I cinquanta capitoli de “La regina dei colori” di Valeria Corciolani sono tanti brevi affreschi sui gradi (almeno centocinquanta) di libertà in scienza matematica e biologia sapiens. La protagonista Clotilde Podestà, donna di successo nel mondo della moda, torna nella natia Liguria dopo che qualcosa è cambiato nella propria vita. Una storia di esistenze imperfette…
Liguria, tre giorni di un aprile recente. La 61enne Clotilde Clo Clo Podestà era bellissima, con capelli neri, lisci e lucidi come seta, enormi occhi malva, naturale predisposizione al comando, e ha sempre considerato sciatta e inaccettabile la noncuranza cromatica. Di fronte ai colori risultava irremovibile, dispotica ed egocentrica, del tutto priva di compromessi e per nulla democratica. Grazie al suo prezioso geniale gusto per decenni aveva ottenuto notevole carriera nel mondo della moda, elegante e raffinata sovrana indiscussa dell’interior design, temuta star internazionale, ricca e potente; tuttavia da un anno, tre mesi e quattro giorni i colori l’hanno abbandonata (acromatopsia da trauma), d’improvviso ha iniziato a vedere ogni cosa solo in bianco e nero, sfumature di grigio.
Due sorelle (e rispettive progenie)
Ha così deciso da tre mesi di tornare a casa nella cittadina di famiglia, dove si trovano le due sorelle e i loro affetti. La bionda Aurora è più grande, semplice e forse prevedibile. Mafalda è la piccola (soltanto diciotto mesi meno di Clo), apparentemente imperturbabile nonostante abbia appena subito due anni di chemio per un tumore, affaticata per troppe incombenze causa compagno artistoide ma lento e due figlie belle e brave ma piene: Vittoria single impenitente; Margherita capofamiglia laureata con lode (in Beni culturali, poi master in restauro), sempre più insoddisfatta causa il poco appassionante part-time in un negozio, un marito fedele e ben pagato ma spessissimo in viaggio (per studiare e fotografare bestie) e i tre affettuosi ma impegnativi figli. Per non sbagliare abbinamenti, ora Clotilde veste sempre di nero, il suo arrivo riapre antiche ferite e scompagina vari equilibri. Le nipoti la chiamano Il Corvo, il cognato Morticia, la sensibile bambina del secondo piano Malefica, in paese La Vedova (e un amabile vicino Principessa). In tre primaverili giorni accadono molte commendevoli cose.
Un’intensa luce
La bravissima scrittrice e illustratrice (laureata all’Accademia delle Belle Arti di Genova) Valeria Corciolani (Chiavari), dopo le prime narrazioni varie (romanzi e racconti dal 2010), ci aveva ben presto abituato a gialli di buona fattura. Ne La regina dei colori (264 pagina, 17 euro), volume pubblicato da Rizzoli, ragiona ancora sui moventi individuali e relazionali che presiedono alle vite imperfette, spesso colme di sorprendenti finitudini. Non è un noir ovviamente, sebbene Clotilde (come da copertina) appaia decisamente nera, sollevi il bavero di un maglione nero, affondi il viso nel foulard corvino, inforchi occhiali scuri, lei ovunque conosciuta come la regina dei colori (da cui il titolo), per scomparire invece un poco di più, mentre raggiunge la postazione preferita fin da bambina e collaudata, con lo sguardo grigio sul caleidoscopico mercato della frutta. Nel romanzo un’intensa luce riverbera comunque: panorami interiori, esperienze profumate, azioni e reazioni sgargianti. Con garbo e delicatezza l’autrice racconta anche i piccoli Gioele, Mia, Ester e Serena, oltre a piante, fiori (camelie soprattutto) e spettacolari tramonti di una magnifica regione. I cinquanta capitoli sono tanti brevi affreschi sui gradi (almeno centocinquanta) di libertà in scienza matematica e biologia sapiens; in modo alternato finiscono con le parole d’inizio del successivo. Stile curato e talora consapevolmente monocromatico, notevole proprietà di linguaggi.
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