È una favola impietosa “Il Finimondo”, racconto lungo di Antonio Moresco. Incaricato da un quotidiano di andare nella città dei morti, il narratore, lo stesso scrittore mantovano, incontra personaggi storici e di fantasia: un pretesto che si trasforma in monologhi e dialoghi, spesso briosi e divertenti, in cui però si condanna il dolore e la decadenza della società odierna…
Una casa editrice virtuosamente dedita a racconti e prose brevi, rigorosamente inediti, di autori già capaci di lasciare il segno con le opere precedenti fa un’eccezione per Antonio Moresco – uno dei grandi vecchi delle patrie lettere, con Magris, Starnone, Siti, Mari, sono questi secondo i più, i maggiori viventi italiani, o no? – che propone un racconto robusto nel numero di pagine, almeno rispetto a quasi tutti gli altri libri del progetto della casa editrice Tetra, e nato da articoli pubblicati per il quotidiano Domani, sebbene rielaborati e reintegrati da altri capitoli inediti. Un’eccezione di cui essere soddisfatti, ne è valsa la pena, perché lo scrittore mantovano dimostra di esaltarsi in quelle che sono delle cronache dalla città dei morti, che ha già letterariamente frequentato, ad esempio in Fiaba d’amore del vecchio pazzo e della meravigliosa ragazza morta. Il titolo di questo nuovo volumetto che impreziosisce la bibliografia di Moresco è Il Finimondo (157 pagine, 4 euro) e tra i suoi capitoli, missioni nell’aldilà dello stesso Moresco, ingaggiato per l’occasione dal quotidiano Il Finimondo, vi capiterà di trovare davvero di tutto. Un esempio? Una seduta spiritica in cui cominciano a dialogare Hitler, Trump e perfino Meloni e Salvini.
«Voi invece vorreste prendere da me quello che vi serve per conquistare il potere e togliere quello che è di troppo: i forni crematori, le camere a gas, i milioni di giudei sterminati… quelle che vi sembrano le mie esagerazioni, le mie fissazioni. Ma non è possibile! Una macchina simile può funzionare solo così». Hitler monologa così, urlando, e Trump e Salvini provano a giustificarsi, senza convincerlo però… L’ex presidente statunitense osserva: «Io ci ho provato con la razza bianca., Ci ho provato coi neri, gli ispanici, i muri». Il leader della Lega: «Anch’io ci ho provato con gli zingari, poi con i drogati, gli immigrati, i porti chiusi…».
Tra Maradona, Freud e Pinocchio
E poi? Un’intervista a Diego Maradona («Hai detto che il pallone non si sporca… il gioco è puro… ci hai insegnato che c’è sempre qualcosa, da qualche parte, che può non essere raggiunta dal male, che si può portare in salvo, ci hai insegnato la trascendenza»), che è in cura da Freud, come Dante («Un nevrotico grave», confessa il padre della psicanalisi), Dostoevskij, Fausto Coppi, Elvis Presley. Non i soli camei di cui Moresco dissemina le proprie pagine, fra Gesù, Pasolini e Pinocchio, personaggi mitologici o protagonisti di fumetti. È un libro fantastico e claustrofobico, colmo di nichilismo e grottesco, distillati quanto basta, e che porta verso una precisa direzione: mette a nudo e condanna, senza appello, la decadenza del nostro presente. Il riferimento non è solo all’Italia d’oggi, ma ha una visione d’insieme più ampia, coinvolge tutto l’occidente e il capitalismo, i loro fallimenti, il declino ineluttabile che li aspetta nell’immediato futuro.
La storia che non insegna
La voce inesorabile e sagace, il viaggio introspettivo, l’intreccio di monologhi e dialoghi danno vita all’ennesima creatura di Moresco, che visita la città dei morti ma finisce per attaccare i vivi, o presunti tali. L’allarme che si agita in petto allo scrittore-narratore è ben sintetizzato in alcune frasi che “scarica” addosso a un silenzioso Pinocchio.
Sto pensando al nostro mondo umano, che è sempre dilaniato dalla sua ferocia e imprigionato nella sua ottusità e cecità, persino adesso che si trova di fronte a un precipizio di specie e non riesce a inventarsi una nuova vita e un nuovo mondo reinventando nello stesso tempo se stesso.
Dramma e ironia finiscono per dar vita a una favola impietosa, con particolare attenzione ai morti che camminano fra quanti sono in vita, e agli errori che l’umanità smemorata non smette di commettere. La storia non ha dato abbastanza lezioni, verrebbe da osservare, se gli uomini, specie quelli che hanno ruoli di responsabilità, percorrono solchi aberranti. Questo di Moresco, se vogliamo, è un libro anche leggero, con vari squarci di divertimento e comicità, ma che non esita a sottolineare (un po’ come ne Il grido, saggio di qualche anno fa pubblicato da Sem) tutto ciò che di grave e drammatico, tutto il dolore che abbiamo sotto gli occhi, dalla politica alla cronaca, di cui non riusciamo a liberarci.
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