Il romanzo come scrigno di domande e un’idea di letteratura emancipata dall’attualità, piena di disincanto e ironia. È quello che non scompare, nonostante la morte di Milan Kundera. Rimasto in silenzio negli ultimi decenni, non si era autoesiliato, semmai erano la letteratura.e la contemporaneità ad avere fatto altre scelte, strade opposte, rispetto alla sua…
Se n’è andato l’ultimo giorno di Milan Kundera sulla terra e il silenzio continua, come da tanto tempo, come aveva deciso lui. Ma l’impressione è che non sia stato lui, uno dei più formidabili scrittori del secondo Novecento, a ritrarsi in un guscio impermeabile a mondanità, media, maldicenze assortite della critica francese sulle sue ultime opere. Sembra che sia stato il mondo a perderlo, la letteratura ad allontanarsi da lui.
Che c’entra del resto Kundera con gli scrittori francesi che vanno per la maggiore? Che c’entrano Houellebecq o Carrère con l’arte del romanzo di Milan Kundera? Con una incrollabile, condivisibile certezza («La stupidità della gente deriva dall’avere una risposta per tutto. La saggezza del romanzo deriva dall’avere una domanda per tutto») confidata a Philip Roth?
Si proponeva di domandare, eppure sapeva anche insegnare. «Ogni romanzo dice al lettore: le cose sono più complicate di quel che tu pensi» si legge in uno dei suoi volumi pubblicati da Adelphi, L’arte del romanzo.
Le partiture musicali – il padre era del resto un celebre pianista – dei suoi libri resteranno nella storia della letteratura, anche se è stato uno di quelli che hanno collezionato riconoscimenti su riconoscimenti senza mai mettere le mani sul Premio per eccellenza, quello toccato a campioni veri e quello finito in mano a improbabili carneadi.
Figlio prediletto del regime comunista, almeno fino al 1968, ma anche tassista e scrittore di oroscopi sotto pseudonimo, figlio nostalgico dell’Europa centrale, Kundera – uno, nessuno e centomila – ha dimostrato da insegnante e soprattutto da scrittore – con disincanto, ironia, riflessioni filosofiche – come sia possibile infischiarsene dell’attualità, dei punti di vista dominanti, delle semplificazioni, della superficialità.
In questo momento del commiato dal mondo di Kundera è giusto ripescare qualche sua riga tratta da L’identità. Per esempio: «Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole». E non c’è altro da aggiungere.