A volte ridondante, caotico, provocatorio, richiede concentrazione ma diverte e commuove. “Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi è un esperimento riuscito, un racconto epico si amore, morte, guerra e coraggio. Poco male che non abbia vinto il premio Strega…
Cesco Magetti, giovane milite della Guardia Nazionale Repubblicana, riceve, partito da molto in alto, pare addirittura da Goebbels in persona, il curioso e all’apparenza del tutto inutile ordine di redigere un’accuratissima mappa della rete ferroviaria del Messico. Il poveretto che non è mai uscito dalla provincia di Asti e che il Messico lo sa a mala pena indicare sulla cartina geografica, si mette sulle tracce di un libro che, a detta di un’affascinante bibliotecaria, gli fornirà gli strumenti per portare a termine l’incarico.
Le felici anomalie
Una trama bizzarra, al limite del grottesco, un tomo di 824 pagine, scritto da un autore dilettante e semi sconosciuto, che lavora ad Asti in un golf club, e pubblicato da una casa editrice piccola e fuori dal circuito dell’”editoria industriale”, è un caso letterario. Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, pubblicato da Laurana editore su utile consiglio di Giulio Mozzi, è stato inaspettatamente candidato al Premio Strega, grazie alla presentazione dello storico Alessandro Barbero, ormai icona pop della divulgazione culturale, scala le classifiche di vendita grazie al passaparola e sfiora l’entrata nella cinquina dei finalisti.
Un affresco multicolore
Ma qual è il segreto del suo successo? ‘U cunto. Quella forma di narrazione universale, capace di catturare un pubblico di qualsiasi età e appartenenza, una matrioska di storie e di avventure. Un racconto epico che parla d’amore e di guerra, di coraggio e di morte. Ognuno dei personaggi cunta la sua storia, nella propria lingua e con registri diversi, in un affresco multicolore in cui si alternano commedia e tragedia. L’amore di Tilde per il disertore Steno. I beccamorti del cimitero San Rocco, Lito e Mec, costretti a seppellire cadaveri e scheletri per conto dei tedeschi. Edmondo Bo oppiomane e poeta avanguardista. Ettore e Nicolao, i due partigiani frequentatori di nightclub. La tragica fine di Giustina, corrotta e sacrificata, perché gli uomini “sono tutti uguali, buoni e cattivi”.
A volte ridondante, caotico, provocatorio, richiede concentrazione ma diverte e commuove, un vero e proprio esperimento in un panorama letterario autoreferenziale e che spesso segue logiche di cassetto.
“Si consolino i perdenti. I libri più importanti di una generazione non vincono premi.” (Cesare Pavese, Premio Strega 1950)
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti