Un libro con una costruzione visiva e tattile fuori dal comune, creato dalla geniale capacità stilistica di Philip Roth. Uno degli alter ego dell’autore, David Kepesh, si sveglia trasformato in un seno, nell’omonimo racconto. Un complesso insieme di andirivieni mentali e conflitti esistenziali letti attraverso il tema del piacere
Cominciò stranamente. Ma poteva forse esserci un altro inizio? Si dice che tutte le cose sotto il sole cominciano “stranamente” e finiscono “stranamente” e sono strane; (…) Eppure in assoluta umiltà io dico che certe cose sono più straordinarie di altre e che io sono una di esse.
Come pensarla diversamente da questo incipit, quando da lettore scopri che il protagonista, dopo poche pagine, si sveglia trasformato in una grande tetta (sì una tetta, una sisa, una minna, avete letto bene) di 80 chili?
Succede ne Il seno (65 pagine, 10 euro), di Philip Roth (oggi edizioni Einaudi, ma la prima volta in Italia fu la pubblicazione del 1973 di Bompiani col titolo La mammella, con la traduzione ancora oggi originale di Silvia Stefani), che si inventa una storia surreale e carica di significati reconditi, che si inserisce nel solco di quelle già create da mostri sacri della letteratura mondiale di tutti i tempi.
La metamorfosi e il piacere
David Kepesh (uno dei numerosi alter ego dell’autore), come Samsa, che si sveglia scarafaggio per la gioia di Kafka o Gogol che fa scomparire il naso al suo protagonista o ancora Gulliver protagonista fuori misura di Swift, è vittima di questo cambiamento stupefacente quanto assurdo.
Un libro che sembra essere un tributo sulle orme di un mito assoluto per l’autore: Kafka. Punto di riferimento in tutta la narrativa di Philip Roth, quest’ultimo c’entra solo in parte nella scelta narrativa di Roth, il libro ha una propria autonomia, anche perché è la prima parte di una trilogia che lo scrittore americano completerà in seguito con Il Professore di desiderio, nel 1977, e L’Animale morente, nel 2001), affrontando uno dei temi più ricorrenti nella sua produzione: l’erotismo, il piacere per il piacere.
La storia del libro è abbastanza elementare, al contrario le riflessioni che via, via Roth mette sulla pagina e suscita sono profonde, e hanno a che fare anche con la letteratura in generale.
Scrivere di sesso è una delle cose più difficili in narrativa, è noto, ma Roth ci riesce benissimo, scrivendo pagine senza veli, eppure sensualissime, credibili e piacevoli come la scoperta stessa del sesso: “Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto ordisca e trami e architetti, non sei mai al di sopra del sesso”.
Anche il percorso del protagonista è lineare; a un certo punto, pur di rifiutare il cambiamento che lo ha colpito all’improvviso, preferisce pensare di essere diventato pazzo e come tale vuole essere riconosciuto ora che sente tutto, riesce a parlare, ma non è più se stesso e da lì parte la serie di considerazioni che poi rendono apprezzabile la storia come storia a sé, allontanandola dalle assimilazioni kafkiane.
Sulle tracce di Kafka
Tutta la vita di Kepesh è stravolta e Roth ne fa resoconto credibile e appassionante in pochissimo spazio, poche pagine con precisione lessicale e “sensoriale”. Un libro con una costruzione visiva e tattile fuori dal comune, creato dalla geniale capacità stilistica di Roth.
Il richiamo a Kafka, che fra l’altro si fa anche esplicito nel libro e in alcune interviste: “direi di essere stato influenzato più profondamente da un comico chiamato Kafka, e da un pezzo molto divertente che ha scritto e che si chiama La metamorfosi” non deprezza affatto l’opera, anzi, Roth sembra voglia porsi in continuità con l’autore praghese, diventandone quasi una evoluzione. Kepesh si domanda, a un certo punto del racconto, se a ridurlo così non sia stata proprio la vita dedicata alla letteratura, lo studio intenso e assoluto dell’opera kafkiana – traslata poi nello studio di Cechov da parte del personaggio Kepesh, nella sua veste di professore universitario in tutta la trilogia che lo vede protagonista.
Una domanda singolare, che trova la sua compiutezza nella risposta che Roth/Kepesh dà al lettore: “Amavo l’estremo in letteratura, idolatravo quelli che lo creavano, ero praticamente ipnotizzato dalle immagini e dalla loro suggestione…Dunque ho fatto il salto. Ho reso la parola carne”.
Molteplici piani di lettura
I piani di lettura ne Il seno, sono molteplici: desiderio, goduria, energie ancestrali e sotterranee in questa storia sfociano in un’analisi che crea nel protagonista e nel lettore un complesso insieme di andirivieni mentali e conflitti esistenziali letti attraverso il tema del piacere, che sempre fa capolino nelle opere rothiane e che è impersonato nelle sue varie opere narrative da questo professore di critica letteraria vittima di fascinazioni sessuali anche nella sua carriera universitaria.
Una storia tutt’altro che superficiale, di sicuro non riconducibile né a un mero omaggio allo scrittore culto di Roth, e men che meno a un esercizio di stile per misurarsi sulla stessa tematica con chi si riconosce come proprio maestro e faro.
Il seno è una delle primissime opere di Philip Roth che hanno contribuito a renderlo l’eccellenza letteraria che abbiamo la fortuna di poter leggere; per questo, seppur poco menzionato rispetto ad altre sue opere, vanta tutto lo spessore della sua meritata fama.
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