Una storia ironica e lieve, intrecciata con tanta ingombrante tristezza. È “I sorrisi non fanno rumore” di Enrica Tesio, nelle cui pagine una quarantenne che lavora nel mondo dell’editoria si sente spesso sola e smarrita. le cose peggiorano dopo una pubblica affermazione a proposito dell’esistenza di Babbo Natale: sui social parte l’inferno accusatorio…
“Babbo Natale non esiste”. C’è forse un espediente più chiassoso e problematico di dichiarare questa sentenza davanti a dei bambini per uno scrittore? Enrica Tesio sceglie di far accadere proprio questo clamoroso episodio alla protagonista del suo romanzo I sorrisi non fanno rumore (208 pagine, 17 euro), pubblicato da Bompiani. Non è uno spoiler: la verità di quest’affermazione resterà sospesa fino all’ultimo.
Quella di Antonia, detta Toni, e dei personaggi che le danzano intorno nel rush finale di un coun down prenatalizio che si avvia dopo il fattaccio iniziale, è una storia che forse non potrebbe essere più natalizia di così. Non per Babbo Natale, non per le letterine né per i regali, e tanto meno per le tavolate di famiglia o le luci. No, I sorrisi non fanno rumore è una storia che è sì ironica e scorre lieve tenendo il lettore incollato alle pagine, ma è anche una storia intrecciata con tanta ingombrante malinconia. Quella stessa malinconia che siede a tavola a Natale, e brilla con i suoi vuoti e le sue mancanze in mezzo alle lucine degli alberi decorati.
Di madre in figlia
L’abbiamo provata tutti, forse, quella tristezza che accompagna la macchina rumorosa tutta gioia e sorrisi del Natale, ed è per questo che Toni e la sua storia raccontano qualcosa di universale. Le feste natalizie funzionano infatti da catalizzatore e illuminano in maniera abbagliante tutto quello che non va: errori, solitudini, mancanze, debolezze, contraddizioni. Ce ne sono due che caratterizzano la vita di Toni, illustratrice di libri per bambini di una certa fama, e hanno a che fare con la maternità e il lutto. Sono due temi cardine in questa storia, due facce di una medaglia che, proprio come il Natale, sa dare gioie ma anche profonda tristezza.
Incastrata in mezzo a questioni irrisolte che affondano nel passato e nel futuro della sua famiglia, Toni ce la mette tutta per capirsi e stare a galla, anche se fin dall’incipit sappiamo che è una quarantenne che si sente spesso sola e smarrita. Lo è nell’elaborazione del lutto recente per la madre, nel rapporto con l’ex compagno ora futuro papà con una nuova fidanzata, ma lo è anche nella relazione con una figlia che sembrerebbe riuscire ad amare solo a una certa distanza. È una lotta per capirsi, quella della protagonista, una lotta che ha un momento di rottura gigantesco nella frase su Babbo Natale pronunciata in una scuola.
Gli adulti rotti
E ora? Ora si può solo fuggire. È una fuga dal Natale che in realtà nella festa finisce per sprofondare, perché è proprio con quel faro acceso dalla gioia e dall’atmosfera familiare che Toni dovrà fare i conti: è lui che evidenzia, accende zone buie, fa capire cosa mettere a tacere e quali passi compiere. I giorni che separano la protagonista dal Natale sono così una terra ritagliata in mezzo al caos e al chiacchiericcio violento e aspro del mondo social. Dopo l’affermazione su Babbo Natale si scatena infatti proprio sui social l’inferno accusatorio, trionfo della superficialità da cui fuggire per scavare grotte da esplorare con se stessi. Dove non è detto che si potrà incontrare qualcuno di interessante.
Natale è insomma una palestra per adulti un po’ rotti: devono apparire così ai bambini (la voce del piccolo Milo è forse la più riuscita nel mescolare insieme l’ironia di Enrica Tesio alla sua capacità di tornare allo sguardo dell’infanzia) che un po’ ci credono e un po’ no a Babbo Natale. Anche perché, a dispetto di quanto affermato dalla mamma, Vittoria, la figlia di Toni, riceve da un bel po’ delle lettere da Babbo Natale. C’è dunque della magia in questa storia, una polvere di stelle fiabesca che coccola gli ingranaggi messi a dura prova dalla vita, un’illusione benefica (ce n’è un’altra, oltre a quella delle letterine, sulla quale l’autrice gioca la sua partita più intima) che tiene incollate tutte le forme d’amore contrastate e apparentemente fallite, e le fa funzionare.
Una storia brillante
I sorrisi non fanno rumore di Enrica Tesio è una storia brillante, non solo per l’atmosfera natalizia che le si sviluppa dietro, con annessi e connessi di letterine, regali, organizzazione di pranzi e film sotto le coperte. Lo è nella scelta del contesto: Toni lavora nel mondo dell’editoria, una macchina inarrestabile descritta come ormai dipendente e soggiogata dal tritacarne dei social media. Brillante è il racconto che Enrica Tesio fa di un mondo che conosce molto bene, senza giudicarlo, ma semplicemente mettendolo all’opera e accendendo la battaglia che ormai quotidianamente queste piattaforme agitano. Ne deriva una superficie sempre esposta al sole, illuminata da lucine finte come certi Natali, sostenuta dalle stesse contraddizioni, debolezze e crisi che fanno smarrire e fuggire Toni.
Brillante è, al contempo, la costruzione della scrittura attraverso cui l’autrice inscena il tutto: nel romanzo si alternano una prima e una terza persona onnisciente e un po’ reticente, e ogni tanto anonime letterine firmate Babbo Natale. Chi parla, di chi sono i pensieri e le voci che accompagnano la lettura? Di Toni, certo, di tutte le sue insicurezze accumulate e dei suoi nodi inespressi, che tuttavia percepiamo come gravosi. Di qualcuno che ci aiuta a capire, con le giuste parentesi temporali che permettono di recuperare frammenti di un passato che ha dato vita all’oggi, tempo della storia. E poi di una penna, anzi di una tastiera misteriosa fino all’ultimo. Un mistero che si scioglierà con tutta la calda potenza del Natale alle soglie della Vigilia. Perché in fondo Natale è anche – e soprattutto – una festa in cui tenere a bada la malinconia che tira al guinzaglio, perdonare e perdonarsi mancanze che pulsano come le sedie rimaste vuote intorno al tavolo, fare i conti con chi siamo, e imparare a consolare gli adulti rotti e riaggiustati che siamo diventati.
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