorie, erano lontanamente all’altezza dei suoi capolavori narrativi, lagnarsi e bofonchiare contro tutti o quasi mi aveva fatto temere che l’Amor nostro stesse scivolando irrimediabilmente verso una vecchiaia lamentosa e malmostosa. E, invece, col suo più recente romanzo Bret Easton Ellis ha ritrovato lo smalto dei tempi migliori, il passo che sembrava perduto. E perfino un serial killer più sanguinolento e perverso di Patrick Bateman, chiamato “il pescatore a strascico”.
Speciale one
Magari posa sempre lo stesso sguardo sul mondo, o racconta sempre la stessa storia (questa l’aveva abbozzata più di quarant’anni fa, prima di dedicarsi alla scrittura dei suoi primi capolavori), sangue, sesso, fasti e miserie, ma lo fa in un modo sublime, col suo stile meraviglioso e inimitabile, quello che cerca di rilanciare on line sui podcast (su cui peraltro leggeva proprio il suo nuovo romanzo, quando ancora non era concluso), quello che a sprazzi regala perfino sui social. Affascina, dispiegando abilità sulla pagina, Bret Easton Ellis, gioca con la finzione e con la realtà, segna la propria diversità dal resto degli scrittori viventi, da speciale one, mai serio, mai serioso, meno arrabbiato, sempre travolgente.
Sesso gay clandestino e fiumi di Valium
Le schegge (752 pagine, 23 euro) di Bret Easton Ellis, tradotto da Giuseppe Culicchia per Einaudi, scorre via che è un piacere, lungo le strade della giovinezza e lungo le vie di Los Angeles. Psicofarmaci, droga, alcool negli Stati Uniti di Reagan. Bret Easton Ellis descrive tutto con dovizia di particolari, minuziosamente, auto, edifici, brand, sesso clandestino (con Ryan e Matt, compagni dell’esclusivo liceo privato che frequenta, mentre fa finta di essere innamorato della sua stupenda e popolare ragazza, Debbie): anche in questo, come in tutto, è eccessivo, ma stavolta non gelido, a tratti partecipe di ciò che accade alle figure a cui ha dato vita, non c’è distacco, non c’è morbosità, ma a tratti compassione. Si racconta un mondo che in gran parte non esiste più, senza l’universo digitale di oggi, senza social network. In compenso ci sono incubi che diventano realtà, fiumi di Valium e una serie di omicidi nel contesto in cui danzano Bret e i suoi coetanei, e in cui certi equilibri vengono meno, anche per l’arrivo di un nuovo compagno, Robert, perverso e affascinante.
… se la primavera e l’estate del 1981 erano state il sogno, qualcosa di paradisiaco, allora il mese di settembre rappresentò la fine di quel sogno con l’arrivo di Robert Mallory.
Il sogno di diventare scrittore
Parallelamente c’è il sogno di pubblicare, di diventare uno scrittore, sogno per cui Ellis è appeso a un filo, dipendente dalle risposte del potente di turno. Cosa si è disposti a fare per diventare un numero uno? Si fa presto a intuire che cosa pensa Bret. Che è sempre fenomenale e visionario, formidabile e ipnotico, un eroe del nostro tempo, un tempo che non lo merita. Forse stavolta il suo romanzo non è e non sarà epocale, ma semplicemente perché è l’epoca in cui è pubblicato a essere sbagliata, a non essere all’altezza della sua prosa, della sua idea di mondo. Quella di un ragazzo con la passione del cinema e dell’horror, di un ragazzo cresciuto ad hamburger e Stephen King. Quella di un ragazzo adesso parecchio cresciuto, ma mai onesto, perfino sentimentale, come in queste pagine.
Erano il sesso e i romanzi e la musica e i film a rendere la vita sopportabile – non gli amici, non la famiglia, non la scuola, non la scena sociale, non le relazioni.
Nè provocazione né identificazione
Senso di vuoto e contraddizioni, coincidenze inquietanti e impeto del desiderio, ossessioni e un Dna inevitabile degli States, in cui sono radicati naturalmente, come se fossero parte del paesaggio, razzismo e diseguaglianze. Sono solo alcune cose che Bret Easton Ellis, con la voce del suo narratore inaffidabile. ma mai libero come stavolta, getta addosso al lettore, così come sono, senza cercare antidoti, senza provare a edulcorarli. Non c’è nessuna provocazione ne Le schegge e nessuna possibilità di identificazione. E, forse per la prima volta, con un romanzo di questo “campione” non c’è di mezzo la contemporaneità, semmai il passato vecchio di quarant’anni. Un passato caotico e divagante, a tratti, ma sublime e commovente, che turba. Bret Easton Ellis finge di ricordare una gioventù sregolata e sfavillante e alla lunga trasforma un volume di pseudo memorie in una specie di thriller, un incubo feroce, una maledizione… caro Bret Easton Ellis non sei ancora J. D. Salinger, ma sei strepitoso!
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