“La cerimonia dell’addio” è probabilmente il romanzo più intimo e sofferto di Roberto Cotroneo, un libro che scuote dentro e meriterebbe lunga vita, magari un importante riconoscimento. Dolori e dubbi implacabili accompagnano per decenni una donna, dopo la scomparsa del marito, un’assenza con cui è difficile fare i conti…
Un breve incantevole intenso romanzo che ci fa venire alla mente un breve incantevole intenso romanzo, dello stesso autore. Un libro dalla gestazione molto lunga, il più recente di Roberto Cotroneo, alla vigilia di una nuova svolta professionale, dopo l’addio a Neri Pozza come editor per approdare a Feltrinelli Gramma, avventura attorno a cui c’è molto attesa, per la direzione di Giuseppe Russo e il tandem di Cotroneo, editor degli autori italiani, con Marcella Marini, responsabile della narrativa straniera. La cerimonia dell’addio (166 pagine, 18 euro), che Cotroneo ha consegnato a Mondadori richiama per qualche verso un altro suo romanzo edito dalla casa di Segrate, Questo amore, adesso fuori catalogo. Anche in quel caso la protagonista si chiamava Anna, c’era di mezzo una libreria, e un uomo che scompariva nel nulla. E già allora Cotroneo aveva dimostrato d’essere un fine cantore della coppia e delle sue dinamiche, dei dubbi e del dolore. Sono temi che tornano implacabilmente anche ne La cerimonia dell’addio, probabilmente la sua opera più personale e sofferta, dedicata alla ex moglie e madre dei suoi figli, scomparsa ormai più di un anno fa.
Convivere col dolore
Il romanzo di Roberto Cotroneo si nutre ed è intessuto di citazioni, spesso voci di poeti amati, tutte rigorosamente riportate in coda al volume. C’è una famiglia, una coppia di sposi con due figlie, Cecilia ed Emma, negli anni Settanta. C’è una separazione senza certezze che spacca una coppia, un momento struggente in cui Amos sparisce, lasciando la vita di Anna in bilico. Sono a Roma e lui è in attesa di una visita specialistica, dopo un episodio temporaneo di amnesia, si allontanerà per una breve passeggiata, senza più tornare. Per la donna inizia un tempo di attesa e di convivenza con il dolore. È un’opera che non consola, che ci getta nel limbo di chi, senza una ragione, è costretto a fare i conti con una perdita enorme e con l’incapacità di rassegnarsi, per lunghi, lunghissimi anni. L’attesa perenne (con idealizzazione di Amos) si intreccerà anche con una rivelazione sul passato di Amos che, se possibile, incrinerà lo status quo rabberciato.
L’attesa è un atto di viltà. È un modo per stare fermi, per non cambiare nulla. Non ho affrontato il dolore, non ho combattuto contro la sorte. Ho spostato la speranza sempre più in là, alla fermata successiva. E aspettando, alla fine sono stata io a dimenticare il mio nome.
L’autore irrompe…
Il punto di vista, in prima persona, di Anna scorre fin quando, ben dopo la metà del volume irrompe improvvisa e sorprendente la voce dell’autore: un capitolo incastonato che inizialmente sembra strano da metabolizzare per il lettore che, dopo pagine, riprende il filo della vicenda di Anna. Un capitolo la cui importanza si comprenderà solo alle battute finali. Il risultato è un libro nostalgico e limpido, che riguarda tanti di noi, che ribolle di suggestioni, dalla lingua nitida, una freccia preziosa in mezzo a tante altre spuntate che ci capita di leggere in giro. Non conosciamo dinamiche editoriali, opportunità, desideri dell’autore, destini incrociati dei libri nel 2024 che verrà, ma questo romanzo, che scuote dentro i lettori, meriterebbe una corsa lunga, una vetrina prestigiosa, chissà, di affacciarsi a qualche premio nazionale di peso, per dare un riconoscimento a una figura, come quella di Roberto Cotroneo, capace di muoversi con disinvoltura, e spesso con esiti eccellenti, in vari ambiti delle patrie lettere.
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