Meno crime e più fiction in “Città dei sogni”, secondo episodio di quella che dovrebbe essere la trilogia conclusiva della carriera di Don Winslow. Mordente e stile a ogni pagina e un destino implacabile per il protagonista in fuga dalla guerra fra la mafia italiana e quella irlandese
Secondo capitolo della trilogia a firma di Don Winslow: lo scrittore americano torna con Città dei sogni (382 pagine, 22 euro), tradotto da Alfredo Colitto ed edito da Harper Collins, spaccando di nuovo. Meno crime, ma più fiction, in questo libro si ritrova tutto lo stile inconfondibile di Winslow, la sua narrazione che ha i tratti della sceneggiatura, il suo mordente che sfreccia veloce tra le righe di ogni pagina, derapando ad ogni curva e bruciando l’asfalto con i suoi dialoghi, la sua teatralità, l’inevitabile grip che tiene incollati alla storia.
Ma Las Vegas non è lontana…
Ritroviamo, in questo secondo episodio, Danny Ryan, che insieme al figlio Ian e all’anziano padre Marty, come un novello Enea, fugge da Providence, dove è in corso una furiosa guerra tra la mafia italiana e quella irlandese, per cercare una via di scampo in California. Ma il passato non passa mai e le mani lunghe del Rhode Island lo riacciuffano fin nella lontana Las Vegas dove, con la complicità della madre, proverà a rifarsi una vita.
Le pistole continuano a fumare…
Il mondo della criminalità organizzata e quello patinato di Hollywood si baciano in quest’opera per confezionare una nuova odissea dove la voglia di rinascere confligge con i fantasmi di sempre, fatti di droga, amicizie, amori e tradimenti. Un intreccio efficace di sottostorie si legano tra loro, vecchi e nuovi personaggi riempiono la scena, le pistole continuano a fumare e il mondo persevera nell’essere un posto molto pericoloso da abitare.
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