Un abbecedario capovolto e una scrittura dalla cifra letteraria alta – guadagnata senza ostentazioni, ricercatezze e artificiosità. Ecco cosa è “Sillabario all’incontrario”, che Ezio Sinigaglia pubblica ventisei anni dopo averlo scritto. Sospeso tra diario, saggio autobiografia, solletica cervello e cuore con riflessioni, sagge, delicate, profonde
Ardimentoso il tentativo a cui mi appresto: provare a restituire, con i miei modesti mezzi espressivi, la piacevolezza, l’eleganza, la sensatezza di Sillabario all’incontrario di Ezio Sinigaglia (232 pagine, 16,90 euro), TerraRossa Edizioni. Nondimeno, il desiderio di propiziare l’incontro tra l’autore e nuovi lettori, rigirando ad altri l’ottimo consiglio di cui io stessa ho beneficiato, mi incoraggia al cimento.
Mentre rimettevo il naso negli appunti, si è palesata la consapevolezza che il lavoro di riepilogo e di organizzazione dei punti sui quali mi piacerebbe concentrare l’attenzione sarà – a prescindere dalla mia già autodenunciata inadeguatezza – più impegnativo del previsto.
All’improvviso ho addirittura temuto di essermi persa, per chissà quale magia, in un eserciziario di aritmetica, talmente tanti i numeri di pagina annotati. Una decina quelli rubricati come “brani che mi hanno emozionato per la sostanza e la profondità delle riflessioni”, ai quali segue un’altra manciata recante un titolo più circostanziato: “parti che mi hanno entusiasmato per l’accuratezza della scrittura”.
Disinvoltura come fiducia
Per finire, ci sono i numeri delle pagine che “mi hanno positivamente stupito per la mancanza di inibizione”, ovvero per la spontaneità e la semplicità con cui l’autore ha ragionato oltre che sulle sue caratteristiche emotive e passionali, anche sulla sua sessualità. Una disinvoltura che ho interpretato come un segno di fiducia verso la propria platea.
Dal 1996/97, periodo in cui il libro fu scritto, ad oggi, quando la casa editrice TerraRossa lo ha dato alle stampe, sono trascorsi ventisei anni. Un considerevole lasso di tempo durante il quale Sinigaglia, sebbene inedito, perciò in quella condizione che definisce di “hantè”, di scrittore abitato dallo spirito fluttuante del mondo ancora confinato tra le pagine, mentre attende il momento in cui l’opera sarà «accesa dal lettore», immagina, lungimirante, il suo pubblico di riferimento. Si denuda, quindi, al di lui cospetto con naturalezza, con la confidenza di chi prevede una reciproca accettazione.
Sono qui, infatti, a testimoniare di aver apprezzato la sua «brillante intelligenza, la sua ironia beffarda e raffinata, lo splendore della sua prosa o la profondità del suo pensiero» sempre, senza il minimo turbamento e senza riserve. Pure quando ho affrontato la E di eros, in cui accenna a «corpi nudi, all’ardore, all’ultima volta con una donna, all’ultima con un ragazzo, all’ultima con un ragazzo colto al volo per strada, all’ultima veramente coniugale».
Alleviare un disagio psichico
Concepito in risposta al bisogno di alleviare un disagio psichico quale strascico di una malattia fisica (una varicella fatta a cinquant’anni degenerata in broncopolmonite), Sillabario all’incontrario si struttura come un giallo. Le parole chiave individuate dall’autore e predisposte – come dichiarato nel titolo – secondo un ordine alfabetico invertito, corrispondono ad indizi che dovrebbero svelare, sul finale, il colpevole dell’inquietudine patita (mi concedo il dovrebbero al condizionale per insinuare il legittimo dubbio sulla possibilità di individuare, nelle questioni dell’inconscio, un unico e definitivo reo). La successione delle ventidue voci, che vanno dalla Z di zoo alla A di aldilà, passando per la P di padre, la M di mare, la H di humor, la G di giallo e la B di bambini – cito quelle sulle quali mi sono soffermata con maggior partecipazione o godimento – nonostante il formale rigore dell’abbecedario seppure capovolto, profila un metodo, un percorso preciso che orienta il lavoro investigativo. Si parte dall’osservazione dei fattori più superficiali, ambientali e esteriori, si passa all’autoanalisi che corre in rassegna elementi sedimentati nella memoria, già quindi più pesanti, per poi affondare nel nucleo pulsante della psiche affrontando la paurosa triade di eros, morte e etica. La scrittura di Sinigaglia, indefessa nel tenersi salda ad una cifra letteraria alta – guadagnata senza ostentazioni, ricercatezze e artificiosità – asseconda opportunamente i cambi di rotta: da descrittiva passa al narrativo, per poi accomodarsi all’occorrenza nel flusso di coscienza. In ciascuna di tali accezioni conserva il suo gran carattere, marcia con sorprendente agilità, e armonizza sapientemente l’autenticità con l’originalità; in particolare quando si fa descrittiva, seppur prodiga di dettagli, non deraglia mai in noiosa e pedante pletora di particolari superflui.
Lettere del… cuore
Ritorno al ginepraio di cifre del quadernetto di appunti, ai lunghi periodi sottolineati a penna sulla mia copia del Sillabario, alle note di cui ho saturato i margini delle pagine.
Disegnano la mappa concettuale di un romanzo, fluidamente sospeso tra il diario, il saggio e l’autobiografia, che con i suoi «fatti, grandi e piccoli, memorie, analisi, divagazioni, personaggi e umorismo» mi ha solleticato tantissimo a livello di cervello e di cuore. Un romanzo che ho archiviato tra i miei fondamentali.
Quante riflessioni, sagge, delicate, profonde.
La P di Padre, ad esempio, è una roba da rimanere stupefatti. Lo spendersi senza risparmio per un figlio che coincide con l’idea di essere intensamente per l’altro, del tempo che si brucia tutto nel fare, nell’essere, nell’esserci. La paternità intesa come emanazione di un governo, più che del solo amore.
La M del mare che «rassicura o forse inganna: anima l’inanimato e dà colore all’incolore».
La L di lontano, parola che «pacifica, libera: se posso pensare lontano, non sono prigioniero».
La H di humor, che contiene una esemplare descrizione dell’infanzia: «difficilissimo, graduale, emozionante processo di comprensione delle leggi fisiche nel corso del quale ci si trova spesso soli davanti al mistero, perché nessun adulto può avere coscienza o memoria di quanto sia abissale l’ignoranza di un bambino e di quanto deformata ne sia la percezione del mondo».
La G di giallo e la F di Freud con le preziose lezioni sul romanzo giallo e in particolare sui racconti di Poe.
Sillabario all’incontrario di Sinigaglia è «un repertorio culturale di inestimabile valore, di vastità e versatilità sbalorditivo, fruibile da tutti e dunque comprensibile da ognuno».
Un’unica avvertenza: non gli si addice un approccio aggressivo o un ritmo bulimico. Va centellinato, affinché sedimenti e maturi i suoi frutti.
Questo è tutto. Buona lettura!
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