In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali, istituita dall’Onu nel 1966, abbiamo chiesto alle firme di LuciaLibri di suggerire alcuni consigli di lettura a tema. Varietà e qualità dei titoli dei libri indicati ci fanno sperare nel futuro…
Colson Whitehead e Tayari Jones
Primo consiglio, il romanzo di Colson Whitehead che ha vinto il National Books Award e il Pulitzer, La ferrovia sotterranea, edizioni Sur. Venduti come bestie al mercato “sotto gli occhi di bambini che ridono mangiando caramelle”, per più di due secoli, i neri sono stati deportati, marchiati, picchiati, violentati, ridotti a vivere sotto al rango delle bestie.
Per molti di loro il suicidio era l’unica possibilità di fuga. Per altri la salvezza è stata la fuga.
Cora ha 15 anni quando lascia la piantagione in cui è prigioniera per intraprendere un viaggio lungo una linea ferroviaria che, in una via crucis di dolore e violenza, stazione dopo stazione, promette di condurla verso una speranza di libertà.
Non è simpatica, non è accattivante, non è un’eroina da romanzo d’avventura. È una schiava fuggiasca come tante altre, ad uno stadio primitivo di sentimenti, senza istruzione, senza famiglia, dilapidata nel corpo e nello spirito. “Aveva la pelle nera ed è così che il mondo tratta i negri”!
Gli Stati Uniti, paladini della giustizia universale e difensori degli oppressi, sono il baluardo della democrazia, delle pari opportunità, della libertà di parola e del multiculturalismo. Per tutti l’Eldorado, una meta per chi fuggiva dalle persecuzioni, una terra di speranza, la patria del self-made man.
Tuttavia, come in nessun altro posto del mondo, il razzismo è stato, ed è, prassi politica e sociale.
La tratta dei neri e la schiavitù, sono capitoli della loro storia considerati quasi come “incidenti di percorso” nell’evoluzione della specie, storture dei regimi coloniali ormai superate.
Anche gli Stati Uniti hanno avuto il loro Olocausto.
Secondo consiglio, Un matrimonio americano di Tayari Jones, Neri Pozza.
Dopo una notte trascorsa in un motel, un uomo finisce in carcere accusato, ingiustamente, di stupro.
Reggerà il suo matrimonio, celebrato da poco più di un anno, un rapporto passionale ma già imperfetto?
Ci sono romanzi che conquistano dalle prime battute e tengono incollati fino all’ultima pagina, Un matrimonio americano è uno di questi. A capitoli alterni i tre protagonisti, marito, moglie e un amico comune, raccontano il loro punto di vista intriso di sentimenti, tra i più intimi e inafferrabili, con un ritmo febbrile. Sono maldestri, contraddittori, condannati a sbagliare e a ferirsi. Niente ipocrisie né luoghi comuni. Ho più volte cambiato idea su di loro, ho fatto il tifo, mi sono indignata, li ho giudicati, ho sofferto e ho sperato. Il finale, inevitabile ma non banale, riscatta tutti ma non assolve nessuno.
… Dimenticavo di aggiungere un particolare, senza il quale tutta la storia non sarebbe verosimile: sono tutti neri di Atlanta! (Paola Ardizzone, qui tutti i suoi articoli)
“La frontiera” di Alessandro Leogrande (Feltrinelli)
Pietà, denuncia, resistenza alla barbarie, all’odio e a ogni forma di discriminazione, quindi anche quella razziale, teoria e prassi del cambiamento, questo può fare la parola e quindi la letteratura, quella con la L maiuscola nelle sue varie forme, sia essa narrativa, d’inchiesta, saggistica, poesia. Il reportage narrativo del compianto Alessandro Leogrande, La frontiera è e rimarrà uno strumento indispensabile per l’educazione alla tolleranza, allo sforzo che ognuno di noi è chiamato a fare per un futuro di integrazione in un mondo nel quale le migrazioni sono e saranno sempre più un nodo da affrontare in modo razionale, competente e umano, non lasciandolo in mano agli speculatori politici di turno. La conoscenza è il primo passo verso un futuro più umano e condiviso, senza più correre il rischio di assuefarci a tragedie che ci scorrono davanti agli occhi quasi quotidianamente. Per questo sarebbe auspicabile che il libro di Alessandro Leogrande potesse essere inserito fra i testi scolastici dei nostri figli e nipoti, perché mai come oggi risuona prepotentemente l’assunto dell’intellettuale, giornalista e attivista tarantino prematuramente scomparso, cioè che «la frontiera è il termometro del mondo», e delle sue storture. Ne ho scritto più diffusamente qui. (Simone Bachechi, qui tutti i suoi articoli)
“Lo straniero che viene” di Michel Agier (Raffaello Cortina)
… L’ospitalità, dunque, secondo l’antropologo Michel Agier, è un gesto politico, dei singoli cittadini, delle associazioni, dei municipi che si oppongono alle politiche migratorie degli Stati nazionali e ne denunciano, con il solo farsi mano protesa ed ospitale, la cecità, l’indifferenza, ingiusta ed anacronistica che le permea ed obbligano a ripensare al mondo come progetto comune, cosmopolitico e alla cittadinanza come ad un diritto globale nomade per tutti… (qui l’articolo completo) (Annalisa Barletta, qui tutti i suoi articoli)
“Martin Luther King. Una storia americana” di Paolo Naso (Laterza)
Ideali, esperienze, azioni politiche del grande leader afroamericano contro ogni razzismo. Un po’ saggio, un po’ romanzo, l’alfiere dei diritti civili è raccontato a trecentosessanta gradi, tra vittorie e debolezze. Con un occhio al clima politico e sociale degli anni Cinquanta e Sessanta, e un altro al presente, fra nuove intolleranze, xenofobie, violenze. (Arturo Bollino, qui tutti i suoi articoli)
Guido Barbujani e Adam Rutherfort
Se poi masticate un po’ di inglese, consiglio anche How to argue with a racist di Adam Rutherfort (Weidenfeld and Nicolson, 2020), divulgatore scientifico con un PhD in genetica che il razzismo lo ha sperimentato sulla sua pella di britannico di origine asiatica. Un bel mix esperienziale e scientifico che rende concrete le problematiche del razzismo a livello sociale. (Anna Caputo, qui tutti i suoi articoli)
“Nel mare ci sono i coccodrilli” di Fabio Geda (Baldini + Castoldi)
Una storia vera, che immortala sulle pagine il viaggio di Enaiatollah Akbari tra dramma e speranza, dall’Afghanistan all’Italia in fuga dal regime. Un ragazzino solo con una sacca di entusiasmo infinito, messo alla prova in un percorso che attraversa Iran, Turchia, Grecia tra pericoli, disumanità e atrocità, fino a un nuovo posto sicuro dove fermarsi, e ricominciare, in Italia. La scrittura di Geda accompagna Enaiattolah e il lettore tappa dopo tappa, trasformando quella che è una storia reale in un viaggio simbolico che, con il potere della pagina, si fa storia universale di speranza e dell’enorme forza che l’amore di una mamma sa donare, a tutte le latitudini del mondo. Alla fine del romanzo il ragazzino rimasto solo davanti a un’impresa più grande di lui sarà diventato un amico, e questo è il meraviglioso potere di un romanzo solo apparentemente per ragazzi, capace con la sua energia di riportare con immediata urgenza alla nostra realtà quotidiana. (Alessandra Chiappori, qui tutti i suoi articoli)
“I ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead (Mondadori)
Storia e denuncia sociale, in un romanzo ispirato a storie e luoghi reali. Il protagonista, il giovanissimo Elwood Curtis, folgorato dal reverendo Martin Luther King, diventa un militante dei diritti civili e riesce a scalare piccoli e grandi ostacoli, fino all’iscrizione al college. Il suo romanzo di formazione, però, è bruscamente interrotto dal destino, che ha le sembianze di un passaggio in auto. La storia prende tutt’altra direzione, Elwood finirà alla Nickel, una scuola-riformatorio, all’interno della quale ci sono pochissime speranze per i ragazzi con la pelle del suo stesso colore… (Giosuè Colomba, qui tutti i suoi articoli)
“Quanto oro c’è in queste colline” di C Pam Zhang (66thand2nd)
Un western moderno, dal ritmo sostenuto, un’avventura ipnotica, un esordio considerato (non senza buoni motivi) uno dei più brillanti degli ultimi anni negli Stati Uniti. Una storia che parla di fughe, di abbandoni, di politica (di esclusione), di razzismo, di differenza di genere, con un taglio narrativo convincente e irriverente. Protagoniste sono due sorelline, figlie di immigrati cinesi, che vagano per il deserto dopo la morte del padre: una è docile, sogna la città e l’assimilazione sociale; l’altra è ribelle, rude, solitaria, vuole oltrepassare il Pacifico e tornare nella terra dei suoi avi. Trovate il pezzo completo qui. (Giovanni Di Marco, qui tutti i suoi articoli)
“L’unica persona nera nella stanza” di Nadeesha Uyangoda (66thand2nd)
Oggetto di razza sembra non siano le persone; se ne parla in modo indiretto, come un problema da risolvere che non ha occhi, non ha cuore. La razza è un fenomeno senza anima. Guai, ad attribuirgliene una! Renderebbe tutto ancora più difficile, o in realtà, più facile forse è proprio questo il problema. Parlarne, far capire, comprendere, aprire gli occhi sull’altro: vederlo.
L’autrice, Nadeesha Uyangoda, scrive un libro che proviene da un articolo di giornale pubblicato nel 2019, e rappresenta sia la propria storia autobiografica, sia un importante e dettagliato saggio sullo stato del razzismo in Italia, dove la stessa vive da quando ha sei anni con la sua famiglia.
Con un tono fortemente intimistico, che avvicina il lettore e lo aggancia subito al racconto, complice un linguaggio semplice, diretto, scevro da ovvie retoriche, tutt’altro che vittimistico, ma lucido e preciso, l’autrice racconta di come si è stabilita in Italia dalla sua patria natia, lo Sri Lanka. Racconta di cosa abbia significato per lei scoprire di essere considerata diversa, malgrado tutti i suoi sforzi e la quotidianità fossero tesi a farla essere, naturalmente, “come tutti gli altri bambini”, eppure, nonostante tutto, crescendo, continuasse a rimanere sempre l’unica persona nera nella stanza.
Un libro che intrattiene e informa in modo corretto e veritiero. Parla di una integrazione che non esiste, soprattutto per il singolo; se i neri italiani vogliono esistere devono raccogliersi, associarsi, altrimenti la voce del singolo non è ascoltata.
Nadeesha Uyangoda sa di cosa parla, L’unica persona nera nella stanza è un’autentica testimonianza di cosa significa in Italia esistere e non esistere, al tempo stesso, solo per via del colore della propria pelle o della propria provenienza etnica.
Un libro che insegna come nel cuore non esista cittadinanza: nel bene e nel male. (Paola Giorgia, qui tutti i suoi articoli)
“L’imbroglio etnico in quattordici parole-chiave” di René Gallissot, Mondher Kilani, Annamaria Rivera (Dedalo)
Un testo fondamentale di antropologia culturale per affrontare quello che gli autori definiscono “L’imbroglio etnico”. Attraverso Quattordici parole-chiave il lettore è portato a riflettere su quanto sia ambiguo il concetto di “etnia” o fino che punto lo sguardo etnocentrico condizioni la percezione dell’Altro, o ancora in che modo la lingua agisce politicamente per dividere e discriminare i popoli. Sono alcuni degli aspetti che, insieme a parole quali “Diritti umani”, “Cultura”, “Identità-identificazioni”, “Immigrati”, mostrano scientemente che le disuguaglianze, i pregiudizi, le discriminazioni nascono non solo dall’ignoranza, ma anche dalla volontà di rifiutare la molteplicità delle culture. (Maria Grazia La Malfa, qui tutti i suoi articoli)
“L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniel (Atlantide)
Ecco quindi arrivare Sal, un tredicenne dalla pelle scura e dagli occhi verdi. Sostiene di essere Satana.
Ma si scoprirà, leggendo le pagine cariche di bellezza e orrore, poesia e stupore, che il Diavolo si nasconde, in realtà, dietro i volti che appaiono più innocenti e perfetti – perché fermamente religiosi o dalla pelle candida. Si scoprirà che l’Odio veste benissimo l’abito razzismo, portando a sacrificare su un falso sacro altare quegli agnelli che vengono etichettati come pericolosi solo per il colore del loro viso. (Grazia La Paglia, qui tutti i suoi articoli)
“Un calcio al razzismo” di Castellani e Smulevich (Giuntina)
Il sottotitolo è “20 lezioni contro l’odio”. Storie di razzismo ed esclusione, ma anche modelli di riscatto e resistenza. Da Primo Levi a Lilian Thuram, da Giorgio Bassani a Cestmir Vycpalek (grande campione, prima d’essere zio di Zdenek Zeman), storie note e meno note di chi ha subito discriminazioni e di chi non si è arreso. Uno di quei libri da consigliare a chi nelle curve laziali intona slogan antisemiti, a chi allo stadio di Verona inneggia al Vesuvio in chiave anti-napoletana, ma anche a tutti quelli che credono nello sport come momento di umanità, aggregazione e solidarietà. (Giovanni Leti, qui tutti i suoi articoli)
“Se la strada potesse parlare” di James Baldwin (Fandango)
Oltre a essere stato uno dei maggiori sostenitori dei diritti civili e dell’uguaglianza razziale, James Baldwin – nero, omosessuale, pacifista, tenuto d’occhio dall’Fbi – è uno dei grandissimi del Novecento americano, e nonostante ciò alla periferia del canone come Harold Brodkey e Ralph Ellison, e non è un caso che tutti e tre siano stati ripubblicati da Fandango. Se la strada potesse parlare – pubblicato negli anni Settanta, diventato anche un film qualche anno fa – è uno dei più noti titoli di Baldwin, un romanzo pieno di amore e fiducia nonostante tutto, un melodramma sul fuoco lento dell’America della segregazione razziale e dell’ingiustizia sociale. Protagonisti due giovanissimi innamorati: lei Tish, incinta, voce narrante, lui, Fonny, incastrato da un poliziotto bianco per lo stupro della portoricana Sanchez Rogers… (Salvatore Lo Iacono, qui tutti i suoi articoli)
“Schifo” di Robert Schneider (AER)
Consiglio Schifo di Robert Schneider, un monologo teatrale che, attraverso l’inusuale punto di vista della persona che viene discriminata, mette il lettore di fronte a una realtà che troppo spesso si finge di non vedere. (Paola Lorenzini, qui tutti i suoi articoli)
“Le assaggiatrici” di Rosella Postorino (Feltrinelli)
Il romanzo Le assaggiatrici conduce il lettore nell’aberrazione razzista che caratterizzò la Germania nazionalsocialista. Hitler è al di sopra di tutto e di tutti: è Dio in terra, pertanto non osava neanche mangiare se le “assaggiatrici” non avessero garantito che il cibo destinato a lui non conteneva sostanze venefiche. Ma se il despota in tal modo evitava la paura di essere ucciso, per le ragazze l’assaggio era occasione per nutrirsi e sopravvivere. Il temuto male da parte dell’oppressore diventa bene per le giovani donne. Rosella Pastorino, ispirandosi ad una storia vera, ci racconta di una ragazza, Rosa, che vive le condizioni di oppressione che il regime crea, senza tuttavia spegnere i desideri della giovinezza e l’istinto di sopravvivere. (Francesca Luzzio, qui tutti i suoi articoli)
“L’unica persona nera nella stanza” di Nadeesha Uyangoda (66thand2nd)
Pubblicato nel 2021 da 66thand2nd, L’unica persona nera nella stanza di Nadeesha Uyangoda è il mio consiglio di lettura per approfondire il tema verso cui “La giornata per l’eliminazione delle discriminazioni razziali” intende sensibilizzare.
Nadeesha Uyangoda è una giornalista freelance, podcaster e scrittrice italiana di seconda generazione con origini srilankesi. Avendo vissuto sulla propria pelle le mille contraddizioni che connotano la cultura italiana in tema di razzismo, integrazione e inclusione, ha sentito l’esigenza di raccontare la sua esperienza allo scopo di fornire a noi tutti input utili a fare autocritica, acquisire consapevolezza del razzismo introiettato che ci condiziona nella interazione con le “altre persone nere nelle stanze” e, infine, imparare a comportarci in maniera pienamente coerente con i principi di uguaglianza e di rispetto prescritti dalla Costituzione, oltreché ispirati da istanze etiche.
Molto più di un racconto autobiografico, molto più di un saggio, L’unica persona nera della stanza è un autentico testo di formazione. Non solo. È un testo di verifica del nostro livello di razzismo – individuale e collettivo – strutturale interiorizzato, ovvero quello ereditato-costruito attraverso una cultura ancora essenzialmente di matrice neocoloniale. Analizzare il tema da una prospettiva contemporanea e strettamente nazionale è urgente. Fare il punto di dove siamo e di dove dovremmo essere è necessario. Perfino aggiornare il vocabolario in materia è improrogabile. Il contributo di Uyangoda è, perciò, determinante. (Antonietta Molvetti, qui tutti i suoi articoli)
“Trentacinque secondi ancora” di Lorenzo Iervolino (66thand2nd)
Le motivazioni sono tutte nell’articolo che ho scritto qualche tempo fa. Potete leggerlo qui. (Camillo Scaduto, qui tutti i suoi articoli)
“L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniel (Atlantide)
In un’estate arroventata lessi questo capolavoro di Tiffany McDaniel e ne fui rapita, oltreché, naturalmente, ustionata. Che cosa narra? Del diverso che irrompe in una cittadina dell’Ohio: è un ragazzino, indossa una salopette di jeans, ha gli occhi verdi e la pelle nera; dice fra l’altro di essere Satana. Alle sue spalle nulla, ovvero un’infanzia precaria, fatta per lo più di privazioni e fughe, davanti a lui lo attende il caos, generato dalle fobie degli altri, che, sommandosi le une alle altre, diventano psicosi collettiva. Tutto ne è travolto e poco, anzi, pochi si salvano. (Flavia Todisco, qui tutti i suoi articoli)
“Assalonne, Assalonne!” di William Faulkner (Adelphi)
Come molte delle enigmatiche opere di William Faulkner anche questa racconta, fra le altre cose, la mai risolta questione razziale degli stati americani del Sud, sconfitti nella Guerra di Secessione, e culla di pregiudizi, linciaggi, stragi, attentati, fino ai nostri giorni. Il protagonista di “Assalonne, Assalonne!”. Thomas Sutpen, bianco, aspirante patriarca di una dinastia, farà i conti, che nemesi, con un figlio illegittimo, che bianco non è… (Micol Treves, qui tutti i suoi articoli)
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