Ci sono tanti romanzi nel romanzo “Gli Stramer” di Mikolaj Lozinski. L’autore polacco celebra la vita, l’ironia e la normalità di una famiglia a cavallo fra le due guerre mondiali, prima che la Shoah – a lungo non compresa e non percepita dai protagonisti – abbia il sopravvento…
Una storia di emigrazione al contrario, una saga che assomiglia ad altre, ma che sa anche raccontare la stessa storia da una prospettiva non scontata. Il racconto di un tempo in cui Oświęcim non era ancora Auschwitz. E poi la vicenda di un Orfeo, che torna sui propri passi per incontrare la donna amata ma non sfugge, non le volta le spalle, ignaro di gettarsi tra le braccia della Storia più violenta del ventesimo secolo. E ancora la Polonia fra le due guerre, ovvero uno dei luoghi letterari per eccellenza, e più atroci dell’umanità. È salutare che un grande libro come Gli Stramer (379 pagine, 19 euro) – sponsorizzato dalla Nobel Olga Tokarczuk, portato in Italia dall’agenzia NovaBooks di Salvatore Greco, siciliano trapiantato a Varsavia, e tradotto da Francesco Annichiarico – sia pubblicato da una casa editrice giovane e speciale come Bottega Errante edizioni, sigla friulana di qualità fondata nel 2015 e che nel 2022 ha acquistato il catalogo di qualità di Santi Quaranta editore, con tanti titoli del siciliano Antonio Russello. Una casa editrice di queste dimensioni e di certe convinzioni, non la letteratura fast-food, non quella di volumi usa e getta da scaricare nelle librerie, sta facendo e potrà continuare a fare un certo lavoro, dedicando tempo ed energie alla diffusione di ogni singolo libro realizzato.
L’America alle spalle
Mikolaj Lozinski, che adesso ha 43 anni, ha raggiunto definitivamente la notorietà con questo romanzo qualche anno fa, in patria. Nato in una famiglia di ebrei polacchi, è rimasto all’oscuro di questo “particolare” fino ai dieci anni. Inevitabilmente origini che lo hanno segnato e ne hanno orientato il percorso artistico e letterario. Gli Stramer sono una saga familiare che guarda agli avi dell’autore, senza esplicite rivendicazioni autobiografiche. Mikolaj Lozinski non fa che raccontare di padri e figli, di studi e viaggi, di sogni e fallimenti, di prigionie, di affari e amori, a cominciare da quello del patriarca, Nathan, che lascia l’America e suo fratello Ben per tornare in Polonia, per amor di Rywka, che diventerà sua moglie e madre dei loro sei figli, Rudek, Salek, Hesio, Rena, Nusek e Wela: famiglia numerosa e chiassosa, in cui si ride, si piange, si lotta, ci si indigna, ci si rammarica. Tarnow, cittadina della Polonia meridionale, non lontana da Cracovia, è fra i protagonisti del libro. Diroccata nel corso della seconda guerra mondiale, ricostruita dallo scrittore polacco tenacemente, a suon di documenti scovati in archivio e di ricerche meticolose: le sue piazze e vie sono affollate da mendicanti, venditori di caldarroste, facchini, donne frettolose, sovversivi. Accanto alla gente comune c’è anche spazio per qualche cameo di personaggi storici notevoli.
Celebrare la vita
C’è tutta la letteratura dell’Europa orientale, e di quella Oltreoceano che ne è derivata, in queste pagine vecchie eppure nuove di zecca. Mikolaj Lozinski segue i suoi personaggi dal basso: loro non guardano a complesse architetture storiche, non scrutano disegni politici internazionali, si muovono nel mondo speranzosi, audaci, preoccupati, per quel che concerne unicamente le loro vite. Non un punto di vista egoistico, ma la modestia di uno sguardo ignaro, per certi versi innocente. Ostilità e veleni, tragedie e persecuzioni, fanatismi e ideologie estremiste, restano a lungo un’eco lontana. Il racconto ironico e quotidiano di uomini e donne nella Polonia della prima metà del ventesimo secolo viene solo puntellato alla distanza da un brusio terrificante a da cui poco riuscirono a tornare indietro, la Shoah che quasi tutto recise. Prima che tutto precipiti nella morte, Mikolaj Lozinski è capace di celebrare ogni aspetto della vita. Per gran parte del romanzo i protagonisti non hanno idea di cosa li aspetti, non colgono o sottovalutano quelli che sono segnali impercettibili, non sentono addosso la cappa opprimente del nazismo, ignorano d’essere braccati. La taciturna Rywka, probabilmente, è l’unica che matura una coscienza critica nel corso degli anni, e che nel suo cuore comprende quel che per altri è oscuro.
L’incantesimo controcorrente che si spezza
Se formalmente Gli Stramer è un libro abbastanza classico, l’idea di fondo va controcorrente. Mikolaj Lozinski sa tenere in equilibrio le storie e i punti di vista dei tanti personaggi della famiglia che, di volta in volta, si prendono la scena. Comunismo e nazionalismo iniziano ad avvelenare la Polonia, e il primo viene annientato dalle autorità polacche, ma il peggio, l’inumano, l’incomprensibile deve ancora arrivare, non compreso da chi ne sarà sopraffatto. A lungo questo romanzo ne fa a meno – non per negarlo né per minimizzarlo, ma per esorcizzarlo, per tenerlo a bada – ma l’incantesimo infine si esaurisce, si volatilizza. La minaccia viene a galla dopo decine e decine di capitoli, deflagrando con i primi bombardamenti tedeschi.
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