Si ride e si riflette con i tre racconti raccolti nel volume “Stazione di Baranovitch” di Shalom Aleichem, un classico a cavallo fra Ottocento e Novecento: storie brevi con protagonisti ebrei dell’Europa dell’est, fra umorismo e dramma
L’unico difetto di Stazione di Baranovitch. Tre racconti ferroviari (92 pagine, 12 euro) di Shalom Aleichem è la brevità. Si tratta di tre racconti che fanno parte di una più ampia raccolta (edita quasi trent’anni fa da Theoria) di uno degli scrittori per eccellenza della letteratura yiddish, uno dei maggiori autori fra Ottocento e Novecento. La ripubblicazione di questo volume si deve alla “rinnovata” casa editrice Marietti, che dimostra con i fatti come il nuovo corso non prescinda dai gioielli del catalogo, dai migliori frutti della tradizione. Dall’Ucraina al Bronx, tra fughe e problemi di salute, Shalom Aleichem ha sempre messo al centro della propria produzione narrativa lo scrivere per il puro piacere di scrivere, senza volere lanciare chissà quali messaggi epocali o impregnare le proprie pagine di questa o quella ideologia.
Vicissitudini e speranze
Si tratta di un libro speciale, di umorismo e speranze, di vicissitudini, curato e tradotto da una delle principali specialiste di yiddish, Daniela Leoni dell’università di Bologna. Il treno è un luogo di storie per eccellenza e, tra i volti nella folla dei viaggiatori sui binari ci sono narratori nati, i cui racconti sono registrati apparentemente con noncuranza, ma in realtà con grande perizia. Si ride e si riflette, leggendo Shalom Aleichem, che passa in rassegna anche il dramma attraverso la lente della leggerezza. Accade anche nel più drammatico e breve dei tre racconti, il terzo, Tomba di famiglia, in cui la protagonista è la figlia perduta di una famiglia, tra cattive compagnie e letture pericolose…
Campioni di chiacchiere
Andamenti imprevedibili anche negli altri due racconti, L’uomo di Buenos Aires, in cui un uomo misteriosamente facoltoso torna a casa, nell’Europa dell’Est, nello shtetl, dove è atteso come un messia, e in Stazione di Baranovitch, dove una comunità riceve pressanti richieste di denaro da un esule fuggito via in modo rocambolesco, dato per morto per sfilarlo dalle mani della polizia zarista, un racconto con un epilogo improvviso… Il narratore, nella finzione, è uno scrittore per caso, un commesso viaggiatore che si imbatte in vari “tipi” umani, campioni di chiacchiere, fra molte domande e poche risposte. Un libro da tenere d’occhio, da godersi magari nel corso di un viaggio in treno, rischiarerebbe mattine e pomeriggi dei pendolari…
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