Il Mann di Tóibín, con i suoi platonici amori omosessuali…

“Il Mago” è un romanzo con protagonista uno dei massimi scrittori di ogni tempo, Thomas Mann. L’ha scritto l’irlandese Colm Tóibín, che mette a nudo più l’essere umano che l’autore di capolavori immortali. E scava nelle sue infatuazioni per giovani o per uno dei suoi stessi figli. Un omaggio, perché amare può anche voler dire smitizzare…

Un classico perfetto a ogni latitudine, Thomas Mann, raccontato lievemente e profondamente. Un genio complesso e contradditorio inquadrato con la lente del romanzo, non della biografia, per quanto sia stato fitto il lavoro di ricerca e totale sia la conoscenza dell’opera e dei diari dello scrittore tedesco. Un libro mastodontico eppure compatto, quello dedicato a Mann da Colm Tóibín, giornalista, critico letterario, autore irlandese mai del tutto sbocciato, a torto, nei cuori dei lettori e degli editori italiani. L’hanno lanciato Fazi e Bompiani, prima dell’approdo all’Einaudi. Potrebbe essere la volta buona per dare a Tóibín quel che è di Tóibín. Non è la prima volta, anche in tempi recenti, che l’autore de I Buddenbrook e de La montagna magica, Nobel nel 1929, è protagonista di un romanzo. Alcuni anni fa Guanda aveva pubblicato La decisione di Britta Böhler, che raccontava i giorni della netta e pubblica presa di distanza dal nazismo del pur conservatore Mann, costretto ad abbandonare la madre patria e alcuni diari, lasciati nella cassaforte delle casa di Monaco, con confessioni privatissime…

Opere e omissioni

Il contenuto di quei diari (come anche la scelta, dopo qualche tentennamento di contrapporsi al nazismo…) è centrale anche ne Il Mago (506 pagine, 24 euro) di Colm Tóibín che fa capolino nei Supercoralli Einaudi, con la traduzione di Giovanna Granato. Segreti desideri omoerotici, impulsi di cui si vergogna e che Mann ritiene compromettenti, emergono da quelle pagine private, successivamente svelate, e a partire dalle quali Tóibín racconta la storia di un essere umano imperfetto come tutti, che corre rischi inutili e incomprensibili sull’altare dell’eccitazione, che scrive – perché scrivere è l’unica cosa che sa fare, l’unico modo che ha di difendersi e di stare al mondo – di come si sia infatuato di un giovane conosciuto in vacanza e sia stati attratto da Klaus, uno dei sei figli avuti dalla moglie Katia, di famiglia ebraica. Tóibín fa rivivere Mann con le sue opere e le sue omissioni, lo mette a nudo, impietosamente. Fotografa l’essere umano prima e molto più dell’autore di opere immortali.

Apparenze pubbliche, tabù sotterranei

È l’operazione d’ingegno di un artista innamorato di un altro artista quella che finisce nelle pupille e nella mente dei lettori. Tóibín descrive contesti reali e con la libertà del romanziere. Amare, forse, significa anche smitizzare un idolo letterario e raccontarlo come un borghese qualunque, con apparenze pubbliche e tabù sotterranei, coi suoi segreti torbidi; amare, forse, significa portare a galla ogni aspetto controverso della vita di Mann, a cominciare dall’omosessualità platonica ma più che latente, mascherata dietro un matrimonio e una prole numerosa. Ne Il mago ci si immerge nell’esistenza di Mann a sprazzi, in diciotto episodi, tra il 1891 e il 1950, fra Germania, Svizzera e Stati Uniti. E l’orientamento sessuale, che resta solo imbrigliato nei pensieri e nei sogni, è in qualche modo traslato nell’ambito letterario, a cominciare dall’ossessione per l’imperturbabile bellezza di un ragazzo che ispirerà il personaggio di Tadzio in Morte a Venezia. C’è anche il Mann venerato, in questo romanzo, il narratore della decadenza di un mondo e di un’epoca, il mancato “profeta” del totalitarismo che germogliava nel cuore dell’Europa, e poi la coscienza critica di una Germania che scompariva sotto i colpi dello scellerato Hitler. Ma è nell’ambigua vita intima e nei fantasmi di Mann che Tóibín centra l’obiettivo…

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