Secondo pluripremiato romanzo per Caroline Laurent. Ne “Le rive della collera” al centro della scena la storia tra Marie-Pierre e Gabriel e un arcipelago, le Chagos, martoriato dagli inglesi, affittato a una base militare americana, svuotato con violenza della sua gente…
Arcipelago delle Chagos, una sessantina di atolli corallini e isole, tre abitate. 1967 – 2020. Per cortesia, osservate la mappa a pagina 9. Siamo nell’oceano Indiano, più o meno alla stessa lunga distanza sia da India e Sri Lanka (a nord) che da Madagascar e Mauritius (a sud-ovest). Ci troviamo su uno splendido minuscolo arcipelago di fertili terre insulari ampie 56 km², antropizzato da millenni e da secoli considerato “annesso” alle Mauritius, pure come una colonia inglese (trovandosi comunque a circa 2 mila chilometri da quell’altro grande arcipelago di oltre 2000 km², ovvero più che da Napoli sul mediterraneo Tirreno ad Amburgo sull’atlantico mar del Nord, non via terra poi, ma via mare). Mauritius è oggi una repubblica indipendente, Chagos ancora Regno Unito.
Referendum e sentimento
Nel 1967 con poche altre migliaia di sapiens perlopiù analfabeti vi vive la carina 21enne Marie-Pierre Ladouceur, nell’agglomerato più grande a Diego Garcia. Lei ama girare arruffata a piedi nudi, pelle nera dai riflessi dorati, ha una figlia Suzanne di quattro anni, risiede nel villaggio con la madre, la sorella Josette 25enne in procinto di sposarsi con Christian accanto ai loro figli, altri parenti e concittadini chagossiani. A marzo fa scalo lì da Port-Louis (Mauritius) la Sir Jules (cinque giorni di traversata), ogni rara volta un intero regno si riversa sulle loro spiagge, cibi oggetti e altri sogni. Scende anche un bel 18enne mauriziano, longilineo ed elegante, duro e raffinato, colto e inesperto, Gabriel Neymorin. Uno sguardo e via. Lui vorrebbe fuggire in Inghilterra ma intanto lo hanno mandato lì ad aiutare l’amministratore coloniale dell’isola, ben presto nascerà un grande fertile complicato amore, proprio quando sta maturando con il referendum l’indipendenza di Mauritius e avviene la crudele scelta inglese di affittare le Chagos alla base navale militare americana (vi partiranno poi i B52 per bombardare Afghanistan e Iraq).
Fra prima e terza persona
Caroline Laurent (1 gennaio 1988) è un’accorta editrice francese, una stimolante professoressa associata di Letteratura moderna alla Sorbona e una bravissima scrittrice. La mamma e una relativa parte della famiglia sono di origini mauriziane, “culla e rifugio fondanti”, fra gli ultimi ad aver visitato liberamente le Chagos (dove trascorsero pure uno straordinario Natale). Così la vicenda del suo secondo splendido pluripremiato romanzo, Le rive della collera (347 pagine, 20 euro) – tradotto da Giuseppe Giovanni Allegri per e/o – le fu raccontata proprio dalla madre, “una tragedia insulare”. Il fatto che gli inglesi abbiano martoriato l’arcipelago (deportando gli abitanti e dicendolo disabitato) e venduto in questo modo della povera gente, inoltre, è terribile storia, Laurent l’ha ricostruita con ricerche e testimonianze. La narrazione alterna la voce in prima persona del figlio Joséphin di Marie (e Gabriel), brevi inserti sul suo volo verso Parigi e sul suo arrivo all’Aja per alcune udienze della Corte internazionale di giustizia del 2019 (l’autrice fu associata alla delegazione chagossiana), all’appassionato sguardo in terza persona sui due protagonisti del contrastato amore, Marie e Gabriel, dettagliatamente e liricamente descritti nei loro contesti geograficamente naturali (compreso un ciclone), storicamente culturali (compreso il bel glossario finale), relazionalmente emotivi (compresi tutti noi), con capitoli datati fra il marzo 1967 e l’agosto 1975. La motivata collera li riguarda tutti: risanare, tornare. Toccante l’immagine di copertina.
A proposito di meticciato
Da leggere e meditare, approfondendo l’insieme dell’opera triste e vitale dell’autrice: “il meticciato è sempre troppo oppure troppo poco. Non c’è equilibrio. Non c’è ricetta, né dosaggio. Qualunque cosa tu faccia, ti considerano per quello che non sei”. Segnalo ovviamente che: non sempre le prigioni sono armate di sbarre; nel 1967 le cinque celle della prigione di Diego Garcia erano vuote; sulle Chagos furono per secoli deportati prigionieri, schiavi dal Madagascar e forse terroristi dopo l’11 settembre. La musica è del mare. Si beve di tutto, importato: rum e birra, vino rosso e whisky.
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