Ritorna in libreria “Romanzo naturale”, debutto di Georgi Gospodinov, labirinto formale gestito con maestria dallo scrittore bulgaro, libro che si immagina sia scritto da un uomo che si è separato dalla moglie. Tasselli, bozze, taccuini, incipit di grandi libri altrui, danno vita a un romanzo sulla difficoltà di scrivere un romanzo. Un po’ pretenzioso forse, ma coraggioso e accattivante
È possibile scrivere un romanzo come lo farebbe una mosca? Avere il suo punto di vista, anzi i suoi punti di vista considerato l’occhio convesso composto da tanti piccoli esagoni altrettanto convessi che permette ai ditteri di vedere il modo come un mosaico? La risposta a questa assurda domanda dovrebbe essere positiva dopo la lettura di Romanzo naturale (Voland 2023, 153 pagine, 16 euro) di Georgi Gospodinov, il romanzo di esordio dello scrittore bulgaro del 1999, uscito da noi nel 2007 e ora riproposto nella traduzione di Daniela Di Sora e Irina Stoilova dalla casa editrice romana nella sempre ricca collana dedicata alla letteratura slava sìrin. Gospodinov, autore tra l’altro dell’acclamato Fisica della Malinconia del 2013 e le cui opere sono state interamente da noi pubblicate dalla stessa Voland è uno che evidentemente di mosche se ne intende se è vero che con il suo Romanzo Naturale ne ha fatta una piccola elegia, tanto da parlare con loro addirittura, quasi francescanamente, e comunque utilizzando quello che secondo il suo di Gospodinov punto di vista ne è la poetica, ammesso e concesso che una cosa come questa possa essere attribuita a un ordine di insetti. Più banalmente questa delle mosche può essere considerata un’allegoria dell’idea di romanzo dell’autore come si esplica nel suo Romanzo naturale. Bene allora affrettarsi a scoprire cosa è per Gospodinov un romanzo naturale e cos’è il suo Romanzo naturale. Tramite la voce del protagonista, uno e trino (vedremo perché) ci dà delle indicazioni dicendoci che serve fissare in continuazione il visibile, e scoprire le somiglianze, e possiamo aggiungere le analogie, il volume ne è ricco a partire da quella delle mosche, mentre entrando più direttamente nella trama del romanzo vale citare la definizione che del protagonista dà la ormai ex moglie definendolo un fuco (da leggere nel romanzo per capire).
Come visto dall’occhio di una mosca
Il pretesto del romanzo è apparentemente banale e non certo inconsueto: la separazione di un uomo dalla moglie, la quale annuncerà di aspettare un bambino (evidentemente non del marito), dà il via al tentativo dell’uomo di superamento del fallito matrimonio dal quale si porterà dietro una iconica sedia a dondolo, una specie di trono dello scrittore. Scrivendo, infatti, l’uomo cercherà di superare il dolore, o solo di andare avanti. In un modo bizzarro, surreale e con quel tocco di meta letterario che affascina, l’uomo diventa una sorta di barbone a tempo determinato nonché geniale e strampalato giardiniere e allo stesso tempo editore del suo stesso libro avendo questo lo stesso nome (Georgi Gospodinov) di quello dell’autore del libro che vorrebbe essere la ricapitolazione emotiva ed esperienziale della sua vita. Al di là del labirinto formale gestito con maestria ed ironia da Gospodinov (quello vero), Romanzo Naturale è molto di più e di indefinibile rispetto a certi volumi postmoderni che si divertono a giocare con tali manierismi strutturali.
È una storia fatta di tante storie come quelle che emergono dall’apparentemente sfilacciato romanzo, composto di tanti tasselli, spunti, quadretti, bozze, appunti da taccuini, storie ascoltate per caso da una panchina al parco le quali vanno a comporre un quadro di insieme dal quale si staglia la vicenda del protagonista che come ogni essere umano ha innumerevoli sfaccettature. La comparsa di alcuni incipit di romanzi di grandi autori fra i quali Salinger, Flaubert, Dickens è funzionale alla teorizzazione dell’idea di romanzo naturale di Gospodinov secondo la quale tanti inizi, tante storie si danno sotto questo cielo, nascono, finiscono, si intrecciano, cadono una nell’altra e compongono il mosaico della vita, come visto dall’occhio di una mosca, in un’epoca nella quale si domanda retoricamente la voce narrante “come è possibile oggi il romanzo, visto che ci è negato il tragico. Come è possibile persino il pensiero del romanzo, visto che manca il sublime”.
Un piccolo trattato di nostalgia
Romanzo naturale può essere definito anche un piccolo trattato di nostalgia nel quale le storie narrate ci confessa la voce del/dei protagonisti in alcuni casi sono del tutto inventate “Sto nella mia stanza, invento storie e cero di essere allegro. Perché lo faccio? Perchè cerco di creare un Romanzo naturale? per una donna che devo dimenticare?” Le rievocazioni del passato dell’uomo, dall’infanzia alla gioventù, alla vita con la ex moglie Ema lo fanno assomigliare a un memoir e allo stesso tempo a una fiction narrativa che strizza l’occhio al saggio filosofico con dotte incursioni nel campo della speculazione, della letteratura con un citazionismo tipicamente postmoderno ma sempre misurato e mai fine a sè stesso, della botanica, della meditazione zen, segmenti di entomologia, dando vita a uno strano e folleggiante ibrido che può esser anche letto come una raccolta di racconti o saggio erudito, tanti sono i segmenti tracciati di varia sapienza, da una specie di apologia dei gatti fino ad arrivare a una vera e propria estetica dei gabinetti, chissà se anche tale digressione di qualche portata allegorica visto l’esito del matrimonio del protagonista.
Lucida ed eccentrica originalità
Il discorso sul romanzo intrapreso nella fiction narrativa alla quale dà vita Gospodinov nella sua opera non prescinde dall’essenza di fondo e dall’estetica negativa che sottintende all’intero volume che è quella sulla difficoltà di scrivere un romanzo, e scriverne uno parlando di questo, tema tipicamente postmoderno ed elaborato da Gospodinov nel suo Romanzo naturale con lucida e allo stesso tempo eccentrica originalità. Una difficoltà evidente che l’autore testimonia nella struttura stessa fatta di tanti tasselli slabbrati e sparsi di verità e narrazioni a sé stanti, come se la vita e il romanzo classico che ci hanno insegnato a dover leggere come unica forma possibile dovesse necessariamente contemplare un andamento lineare e organico. La difficoltà di una narrazione unitaria è in ogni caso un lemma tipicamente contemporaneo che si accompagna alla dislessia letteraria che ci rende consapevoli della difficoltà del saper rappresentare il mondo o dei vissuti individuali in un modo lineare, organico ed esaustivo come la forma romanzo tradizionalmente aveva abituato i suoi lettori nei secoli scorsi. Gospodinov ha raccontato tale difficoltà e ci ha fatto un romanzo.
Un cortocircuito metaletterario
Alberto Moravia consigliava agli aspiranti scrittori in crisi di ispirazione di farsi un bel viaggio, quello sporcaccione di Charles Bukowski raccomandava loro di fare sesso e fumare molte sigarette (oltre ovviamente ad andare alle corse di cavalli), Gospodinov ci dice che anche se non siamo in grado di scrivere un romanzo, possiamo scrivere sull’impossibilità o la difficoltà di scriverne uno a rischio che questo possa implodere, basta saperlo fare con ironia, cifra stilistica e originalità. Il finale sempre più schizofrenico, fatto di improvvisi, dall’andamento rapsodico nel quale le ultime illuminazioni o introiezioni e rigurgiti di scrittura sembrano il rantolo di un moribondo o di un vagabondo, quale è o si finge l’io narrante nonché autore in pectore di Romanzo naturale (alias Georgi Gospodinov) determina un cortocircuito metaletterario che ha il sapore del delirio e uno sparire in massa, come i dinosauri, come gli scrittori forse, per quello che è forse il sogno di ogni artista, scomparire dentro la propria opera. Un po’ pretenzioso forse, ma coraggioso e accattivante, come questo Romanzo naturale.
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