Non fu semplice per il debuttante George Orwell pubblicare “Senza un soldo a Parigi e a Londra”, primo di tutti i suoi grandissimi libri. Un resoconto delle esperienze personali ai margini nelle due capitali, la testimonianza di meschinità, espedienti e tedio che costituiscono l’indigenza. Fra orari massacranti, diritti calpestati, politiche sociali inadeguate…
Il mondo visto con gli occhi dei senzatetto e dei girovaghi. Novant’anni fa un giovanotto, George Orwell, prese la propria vita e ne fece materia letteraria, raccontando la miseria nera del subproletariato nelle capitali di Francia e Gran Bretagna, Parigi e Londra senza paillettes, alla stregua di inferni urbani. E nacque una stella, una voce romanzesca con un occhio attento e spietato alle dinamiche socio-politiche del tempo, attitudine che non l’avrebbe più abbandonato, anche quando il suo pseudonimo non era più quello di un esordiente di belle speranze, ma quello di un peso massimo della letteratura. Volume dalla pubblicazione travagliata, scritto in due riprese nel giro di qualche anno, fu inizialmente bocciato da T. S. Eliot, prima di trovare la via giusta, grazie all’opera di un agente letterario, Leonard Moore. La più recente versione in italiano è quella di Andrea Binelli per Newton Compton, che ha appunto curato Senza un soldo a Parigi e a Londra (256 pagine, 9,90 euro), come aveva fatto anche con Giorni in Birmania (qui l’articolo)
Sbarcare il lunario
Non era ancora tempo di distopie e di allegorie, agli esordi, per Orwell, che, da aspirante giornalista nella capitale francese, finisce per lavorare, anche diciassette ore di fila, nelle cucine di hotel e ristoranti: la disamina lucida del capitalismo borghese arriva presto, pochi godono del capitale, la maggior parte della popolazione ha il solo obiettivo di sbarcare il lunario per le successive ventiquattro ore, fa i conti con paghe da fame, orari e turni massacranti, diritti calpestati. Finiscono alla berlina anche i governi incapaci di portare avanti politiche sociali adeguate. La povertà materiale ed esistenziale che racconta in modo diretto Orwell fa apparire quello che sembra un diario come un pamphlet e uno studio sociologico. La sua è una rappresentazione spietata, talvolta ironica, sempre senza orpelli, in cui l’indigenza è meschinità, espedienti, angherie, tedio.
Sguardo stupito e reticente
Senza un soldo a Parigi e a Londra di George Orwell – la cui lettura spinse in qualche modo Charles Bukowski a scrivere Factotum, in una sorta di emulazione – è un’opera attuale, contemporanea nei temi e nei toni – sebbene lo stato sociale, la solidarietà e i servizi di assistenza siano in generale migliorati – che racconta con onestà, con sguardo al tempo stesso stupito e reticente, tutto l’universo attorno agli underdog, per usare un termine di moda, vagabondi e senzatetto, compresi pregiudizi e paure, vergogna e stigma sociale. Non una semplice storia, quanto una testimonianza della vita di individui annientati nel corpo e nello spirito.
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