La nostalgia per quello che non si è avuto, per quello che non si è vissuto, per un domani già arrivato, quasi senza averne contezza. Questi sentimenti sospesi, incarnati da personaggi sfuggenti, spesso soli e pieni di dubbi, abitano le pagine di un esordio nella narrativa, quello di Anna Voltaggio, i racconti di “La nostalgia che avremo di noi”. “Una parte della mia generazione non è riuscita a fare le cose che avrebbe voluto fare…”, spiega l’autrice in questa videointervista
Dopo tanti anni dietro le quinte, si è presa la scena con un libro insolito e affascinante, un volume di racconti che dialogano fra di loro attraverso fili invisibili più che visibili, un’immersione in apnea nella vita di oggi, tra interrogativi e solitudini, assenze e desideri. Lei è Anna Voltaggio, palermitana che vive a Roma, ma con Bologna (per via degli anni universitari) nel cuore. Da un buon quindicennio bazzica l’editoria, occupandosi di uffici stampa e di comunicazione, per case editrici, per autori, per eventi. Ma l’amore per la scrittura in proprio è molto più lontano nel tempo. E adesso si è concretizzato nella pubblicazione del primo libro di Anna Voltaggio, La nostalgia che avremo di noi (ne abbiamo scritto qui), edito da Neri Pozza. «Il mio è un esordio tardivo, non sono più una ragazza – sussurra – ma la scrittura è stata depositata in me da quando ero una giovane lettrice, dagli anni del liceo. Ho procrastinato, come è successo a tante persone della mia generazione che hanno spostato in avanti l’idea di inseguire un sogno».
Non sono storie autobiografiche, non sono storie collettive, ma forse una via di mezzo. «Ho scritto la prima storia e mi convinceva – aggiunge – sentivo di avere intercettato una cosa che riguardava il sentimento della nostalgia. Una parte della mia generazione non è riuscita a fare le cose che avrebbe voluto fare. Ho scritto un’altra storia e mi sono resa conto via via che stavo proprio raccontando un po’ sempre la stessa cosa e che i miei protagonisti all’incirca avevano la stessa età, ho cominciato ad accorgermi che giravo intorno a un concetto che riguardava anche me direttamente, per questo il libro viene spesso raccontato come un ritratto generazionale”. Non racconta quotidianità, ma mondi interiori delle figure vivissime che mette in scena, donne, soprattutto, ma anche uomini, che sono tra i quaranta e i cinquanta anni. “Ci siamo ritrovati – osserva Anna Voltaggio – con questo futuro che ci sfuggiva sempre dalle mani, che si allontanava sempre un po’. Ci siamo resi conto di essere adulti e di non avere più un futuro da raggiungere…”
Qui la videointervista integrale, buona visione