Di fronte a un liberismo sempre più sfrenato Diego Fusaro auspica un ritorno della Chiesa al trascendente. Lo sottolinea nel suo saggio “La fine del Cristianesimo”, in cui contrappone Ratzinger, oppositore dell’immanentismo del mondo consumistico, e Bergoglio, sotto la cui guida la Chiesa si condannerebbe al suicidio…
Nel saggio La fine del Cristianesimo (450 pagine, 19,90 euro) di Diego Fusaro, edito da Piemme, si entra a gamba tesa in un argomento spinoso, come è appunto la corona del Cristo, per richiamare la nostra attenzione sulla parabola discendente della Chiesa romana, oramai inesorabilmente piegata «al nichilismo della civiltà a forma di merce».
Se tutto è merce…
Avventurandosi tra queste pagine, non di rado tremendamente prolisse e gravide di folcloristici neologismi di cui Diego Fusaro è campione indiscusso, si è a più riprese sollecitati a riflettere sull’arrendevolezza del Cristianesimo che, se con Ratzinger aveva cercato di opporsi all’immanentismo del mondo consumistico richiamandosi all’inconfutabilità e all’inopinabilità delle proprie origini, sotto il papato di Bergoglio si è invece genuflessa alla «civiltà tecno nichilista dei consumi», decretando in ultima analisi il suo suicidio. Aprendo così le porte ad un «mondo dissacrato, ove tutto è ridotto al rango di merce…e in cui il solo Dio riconosciuto e onorato è il mercato capitalistico».
L’uomo solo
L’uomo rimane pertanto dolorosamente solo davanti al senso della vita e al timore della morte. Se in passato tale paura “la si affrontava e la si padroneggiava con una visione religiosa ultraterrena o con la speranza sociale di un futuro redento” mutuato dalle suggestioni delle grandi ideologie del XX secolo, nella società post-moderna la salvezza si riduce a esclusiva tutela della propria salus, ovvero “la salute del proprio corpo garantita dalla tecnoscienza”, finalizzata alla pura volontà di consumo fine a se stesso. Di fronte a questo liberalismo sfrenato, che non sembra conoscere più confini né opposizioni, Fusaro si appella al ritorno di una Chiesa proiettata al trascendente, unita nella fede e nell’ideale, in grado di accendere una luce “nel buio della contemporanea civiltà del nulla. Perché invero il buio trionfa quanto tutti, senza eccezioni, scelgono di chiudere gli occhi”.
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