Sesta avventura per l’avvocato d’insuccesso creato da Diego De Silva. In “Sono felice, dove ho sbagliato?” Vincenzo Malinconico, tra divagazioni tragicomiche e un colto sguardo sul ridicolo del mondo, è alle prese con un gruppo eterogeneo di “psicopatici sentimentali”…
Napoli. Un settembre senza mascherine. Quasi tutto ruota intorno all’amore, impantanato. Vi sono diverse tipologie di stallo: il pantano del figliol prodigo, quello della ritrovata maturità, quello del falso problema, quello della rivalsa. In quest’ultimo caso, chi prende coscienza del fatto che l’uomo (il maschile vale forse per ragioni puramente statistiche), a cui abbiamo sacrificato gli anni migliori, è un qualunque stronzo che voleva solo tenersi l’amante e non ha mai avuto intenzione di farsi una vita con noi (o rifarsi visto che spesso è sposato). La vittima si sente lesa in un diritto, può convincersi che anche il dolore abbia un prezzo e perciò chiedere i danni, intentare addirittura una causa epocale.
Che class action…
Veronica, la nuova compagna dell’avvocato civilista Vincenzo Malinconico (difesa al momento del divorzio), gli parla di Maria Egizia Ega Prestinenzi, avvenente amica d’infanzia, capelli corvini, piena di lentiggini e sempre scalza, che ha bisogno di un avvocato perché sta attraversando un momento pesante a causa di gravi problemi sentimentali, impelagata in una relazione da cui non sa uscire. Così lei li va a trovare mentre mangiano al ristorante e poi vuole essere ricevuta in studio. Non da sola: un gruppo eterogeneo di impelagati in relazioni più o meno clandestine (per l’esattezza, otto “psicopatici sentimentali” che si riuniscono due volte la settimana in un teatro, per sostenersi a vicenda e reagire), è intenzionato davvero a fondare una class action per fare causa ai partner, responsabili dello stato di infelicità in cui si trovano. Il fatto è che il titolare dello studio Benny Lacalamita è attratto da Maria Lucrezia o Galizia (o come accidenti si chiama), che Alagia, figlia di Malinconico, aspetta un bambino, che l’altro figlio Alfredo è molto sfiduciato rispetto al suo primo cortometraggio e che un apparente avanzo di galera diventa invadente fuori e dentro il tribunale. Scansarsi dalle legali tendenze all’infelicità e alla mediocrità non sarà semplice (da cui il titolo).
Malinconico, dialoghi e retropensieri
L’ex avvocato, ottimo scrittore drammaturgo e sceneggiatore, Diego de Silva (Napoli, 1964) vive a Salerno e con Sono felice, dove ho sbagliato? (241 pagine, 17,50 euro), edito da Einaudi, è alla sesta bella avventura di Vincenzo Malinconico in quindici anni, celebrata da un’interessante serie televisiva di otto puntate nell’autunno 2022, pure ambientata a Salerno (l’avvocato ben interpretato da Massimiliano Gallo), preceduta e proseguita intervallando molte altre godibili narrazioni. Il suo divertente protagonista d’insuccesso (e di cause perdenti), stabilizzatosi dopo 25 anni di onorato povero precario coaffitto professionale in appartamenti multiufficio, narra in prima persona al presente, ancor più libero di digressioni in tutte le forme e direzioni, pensieri come inarrestabili incisi e parentesi, divagazioni tragicomiche, ramificazioni continue di sinonimi e fraintendimenti, insomma un individuale colto sguardo sul ridicolo del mondo, a partire da sé stesso. Gli stessi dialoghi sono sempre accompagnati da lunghi continui retropensieri (comprese le sliding doors), più o meno malinconici o allegri.
Commedie esistenziali
La professione aiuta, ha spiegato l’autore (qui una sua videointervista): l’avvocato ha un rapporto di “mistificazione” con la parola, ovvero usa la lingua con il preciso scopo di fare le difese e gli interessi di un altro, quindi dotarsi di un punto di vista necessariamente “menzognero” rispetto alle proprie parole. Ogni volta accompagniamo Malinconico attraverso casi giudiziari (arringhe e dibattimenti), peripezie sociali (reali e metaforiche), disavventure amorose (non solo sue), interpretazioni comportamentali. La geografia della città fisica resta sullo sfondo (nella pagina scritta Napoli merita un forse, irriconoscibile, mai citata; in televisione Salerno si riconosce, inevitabilmente). Lo stile risulta ben curato e sempre ironico, forse a tratti un po’ ripetitivo. I romanzi della serie, anche questo (Vincenzo ormai quasi 50enne), sono esilaranti gialli umoristico-sociali, con crimini e vittime (difese d’ufficio o sequestri in vario modo legati alla camorra, peculiari risarcimenti e separazioni, incontri illustri e class action) senza omicidi o morti in primo piano, commedie esistenziali. E qui Benny cerca pure l’eventuale rilevanza di rivalsa penalistica dei pantani amorosi, mentre si susseguono vari colpi di scena, argute riflessioni sui rapporti umani, i consueti spassosi riferimenti a film e canzoni. Falanghina a cena.
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