“Il ponte” dell’impeccabile Willa Cather è l’occasione per scoprire o riscoprire questa scrittrice che negli Stati Uniti è un classico. Sotto i riflettori un triangolo amoroso – lei, lui e l’amante di lui – in virtù di un amore giovanile che si riaccende, i tormenti e i tira e molla e un evento che tutto azzera…
Dall’altra parte dell’oceano è un classico senza se e senza ma, vissuta a cavallo fra diciannovesimo e ventesimo secolo, esplosa negli anni Venti del Novecento. La sua prosa ritmata e mai noiosa, il gusto per la bella frase e per i temperamenti femminili forti, lo sguardo fisso sulla frontiera, fanno di Willa Cather una scrittrice di epopee, di pionieri e praterie, che è un peccato inaudito non frequentare. Sia lode a Willa Cather, e si recuperino i suoi volumi. Il più recente disponibile in libreria lo confeziona con la consueta cura e attenzione la casa editrice Abbot, che si segnala per un catalogo ancora snello di titoli, ma tutti di grande valore. Come Il ponte (130 pagine, 11 euro) dell’impeccabile Willa Cather, tradotta in questa occasione da Luigi Petrella. Primo di dodici romanzi scritti in meno di trent’anni, finora uno dei due ancora inediti in Italia, dove questa scrittrice è stata tradotta da una decina di case editrici, senza mai trovare continuità e progetto sotto l’ala di una sola sigla. La vita va così. Autori molto meno dotati hanno avuto più fiducia e sono riusciti a ottenere consensi e lettori. Willa Cather no, sebbene la sua statura sia notevole, al di là degli allori in vita (anche un Pulitzer), degli attestati di stima (John Updike), delle amicizie personali (Francis Scott Fitzgerald).
Passo teatrale e sottigliezze psicologiche
In questo primo romanzo breve dal passo teatrale, ambientato tra Usa, Inghilterra e Canada, Willa Cather mette in scena un matrimonio in lento e inesorabile disfacimento, un triangolo amoroso, figlio della resurrezione di un sentimento giovanile, un crescente senso di colpa, un finale che spazza tutto, in senso figurato e concretissimo.
Lei si tolse il fazzoletto dal collo e glielo lanciò senza voltarsi. «Ecco, prendilo. Ora devi andartene, Bartley. Buonanotte».
Alexander si chinò sulle spalle di lei senza toccarla e le sussurrò nell’orecchio: «Mi stai dando una possibilità?»
«Sì, prendila al volo e vattene. Non è giusto, lo sai. Vattene».
Alexander aprì le mani strette ai fianchi. Con una chiuse la finestra e con l’altra, rimanendo sempre dietro di lei, la attirò a sé.
Lei cacciò un gridolino, sollevò le braccia e avvicinò il viso di lui al suo. «Lascerai che ti ami un pochino, Bartley?», mormorò.
I protagonisti di questo dialogo non hanno più vent’anni. Lei è Hilda Burgoyne, attrice. Lui, Bartley Alexander, ingegnere di grido, professionista di fama internazionale, precisamente progettista di ponti, segni particolari: sposato con la bella Winifred. Si sono incontrati casualmente a Londra, dopo tanti anni, Hilda e Bartley, e il loro amore giovanile si è riacceso in una relazione parallela al matrimonio decennale di lui. Una storia con raffinate sottigliezze psicologiche, che possono ricordare Henry James, fra i più amati dalla scrittrice…
Tra passione e comprensione
Willa Cather è molto abile nel rendere i tormenti interiori dell’uomo, l’algida alta borghesia a cui appartiene, i tira e molla di questo rapporto a distanza, e allo stesso tempo l’euforia da ritorno alla giovinezza che sembra incarnare questa relazione clandestina: «camminava fianco a fianco con un compagno di strada misterioso – non la piccola Hilda Burgoyne, certo che no, ma qualcuno che gli era molto più caro di quanto lei fosse mai stata, sé stesso da giovane…». Da una parte la passione riaccesa che sembra trafiggere la crisi di mezz’età, dall’altra la comprensione e l’equilibrio che gli ha sempre garantito la moglie, condizioni che gli hanno permesso di far decollare la propria carriera. Proprio nella sua quotidianità professionale qualcosa sembra incrinarsi. Ed è lì che equilibri sottilissimi vanno all’aria. Willa Cather è un’autrice che vale la pena riscoprire, volta dopo volta.
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