Un libro che… non regala nulla. “Ogni rancore è spento” di Claudio Piersanti ha pagine tutte uguali, non sembra animato dall’ambizione di arricchire l’offerta letteraria in circolazione…
Del grigiore di questo libro ci sarebbe molto da dire. E molto altro sul quale sorvolare. Ogni rancore è spento (288 pagine, 19 euro) di Claudio Piersanti, edito da Rizzoli, incarna alla perfezione quel tipo di lettura che, al suo termine, non ti regala nulla. Come una persona che si giudica indifferente, anche questo romanzo scivola via senza lasciare traccia di sé, forse solo un velato senso di inconcludenza.
Due autori differenti
L’opera sembra essere addirittura stata scritta da due autori differenti: nella prima lunga parte è introdotto analiticamente protagonista, il dottor Lorenzo Righi, la cui depressione associata ad una esasperante ipocondria, lo rende urticante, spesso sfiancante. Nella seconda parte, stilisticamente meno impegnativa, la narrazione si arricchisce di qualche dialogo, la storia prova a decollare con l’inserimento della sorellastra Rosalba, venuta dal Brasile, di Gloria, dottoressa che si innamorerà del protagonista, e di Paolo “Mezza Sventola”, vecchio amico di sempre, ricco ma annoiato, con il quale Lorenzo Righi condivide furtivi momenti di segretezza dove rilassarsi grazie all’assunzione moderata di droga per sciogliere la tensione e allontanare i cattivi pensieri.
Il senso della fine
Le pagine sono un po’ tutte uguali, oscillanti tra la paura di una nuova malattia e il senso che tutto debba inesorabilmente finire. Trasuda molta noia questo libro, probabilmente la stessa che Claudio Piersanti deve aver provato nello scriverlo, animato più dalla motivazione di pubblicare a tutti i costi, che non dall’ambizione di voler arricchire l’offerta letteraria in circolazione.
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