“Una Storia di vendette” è una raccolta di racconti che è parte integrante del progetto Cronache Ribelli: fiction su come la violenza sia istituzionalizzata attraverso forme di sfruttamento e su come ad essa risponda chi non vuole più sottostare ai soprusi, una vendetta sociale degli ultimi e degli oppressi, attraversando varie fasi della Storia…
Nato nel 2016 con il nome “Cannibali e re”, piattaforma social atta a creare uno spazio focalizzato sulla documentazione e ricerca storica e sociale dando spazio alle vicende delle classi popolari, dei gruppi oppressi e delle minoranze, dal 2018 il collettivo diventa anche un progetto editoriale con l’uscita di Cronache Ribelli, un almanacco di storie autoprodotto, pubblicazioni che vengono finanziate con il solo contributo dei lettori e attività culturali portate avanti tramite il crowdfunding.
Un piccolo manifesto
Un progetto “militante” quello di Cronache Ribelli che non è solo quello quindi dei quindici racconti del volume Una Storia di vendette. Quindici racconti di cronache ribelli (249 pagine, 16 euro), uscito per opera del sodalizio culturale ma che è ben più articolato e si sviluppa come viene indicato nel bollettino numero 1 dello scorso settembre, sorta di avviso ai naviganti e piccolo manifesto di quella che è definita “un’avventura chiamata cronache ribelli”, di più materiali e attività, documentari dedicati a storie di conflitto sociale nell’Italia degli ultimi due secoli, podcast sulla storia della Resistenza, laboratori nelle scuole. Il catalogo delle pubblicazioni racconta di un centro di documentazione storica orientato all’approfondimento di storie del nostro tempo e più o meno recenti in luoghi dove regnano ingiustizie e diseguaglianze.
Il frutto di fiction-narrativa che ne è nato è Una Storia di vendette, titolo esemplificativo che già ci dice di una società nella quale l’uso della forza e della violenza istituzionalizzata attraverso varie forme di oppressione e sfruttamento e legittimata dall’alto verso il basso è destinata, come la storia spesso dimostra, a incontrare forme di resistenza da parte di chi quella violenza e soprusi da sempre abituato a subire non accetti più di sopportare passivamente. I racconti parlano proprio di molteplici storie minori, per la maggior parte misconosciute, rielaborate e nascoste nella imago narrativa.
Oppressi e oppressori
Le storie e la “Storia” che emerge dai racconti, i cui testi benché appartenenti a un progetto collettivo portano la firma di Matteo Minelli, è animata dalla vendetta che pare costituirne il crudele motore. Le storie di sfruttamento e soprusi si avvitano in una spirale d’odio con le relative vendette che non sembrano avere mai fine in un quadro tutt’altro che confortante quale in parte è la storia umana che nel tempo è stata caratterizzata dalla resistenza alla barbarie dei piccoli e degli esclusi, sopraffatti dalla violenza dei potenti. Sono le lotte che nascono dal risentimento sociale di operai verso i loro padroni, degli schiavi nelle piantagioni di America verso i propri aguzzini, dei nativi americani verso i conquistatori.
La vendetta in tale ottica e come racconta il titolo è la protagonista principale dei racconti. Vendetta sociale contro l’oppressione e il dominio come citato nell’introduzione a proposito del regicidio compiuto nel 1900 ai danni di Umberto I da parte dell’anarchico pratese Gaetano Bresci il quale dopo l’omicidio dirà: “Non ho ucciso l’uomo, ho ucciso un principio”.
Solidi intrecci, andirivieni temporali
È su questa falsariga che si sviluppano le varie narrazioni con intrecci ben curati e richiami dalle note esplicative che fungono da invito alla conoscenza e approfondimento di eventi minori e protagonisti della storia più o meno recente che vanno a innestarsi nella fiction. Una solida tenuta degli intrecci narrativi, i quali trattando di storie di vendette richiedono una rigida consequenzialità logico-causale, seppure applicata a cruente vicende moralmente deprecabili e che in ogni caso possono in alcuni casi collocare le storie narrate all’interno della più classica tradizione noir, un noir a sfondo sociale con un intento morale mai sottaciuto che è quello della rivalsa dei più deboli rispetto ai propri oppressori. Tali sono i racconti incentrati sulle indagini per la misteriosa morte di un gerarca fascista e il sanguinoso epilogo della vicenda, sui convulsi e sanguinosi ultimi giorni della Comune di Parigi, su uno sciopero generale svoltosi negli Stati Uniti, su vendette trasversali come quelle che avvengono in Argentina nel contesto delle lotte sindacali portate avanti dagli anarchici dei primi anni del Novecento, sul racconto dei torti subiti dalla popolazione etiope nello stato africano già colonia italiana, e ancora storie di vendette e tradimenti con sullo sfondo i giorni della caduta del Muro di Berlino, cacciatori di taglie alla ricerca degli ultimi indiani Apache rimasti, il racconto di una donna venduta a un generale durante la guerra sino-giapponese di inizio Novecento, una storia di affrancamento dalla schiavitù che si sviluppa in tinte chiaro scure tra paganesimo e religiosità in una fazenda brasiliana. Racconti che spaziano avanti e indietro nel tempo come con il racconto di una rivolta contro le angherie di poliziotti omofobi in un locale LGBT di Los Angeles ai nostri giorni fino a trovarsi persino alla Corte di Luigi XIV, tra gli intrighi e le scabrose vicende, lotte e vendette tra le favorite del Re di Francia.
Il progetto divulgativo di Cronache Ribelli che chiunque vorrà approfondire e sostenere potrà farlo accedendo alle varie piattaforme social sulle quali già da tempo i suoi contenuti sono presenti, si arricchisce di questo volume che ci parla di come spesso (purtroppo) nella storia sia la violenza a dettare i tempi, le regole e gli atti, la storia in questo caso vista dalla parte degli ultimi, degli oppressi e degli sfruttati, da quella parte di mondo che nel tempo ha visto più da vicino gli effetti della barbarie e della sopraffazione, in un contesto nel quale ritorsioni e vendette caratterizzano da sempre il tempo storico, come purtroppo accade anche ai nostri giorni, con l’auspicio che non dovrà essere sempre così.
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