I destini dolceamari delle piccole donne di Maria Messina

Non si arresta il rinnovato interesse sulle opere di Maria Messina. Torna in libreria “Personcine”, raccolta di racconti che hanno per lo più come protagoniste fanciulle. Creature avvolte dalla solidarietà e dall’empatia della scrittrice oltre che dei lettori…

Dalle “colonne” di questo sito dedicato alla lettura e ai libri non smettiamo di sponsorizzare la letteratura di Maria Messina. Perché? Per rendere giustizia a una scrittrice che è stata una meteora, sommersa da nomi ben più altisonanti all’apparenza, ma che nel tempo sta conquistando l’attenzione critica e la statura che le spettano. Minuta e fragile fisicamente, fu in realtà battagliera contro i gangli dello status quo patriarcale dell’Italia del suo tempo ed ebbe anche un buon successo editoriale nei primi tre decenni scarsi del Novecento. Eppure le storie letterarie del ventesimo secolo, di fatto, continuano a ignorare la sua figura e la sua produzione.

L’attenzione per l’infanzia

Sono tante le case editrici che negli ultimi anni hanno scommesso su Maria Messina, dopo la prima riscoperta di Sellerio, ispirata da Leonardo Sciascia in persona, consulente e forse qualcosa in più per la casa editrice palermitana. È noto come l’universo femminile invisibile sia al centro della scena nelle sue opere maggiori, ma non bisogna dimenticare anche la sua attenzione per l’infanzia, per quelle Personcine (149 pagine, 12 euro), come si intitola una sua preziosa raccolta di racconti, riportata in libreria dalla casa editrice milanese 13Lab. Non mancano, tra queste pagine, spruzzi di patriottismo e di intenti pedagogici, oltre i quali, però, c’è di più…

Realismo malinconico e umanità

Racconti, o meglio novelle, sull’infanzia e sulla preadolescenza ai tempi del primo dopoguerra, in questo titolo di Maria Messina, che guarda i piccoli moti dell’anima di fanciulle – già piccole donne – e fanciulli ritratti tra giochi e sacrifici, come la necessità di lasciare la scuola, in terza elementare, per «guadagnarsi il pane» (accade nel terzo di tredici racconti, Compagne di scuola). È un’età di mezzo, quella che racconta con delicatezza Maria Messina, un ampio raggio di pensieri più che di azioni, e storie in cui in bocca resta più che altro l’amaro, nonostante spesso si assista al lieto fine: fra riti e giochi, lazzi e vergogne, tra speranza e rabbia, crescono l’empatia e la solidarietà non solo della scrittrice nei confronti delle sue creature di carta, ma anche del lettore, anche di quello più “scafato” e avvertito. Colpisce, come sempre nelle sue opere, il realismo malinconico e la grande umanità dei personaggi, caratteristica che prescinde dall’età.

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