“Fra i miei occhiali e i tuoi occhi” è un volume, curato da Giulia Cacciatore, che restituisce l’epistolario fra Gesualdo Bufalino e il noto critico d’arte Marcello Venturoli, uno dei primi intellettuali a incoraggiare e sostenere lo scrittore di Comiso. Il racconto di un’amicizia, un ritratto privatissimo, fra disincanto e ironia, dubbi e sincerità assoluta…
Da qualche tempo prima della consacrazione letteraria ad alcuni mesi prima della morte. In mezzo un epistolario lungo circa diciassette anni che è una specie di confessionale, un diario di grande sincerità, il dietro le quinte di tante opere affascinanti, e pezzi di vita dolceamara. Gesualdo Bufalino si mette a nudo nelle lettere che periodicamente scambia con Marcello Venturoli: da Comiso a Ostia, e anche in direzione opposta, viaggiano missive coltissime e amare, disincantate e ironiche, fotografie del laboratorio dello scrittore siciliano, dei suoi «cadaveri nel cassetto», i manoscritti tenuti per sé.
Il carteggio ritrovato
La curatela impeccabile del volume è di Giulia Cacciatore, studiosa, che ha ripescato il carteggio, dopo aver impreziosito il proprio curriculum con un saggio fondamentale per comprendere meglio pienamente e opere dell’autore di Diceria dell’untore: La neve e il sangue. La Resistenza letteraria di Gesualdo Bufalino (qui l’articolo) per Corsiero editore. Stavolta, invece, è un’altra sigla indipendente, iblea, la Archilibri a pubblicare il frutto di ricerca e documentazione di Giulia Cacciatore: Fra i miei occhiali e i tuoi occhi. Carteggio 1979-1996 (189 pagine, 18 euro), con illustrazioni di Giovanni Robustelli e prefazione di Mario Andreose, deus ex machina, assieme a Elisabetta Sgarbi, della Bompiani che lanciò definitivamente Bufalino nel firmamento. La parabola di questa amicizia coltivata dallo scrittore comisano è singolare. Coinvolge un noto critico d’arte, con ambizioni di poeta e prosatore (l’apice sarà l’ingresso nelle cinquine finali del premio Strega del 1992 e del 1994, con due romanzi sotto le insegne di Newton Compton), e un misconosciuto professore di provincia, destinato in pochi anni a conquistare la scena, in Italia e anche all’estero.
L’interlocutore privilegiato
I rapporti di forza fra i due interlocutori, inevitabilmente, cambiano nel corso degli anni, ma intatte restano cordialità e fratellanza. Tutto inizia con i complimenti di Venturoli all’introduzione al volume di fotografie Comiso ieri, le pagine che hanno rivelato Bufalino come scrittore segreto. Gradualmente la fama e il lavoro di Bufalino crescono e la periodicità epistolare si fa meno serrata, la corrispondenza più sbrigativa («Io in che modo ti corrispondo? Con le solite righe frettolose, strappate a un ingranaggio di impegni sempre più micidiale», scrive Bufalino nel 1983), sebbene non vengano a mancare mai sincerità, rispetto, enorme stima intellettuale e condivisione di idee e di intenti. L’autore di Diceria dell’untore apre «il catenaccio del riserbo» e trasforma Venturoli in un lettore e critico dei suoi manoscritti, specie i primi, a partire dal romanzo che avrebbe vinto il Campiello e dall’inedito Il Guazzabuglio. Via via Bufalino riconosce la propria vocazione e vince la ritrosia alla pubblicazione: inizialmente l’idea di divulgare la propria opera gli sembra un’«operazione di bassa lussuria», vivendo la scrittura come igiene privatissima, veleno e contravveleno, un modo per «denicotinizzare l’angoscia». Tanto Bufalino scale le gerarchie della Galassia Gutenberg, quanto Venturoli fatica a farsi largo nelle librerie, sebbene abbia il conforto di importanti critici e la disponibilità dello stesso Bufalino a far qualcosa per lui, convinto com’è del valore dell’amico.
… Non altro, per ora, che queste frettolose parole, in attesa di riporre il bel volumetto giallo accanto ai tre precedenti. Che fa già un consistente peculio di un’esistenza compatta e unica, di cui, se non s’accorgono i recensori di giornata, s’accorgeranno gli storici.
L’opera e la vita
Non solo questioni legate ai libri (la corte dei grandi editori già durante la finale del Campiello, la rottura, non senza strascichi con Sellerio) puntellano l’epistolario di Bufalino e Venturoli. L’appartata vita del primo emerge anno dopo anno, con tanto di confessioni privatissime, la morte del padre, le nozze più tardive della pubblicazione per Bufalino, l’infermità successiva della moglie, la salute malferma della madre, piccoli e grandi malanni dello stesso scrittore e i suoi ricorrenti dubbi sulla necessità di continuare a pubblicare. Venturoli è sempre presente e vicino. Incoraggia, consiglia, sprona, esalta. Nella definizione di Bufalino come scrittore c’è anche il suo zampino. Non è un merito irrilevante.
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