Né tortuose articolazioni né tecnicismi in “Corruzione fatale” di Salvatore Di Gigli, giallo ben congegnato, dalla scrittura armoniosa, condita da simpatiche punte di ironia. Due morti sospette, un traffico poco chiaro di denaro e tanta suspense fino alla fine
Un poliziesco, un giallo in cui omicidi, corruzioni, ambizioni sfrenate si attorcigliano tra di loro per regalare un libro soddisfacente, dalla scrittura armoniosa, condita da simpatiche punte di ironia. Questa è Corruzione fatale (344 pagine, 17,50 euro), ultima fatica di Salvatore Di Gigli, edita da Edizioni Efesto. Protagonisti dell’indagine sono il coriaceo ispettore Ernesto Di Capua e il Sostituto Procuratore Renata Villanova, un tandem già rodato in altre precedenti pubblicazioni dello stesso autore.
Due morti sospetti
Due morti sospette e un traffico poco chiaro di denaro sono la miccia da cui parte l’intera narrazione: contabilità malate e relazioni pericolose fanno il resto, aggiungendo pepe alla storia e creando la giusta suspense che rimane fino all’ultima pagina. Non un capolavoro, ma di certo un libro ben scritto, capace di assecondare anche i gusti di chi, abitualmente, si orienta verso altre letture. La storia, infatti, non degrada mai in tortuose articolazioni e tecnicismi che spesso appesantiscono lo scorrimento della trama.
Dialoghi ficcanti
Di Gigli riesce a semplificare tutti i passaggi, pur mantenendo alta l’attenzione, grazie a intrecci appassionanti e ad alcuni dialoghi particolarmente ficcanti. I personaggi sono ben inquadrati nelle loro specificità caratteriali e descritti con sapienza alla luce dei loro comportamenti, non di rado sopra le righe e moralmente discutibili. Il potere, l’affermazione sociale, il denaro sono le leve che animano questo libro: l’autore pare voglia metterci in guardia da un certo arrivismo e da certe devianze comportamentali, capaci di spingere verso azioni crudeli, di cui però troppe persone non riescono a prescindere.
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