Ambizioso e labirintico, che abbraccia luoghi e tempi lontani e strizza l’occhio a più tradizioni e generi letterari, “Il viaggio perduto di Adana Moreau” di Michael Zapata è manna per quanti vivono di letture e libri. Un debutto dalla trama articolata, dal ritmo incalzante, che ha come protagonista una scrittrice morta negli anni Trenta del Novecento e un nipote che, negli anni Duemila, vuole mantenere una promessa fatta al nonno morente
Una trama labirintica, caleidoscopica, da leccarsi i baffi, per quanti vivono di letture e libri. Una ragnatela di interconnessioni perfette, di storie nelle storie: esili, dittature, orrori, viaggi, ricerche, disastri naturali. Un occhio alla migliore tradizione del romanzo latinoamericano e un altro agli autori alti di fantascienza. Un esordio capace di inebriare, di regalare emozioni forti. Un nome, quello di Michael Zapata (statunitense che, dopo aver vissuto a New Orleans, in Italia e in Ecuador, si è stabilito a Chicago), da appuntare in un quaderno dei desideri, su un diario segreto in cui scrivere che si vorrebbe presto leggere qualcos’altro di suo. Nell’attesa, il consiglio spassionato è quello di tuffarsi in queste sue prime pagine, che hanno convinto un editore italiano di qualità, Giuntina, a scommettere sulle sue qualità, puntellando un catalogo di narrativa di valore assoluto.
Una scrittrice, un manoscritto leggendario
Il libro perduto di Adana Moreau (290 pagine, 19 euro), che si avvale della traduzione di Viola Di Grado, è la storia di una promessa da mantenere, l’avventura di un disastro da affrontare, la cocciuta ricerca di risposte lontane nel tempo e nello spazio. Nella Chicago del 2005 l’anziano e malato Benjamin Drower affida una missione al nipote Saul (isrealiano, orfano di entrambi i genitori, vittime di un attentato terroristico), la consegna di un pacchetto nelle mani di tal Maxwell Moreau, famoso fisico di un’università cilena. L’oggetto da recapitare è un manoscritto leggendario, Una terra modello, il secondo libro di Adana Moreau, scrittrice dominicana di fantascienza, autodidatta, sposa di un contrabbandiere, morta prematuramente, nel 1930, decisa a distruggere l’opera prima di chiudere gli occhi. Michael Zapata riesce a tenere assieme con maestria una trama molto articolata, trascina la storia avanti e dietro, in termini di sequenze temporali, finestre dal ritmo serrato, in cui si intrecciano citazioni di grandi come Bradbury, Clarke, Asimov, Dick, e vicende parallele a quella principale. Saul finirà, insieme all’amico giornalista Javier, nella new Orleans derelitta ai tempi dell’uragano Katrina (solo Jesmyn Ward è riuscita a scriverne in modo più vivido…), uno dei tanti luoghi in cui i lettori saranno catapultati dalla fantasia di Michael Zapata.
Letteratura come ossigeno
L’importanza della memoria, le possibilità di realtà multidimensionali e universi paralleli (evocati nell’anima fantascientifica del romanzo), la storia che unisce le generazioni, il potere creativo e dirompente della letteratura. Sparge risonanze a piene mani, Michael Zapata, opera struggente che fa palpitare e trasmette vertigini. È questa la letteratura che ci fa pensare e che ci fa battere il cuore, quella che nella notte ci fa pensare e nel corso della giornata si distende come un’onda sulla battigia dentro di noi. Se tenderete l’orecchio alla voce di Michael Zapata non resterete delusi, semmai incantati, ipnotizzati, attratti. L’ambizione con cui è stato scritto Il libro perduto di Adana Moreau è pari alla sua enorme bellezza e all’impatto con cui ricorda perché la letteratura ci è indispensabile come l’ossigeno.
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