Il grande critico Giuliano Gramigna è stato anche romanziere e poeta. Torna in libreria il suo volume più noto, “Marcel ritrovato”, un metaromanzo sulla ricerca di un uomo in fuga, che si fa riflessione sulla letteratura…
Bolognese di nascita, milanese d’adozione, Giuliano Gramigna, è stato un grande critico militante, amato e temuto, e poeta, vicino al Gruppo 63. È stato anche romanziere, autore di opere che non sono passate inosservate, in particolare Marcel ritrovato (296 pagine, 17 euro), che risale al 1969, tra i finalisti al premio Campiello. È singolare che si fossero perse le tracce di un romanzo come questo, adesso rilanciato con grande cura dalla casa editrice il ramo e la foglia, con una postfazione tutta da leggere di Ezio Sinigaglia. Un romanzo di chiarissime, smaccate, atmosfere proustiane, col francese che a volte intarsia la prosa, cadenzata, quieta e di ampio respiro, minuziosa nelle descrizioni. Una riscoperta necessaria, quella di questo titolo di Giuliano Gramigna, pubblicato cinquant’anni fa, ma senza che i segni del tempo abbiano fatto particolari danni o condannato queste pagine all’inattualità.
L’aiuto
Autore di vasta cultura, che non disdegnava lo sperimentalismo, anzi ne faceva un punto di forza, Giuliano Gramigna in Marcel ritrovato, che è il più compiuto e probabilmente il più leggibile dei suoi testi, sfoggia prima e terza persona, intreccia piani narrativi, ripetute citazioni (non solo Proust, ma anche Moliere, Mallarmé, Dante) in quello che è un metaromanzo in cui lo stesso autore in qualche modo “veglia” sui personaggi. Un’operazione modernissima. In cui il protagonista, Bruno (“che crede in Proust più che in Gesù”, autore di Un matrimonio sbagliato, in cui i critici rintracciano a più riprese echi della Recherche) si mette a caccia di un vecchio amico, Marcello. su input della di lui moglie, Roberta, per di più suo amore di gioventù.
È stupido fare la commedia con te Bruno: lo sai quello che è capitato con Marcello, cioè che non abbiamo più notizie da Parigi, e anche tutte le chiacchiere che si sono fatte, figurati! […], se qualcuno andasse a Parigi a vedere mi metterei tranquilla.
Cortocircuiti emotivi, viaggi interiori, riflessioni e sottili ironie si susseguono in pagine di rara suggestione.
La memoria
La ricerca di Marcello si trasforma in una specie di vagabondaggio di Bruno (pubblicitario, fidanzato con Laura) lungo le strade di Parigi, che ha raggiunto da Milano. La scomparsa di Marcello, però, nell’orizzonte di Giuliano Gramigna – lingua alta, con “apparizioni” di latino e francese – finisce per essere solo una scusa per ragionare sull’arte del romanzo, per riflettere sulla letteratura, sulla memoria che – proustianamente – finisce per sprigionare tutto, con l’autore che mette più del naso o di uno sguardo nel meccanismo narrativo.
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