Un cuore spezzato e strampalato che deve imparare a vivere è quello che pian piano emerge dalle pagine di “Clessidra” di Keiran Goddard. Un flusso di coscienza sull’andamento di una storia d’amore finita, tra sguardo poetico e inettitudine
Le prime pagine potrebbero farvi pensare che avete fra le mani un oggetto narrativo molto bizzarro. Qualche pagina in più potrebbe addirittura tentarvi, farvi pensare che il destino del volume in questione sia quello di essere scaraventato malamente contro un muro o lanciato da una grande altezza. Dovrete solo risintonizzare un po’ il vostro modo di intendere la lettura con la scrittura di Keiran Goddard, che non per caso è un poeta, prima di provare a fare un passo in avanti e ad identificarsi come narratore. Risintonizzati, ci si ritroverà dinanzi all’ennesimo libro su un amore perduto, ma un volume di cui comunque c’era bisogno, perché, nonostante il tema sia battutissimo dalla letteratura di ogni tempo, riguarda tutti.
Evocare e riflettere
Una voce unica sorretta da grande fantasia e scevra da sentimentalismo, quella di Goddard. Capace di evocare piccoli e grandi piaceri, piccole e grandi felicità, piccole e grandi eccentricità. Nell’intimo flusso di coscienza – che è anche riflessione sul tempo – di cui si compone Clessidra (199 pagine, 18 euro), il romanzo di Keiran Goddard, pubblicato dalle edizioni e/o, grazie alla traduzione di Tiziana Lo Porto, contiene anche delle frasi così:
Oggi mi dici che senti il sangue un po’ sciropposo e che quindi vuoi mezzo cucchiaino di zucchero.
Lo trovo affascinante e non disgustoso perché ci amiamo e dato che ci amiamo ci passiamo la felicità come fosse una malattia.
***
La mattina restavo a letto e ti guardavo spazzolare l’olio che usciva dai tuoi capelli unti e bagnati.
Li lasciavi appallottolati sul tappeto e io li trovavo dopo che eri andato via.
Una volta ho mangiato una di quelle palle di capelli. Sapeva di te. Dell’assoluta fottuta meraviglia che eri tu.
Avere sprecato l’amore
In tre parti Clessidra dipana, senza cliché, l’andamento di una storia d’amore che nasce, cresce e muore, nell’alienazione della vita moderna: dal desiderio all’attesa, dall’abbandono allo smarrimento. Scrive, in una prosa di frasi brevi, un lui, un aspirante scrittore alle prese con lavori poco gratificanti, alla fine lasciato da una lei. L’ultima parte – che si svolge cinque anni dopo la fine della storia e in cui si annotano morte e sepoltura della madre di lui, e sventurate e destabilizzanti avventure – racconta anche di un ultimo incontro. Ed è la scoperta di un io e di un dolore (che sembra unico ma non lo è), la radiografia di un cuore a pezzi, la consapevolezza di avere «sprecato l’amore».
Paranoie e insensatezze
Lo sguardo poetico delle pagine di Keiran Goddard convive con un’inettitudine di fondo del protagonista, con le sue paranoie e con certe sue insensatezze (provare a correre una maratona da ubriaco, fra le altre cose…), con un cuore spezzato e strampalato che deve imparare a vivere. Un percorso in cui tanti possono immedesimarsi…
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