Giacomo Cacciatore e Giuseppe Pizzo firmano “Vite senza Gloria”, volume che ricostruisce un caso di cronaca efferata di qualche anno fa, l’omicidio di un’insegnante per mano di un suo ex alunno. Con linguaggio partecipe e controllato, Cacciatore racconta una tipica storia di provincia: dietro esistenze normali emergono infelicità latenti e legami affettivi brutali…
Per Vite senza gloria (153 pagine, 14 euro), scritto insieme a Giuseppe Pizzo e pubblicato di recente da Leima, Giacomo Cacciatore attinge a un episodio di cronaca, come era accaduto per Uno sbirro non lo salva nessuno, testo non fiction sulla scomparsa nel 1990 di Emanuele Piazza, pubblicato da Dario Flaccovio nel 2017.
Una sorta di truffa sentimentale
Vite senza gloria ruota attorno all’omicidio di un’insegnante quarantanovenne, Gloria Rosboch, avvenuto all’inizio del 2016 a Castellamonte, cittadina del Canavese: delitto scaturito da una sorta di truffa sentimentale messa in atto da un ex alunno della vittima. Nella Premessa Cacciatore chiarisce che per la stesura del testo ha potuto avvalersi dei contributi audio e video prodotti da Pizzo per la trasmissione Chi l’ha visto? di Rai 3 – di cui è uno degli inviati – e degli atti giudiziari da lui condivisi. Il giornalista prende inoltre la parola in prima persona, in poche pagine (quelle de L’inviato) nelle quali esprime le proprie impressioni nel corso del suo lavoro sul campo:
Tante volte il nostro lavoro di giornalisti trova supporto nelle parole degli avvocati, che parlano perché conoscono le carte, raccolgono confidenze, mettono insieme i pezzi che a noi mancano. Stavolta però si capisce subito che in questo caso di scomparsa, così intricato e inspiegabile, saranno proprio i genitori di Gloria a farci da guida nel labirinto degli indizi [p. 16].
Niente morbosità
La voce in corsivo dell’inviato interviene sette volte all’interno del libro, concentrate, tranne quella finale, tutte nella prima metà, per un totale di 9 pagine su 151. Tocca quindi quasi per intero a Cacciatore l’impegno di raccontare la vicenda, elaborando il materiale fornito da Pizzo per trasformarlo in una storia, rigorosamente rispettosa della realtà via via accertata. Astenendosi dall’assecondare la morbosità di certe trasmissioni di intrattenimento popolare, lo scrittore lavora, oltre che sullo sviluppo dei fatti, sugli ambienti interni (la casa di Gloria Rosboch, in particolare) ed esterni (il luogo del ritrovamento del cadavere e il tragitto per raggiungerlo), e soprattutto sui ritratti delle persone coinvolte a vario titolo nella vicenda: da un lato Gloria, la donna ingannata e poi uccisa, i suoi genitori (soprattutto) e le poche amiche e colleghe, e dall’altro il gruppo, più numeroso, legato a Gabriele, l’ex alunno poco più che ventenne (una sorta di Cupido-Narciso, abile manipolatore), la sua famiglia d’origine (un padre alcolista e violento anche nei confronti della moglie), la piccola corte di adoratori e adoratrici, il suo primo, maturo ex amante e poi complice:
Nell’aula di giustizia, il volto di Caterina […] è un enigma cangiante, sorretto da una voce che accompagna i sobbalzi della sua espressione a fronte delle domande, delle accuse e delle difese che adotta. A tratti c’è la madre; allora di Caterina emerge la bellezza che è stata, ma è andata appassendo. La stessa che Gabriele ha ereditato. Talvolta il suo sguardo si fa aguzzo, la bocca sdegnata, quasi feroce [p. 116].
Comprendere, non giudicare
Se nel libro del 2017 la ricostruzione e le ipotesi legate alla sparizione di Emanuele Piazza (mai chiarita del tutto) includevano episodici ma espliciti rimandi a Serpico (e al film di Lumet interpretato da Al Pacino), richiamato fin dal sottotitolo, qui l’autore sceglie di esercitare la propria esperienza narrativa rimanendo esclusivamente all’interno di ciò che è accaduto. Colpito dai risvolti umani più che dalle indagini e dalla soluzione del caso, offre al lettore uno sguardo che cerca di evitare giudizi sommari o perentori, rivolto piuttosto a comprendere le motivazioni, le fragilità, le ferite di tutti “gli attori”, di tutti i “personaggi” che a livelli diversi di coinvolgimento e di responsabilità si sono ritrovati, per scelta o loro malgrado, dentro la vicenda. Con un linguaggio partecipe e controllato, Cacciatore ci racconta una tipica storia di provincia, nella quale gli aspetti di un’esistenza “normale”, avviata sui binari di una rassicurante prevedibilità, convivono con il lato in ombra di infelicità latenti, di legami affettivi brutali, pervasivi o assenti, ma anche solo col desiderio di una vita diversa: un sogno nel solco di un immaginario eccitante e glamour per Gabriele o l’illusione di una tardiva, pudica relazione d’amore da afferrare ora o mai più, per Gloria. Ed è qui, nello spazio comune dell’evasione dalla realtà, che scatta il contatto tra due mondi (quasi) antitetici.
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