Raccontare uno squarcio, uno strappo esistenziale, che schiude nuovi spiragli e percezioni sulla nostra condizione. È la cifra narrativa di Guadalupe Nettel, anche in questa sua ultima la prova, i racconti de “La vita altrove”
Guadalupe Nettel, a settembre, è tornata nelle librerie italiane con una raccolta di racconti tradotti da Federica Niola, La vita altrove (192 pagine, 16,90 euro), edita da La Nuova Frontiera, che negli ultimi anni ha pubblicato i suoi romanzi, La figlia unica e Il corpo in cui sono nata, e le sue precedenti sillogi di racconti: Bestiario sentimentale, Petali e altri racconti scomodi.
Che cosa ci riserva La vita altrove?
In prima persona
Otto racconti, narrati in prima persona, nei quali otto personaggi — donne e uomini di età diverse — ci raccontano la propria o altrui esperienza dell’altrove, sognato e desiderato, in cui vivere e provare a essere sé stessi o quella parte di sé, dimenticata e smarrita in un tempo ormai remoto. L’altrove, tuttavia, per alcuni di loro può anche essere un luogo altro meramente accidentale, in cui finiscono col trovarsi e in cui devono necessariamente imparare a stare e a esistere diversamente.
La scelta della prima persona è sempre forte in narrativa sia per chi scrive sia per chi legge: consente una più profonda indagine psicologica a chi scrive e un maggiore coinvolgimento a chi legge. Nettel ad esempio, attraverso questi racconti, entra nei pensieri di una giovane ragazza che ritrova casualmente, in ospedale, uno zio di cui nessuno in famiglia vuole più parlare da tempo e, a proprie spese, ne rintraccerà le ragioni; oppure sonda le emozioni di un uomo che accidentalmente si ritrova a modificare — per migliorarlo — il proprio presente, finendo con l’andare avanti e indietro nel tempo, ma ogni volta ciò comporterà la perdita di qualcosa o qualcuno, ed egli non riuscirà più a venirne a capo. Tra queste otto prime persone, c’è anche una donna la quale, sempre più o meno fortuitamente, nel corso di una breve vacanza con la propria famiglia, scoprirà che uno dei suoi due figli è un “mostro”, ovvero un individuo pericoloso e violento. Dopodiché tutto andrà in frantumi: il rapporto con il marito e l’altro figlio, l’idea di famiglia condivisa fino a quel giorno.
L’illusoria libertà
Le tematiche affrontate nella raccolta sono attuali e, al tempo stesso, universali: i traumi rimossi, l’identità culturale, la memoria e la percezione del tempo, gli sfasamenti e gli scollamenti derivanti dal confinamento, dettato da una non meglio precisata pandemia. E gli otto personaggi che ci raccontano dove, come, quando e perché abbiano provato o dovuto imparare a vivere diversamente, in un altrove che spesso è un’illusione — una fuga indietro nel tempo e, spesso, anche nello spazio, oppure una proiezione e un azzardo, verso un futuro semplicemente immaginato e sperato, nel migliore dei casi, o, invece, nemmeno immaginabile e addirittura inquietante —, sembrano liberi, ma in realtà sono in balìa degli eventi, o meglio, degli accidenti che modificano il loro reale e li proiettano in una condizione che li costringe a ripensarsi e ad assumere nuove diverse forme.
Guadalupe Nettel, nella narrazione, non si spinge fino a mostraci il nuovo io e la sua altrettanto nuova realtà; nella maggior parte dei racconti si ferma poco prima del cambiamento effettivo, e ci mostra semplicemente le paure, le ansie, le illusioni e le speranze dei suoi personaggi.
Letta in prospettiva la raccolta sembra quasi suggerirci di non dubitare, oltre al nostro reale, più o meno appagante e soddisfacente, oppure profondamente infelice e incolore, c’è sempre altro, una miriade di possibilità, realtà e tempi che ci rimettono in gioco e ci permettono o costringono a reinventarci. Unica costante, in questo inevitabile oscillare e mutare, sembra essere la consapevolezza che siamo governati dal caso — sia esso fato o destino, non si evince nella raccolta —, il quale la fa da padrone e, illudendoci di scegliere e cambiare, ci tiene irrimediabilmente avvinti a sé.
L’apparente linearità
La penna di Nettel in questa interessante raccolta, ricca di suggestioni e spunti di riflessione, è piana, naturale, scorrevole, tanto che le voci e i racconti che la popolano sembrano dipanarsi da sé. Tuttavia, dietro l’apparente linearità, si cela la mano consapevole e, quasi, “inesorabile” dell’autrice che ci conduce là dove, fin dall’esordio di ogni storia, si è prefissa di portarci. In questo, possiamo scorgere, più in generale, il suo stile narrativo che, nelle sue storie — siano esse romanzi o racconti —, procede con passo sicuro, spedito e guida il lettore tra elementi e situazioni estremamente quotidiani, che possono dunque caratterizzare la vita di ciascuno di noi e potrebbero addirittura risultare, tra le righe, sulla pagina di un libro, fin troppo semplici e comuni. In realtà, la maestrìa, nella scrittura di Guadalupe Nettel — al pari di quella di altre autrici e altri autori —, risiede proprio in questo, costruire storie dall’apparenza lineare, estremamente simili alle nostre, che però attraverso uno squarcio, uno strappo esistenziale, ci schiudono nuovi spiragli e percezioni sulla nostra condizione, sulla realtà e le relazioni che viviamo. Questa è propriamente la cifra narrativa della scrittrice messicana che, in ogni suo testo, ci affascina e immancabilmente ci spiazza. La Vita altrove ne offre un’ulteriore conferma.
Il racconto, come genere, ha una consolidata tradizione editoriale, soprattutto nel mondo anglosassone, mentre in Italia, salvo rare, recenti e passate, eccezioni, non riesce ad affermarsi: non è tra i generi più amati dai lettori e neppure tra quelli prediletti dagli editori. Eppure, nel microcosmo di un racconto, spesso possiamo trovare storie straordinarie e folgoranti, personaggi insoliti, innovazione e sperimentazione letteraria. La narrazione breve è il banco di prova di molti, se non tutti, gli autori e le autrici agli esordi. Essa costella, inoltre, la produzione di molte consolidate carriere letterarie. Vale dunque la pena, a nostro avviso, avvicinarsi anche in Italia alle sillogi di racconti, che piccoli medi o grandi editori danno alle stampe. La vita altrove di Guadalupe Nettel è decisamente una di queste.
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