Nel nuovo episodio della serie di Rocco Schiavone, “ELP”, Antonio Manzini, all’infelicità e alla solitudine del burbero vicequestore si abbinano inchieste che richiedono pazienza e acume. Di mezzo stavolta ci sono le azioni di protesta di un gruppo ambientalista…
Val d’Aosta e dintorni (anche francesi e svizzeri). Due settimane di aprile 2014. Il burbero vicequestore Rocco Schiavone s’annoia. In piazza giustamente gli ambientalisti manifestano davanti alla Regione, in tutt’Italia è la giornata del pianeta pulito. Lui beve un caffè al bar di Ettore (che ha preso Porzia, uno dei tre cuccioli di Lupa) e sceglie di andare a vedere da vicino, non riesce proprio a dar torto ai tanti giovani dimostranti. Anche alla questura di Aosta arrivano notizie preoccupate e allarmi ministeriali sulle efficaci azioni di protesta dell’Esercito di Liberazione del Pianeta, acronimo ELP, simbolo con quattro bastoncini verticali in un cerchio (in copertina, su schizzo dell’autore).
Un delitto da risolvere in fretta
Rocco incrocia l’ispettrice Caterina, sta correndo con un collega da una moglie maltrattata, la quale non fa denunce, e, quando lei torna, decide allora di pensarci lui al marito violento, tal Roberto Novailloz, carrozziere: gli dà appuntamento e lo mena in un angolo fra due vie, fuori dalle telecamere. Il fatto è che la mattina dopo il maltrattatore viene trovato ucciso, potrebbe essere invischiato in una storia di traffici illeciti (seguita anche dai carabinieri), ed è un delitto che va risolto in fretta se il vicequestore non vuole essere messo di mezzo. Rocco accoglie volentieri anche il caro amico ladro Brizio, che deve allontanarsi da Roma, e forse può dargli una mano.
Due indagini
La distrazione viene dall’arrivo di ELP anche sulle Alpi e da due contemporanei strani episodi di vero ecoterrorismo, incongruenti ed esagerati: l’incendio ai locali di un tassidermista e l’omicidio di un ricco industriale con una lettera imbottita di tritolo. Servizi e questore sono certi della prima rivendicazione, Schiavone no, si convince sempre più che sia una vicenda connessa a storie e interessi familiari. Le due indagini all’inizio viaggiano parallele e non sono destinate a intersecarsi, se non per le prove faticose che impongono alla squadra mobile e alla scientifica, ogni componente con i propri attimi felici e guai: pedinamenti diurni e appostamenti notturni, minuziose autopsie e verifiche di laboratorio, consulenze grafologiche e fonetiche, pensieri individuali e azioni in coppia, convulse fumanti riunioni.
Desertificazione interiore
ELP (537, 17 euro), per Sellerio, è il dodicesimo godibilissimo romanzo con Schiavone per l’attore e regista di teatro Antonio Manzini (Roma, 1964), eccelsa serie concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. Oltre ai connessi tredici racconti, a ottimi sette romanzi e due racconti “altri”, dal 2013 finora ha narrato venti mesi valdostani del suo personaggio romano (con incisi sul passato e “apparizioni” affettuose della moglie uccisa Marina), sempre con uno straordinario meritato successo (anche in televisione, spassosa e coinvolgente la quinta stagione, uno dei più grandi successi della storia di Rai Fiction, ora la sesta stagione è in forse). Nella nuova avventura il contingente processo di desertificazione interiore (il continuo circuito di inedia e rabbia, illusioni e delusioni) è confermato dall’infelicità e dalla solitudine amorosa di Rocco (reincontra Caterina, Nora e Sandra, in vario modo; coinvolto dagli amici si concede qualche ora riottosa con una rossa invitante prostituta in una casa di gioco e piacere), la mestizia affievolita prima dalla simpatia istintiva (a distanza) poi dal tifo consapevole (contiguo) per i ragazzi ecologisti.
Tra commozione e sorriso
Via via che si giunge al concitato finale, alcune opinioni di Rocco si fanno più esplicite: fastidio fisico per la violenza maschile contro le donne e umana contro l’ambiente; senso di enorme noia per il troppo populismo della recente politica; consapevolezza del difetto più grave, specie in Italia, collettivo e individuale, quello di negare il passato e giustificare i danni inferti. La narrazione avviene in terza persona varia al passato (quasi sempre su Rocco), lo stile appare sempre curato e coerente fra commozione e sorriso, i dialoghi affiatati e divertenti, il titolo connesso ai fattivi ribelli contro chi inquina e copre. Il protagonista non rinuncia a Loden e Clarks, si rilassa con le solite canne non solo di prima mattina (ma servirebbe un boudoir in ufficio!), sottolinea alcune autorali rotture di coglioni ai diversificati livelli: scassacazzi inconsapevoli (sesto), caffè di merda (settimo), matrimoni, ignavi, password e scassacazzi sapienti come Costa e Schiavone stesso (ottavo), gli scassacazzi dittatori e gli omicidi (decimo, talora con pessima lode).
Casini e passioni altrui
Rocco non riesce a ignorare orrori ricordi lacrime, si concentra solo sull’indagine, con tanta pazienza e il solito acume (anche nel gestire i suoi uomini e donne). Tutti gli altri e le altre della squadra aggiornano propri casini e passioni: stanno per sposarsi Michela e Alberto (“la cosa più simile a degli amici” ad Aosta per Rocco), ma questa volta al centro c’è l’insopportabile D’Intino (un suo colpo per sbaglio era costato un rene al vicequestore), visto che nella propria minuscola mansarda arrivano da Mozzagrogna l’amata vedova Pupa Iezzi, accompagnata dalla madre e da nove valigie. Gli amici d’infanzia Brizio e Furio, abbastanza fuorilegge, ormai vengono arruolati e arruolano. Come sempre tanti libri nelle righe o fra di esse, tanti personaggi definiti dagli animali cui assomigliano (fra cui il barracuda Pietro Rakovic). Segnalo che a Milano Gabriele sembra scomparso. Whisky e rum sì, se è vino questa volta Vermentino ligure Colli di Luni (accompagnato da Vivaldi, in sottofondo). Da pischelli si godevano Friends di Mike Francis.
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