Storia e fantasia ne “Il cane di Falcone” di Dario Levantino. Il cane Uccio racconta la storia del giudice Giovanni Falcone, che l’ha accolto come un papà e che sarà ucciso da mano mafiosa. Pagine adatte a piccoli e grandi, contro ogni ingiustizia
L’ultimo romanzo di Dario Levantino, Il cane di Falcone ((207 pagine, 12 euro), edito da Fazi? È difficile attribuirlo ad un genere letterario ben definito, infatti storia e fantasia si alternano, senza nulla togliere alla validità etico-morale che dalla narrazione si evince e che è enucleata nel seguente breve periodo: «L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, l’importante è saper convivere con la propria paura e non farsene condizionare. Ecco il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza». Tale asserzione più volte ribadita, caratterizza il comportamento del cane Uccio che da narratore omodiegetico, ci racconta la sua storia e, attraverso questa quella di Giovanni Falcone che chiama papà, poiché l’accoglie con amore nell’atrio del tribunale di Palermo, dove il giudice opera con il pool antimafia, fin quando la sua azione contro la criminalità organizzata non viene fermata dall’attentato del 23 maggio 1992.
Connessioni logiche ed emotive
È un romanzo avvincente perché riveste favolisticamente le pagine più nere della storia della mafia e della lotta intrapresa da Giovanni Falcone contro questo terribile male che continua ad affliggere il contesto sociale, anche se all’osservatore esterno le modalità di azione ed interazione sembrano, e forse lo sono, cambiate rispetto al passato. Non è un caso che in fondo possiamo considerare la mafia l’argomento centrale intorno a cui tutte le varie vicende sono riconducibili attraverso una struttura logica in cui le diverse parti non si succedono semplicemente le une alle altre, ma sono in stretto rapporto e correlate tra loro per mezzo di precise connessioni di carattere logico ed emotivo, quali i flashback attraverso i quali Uccio rivive spesso la stessa tragica vicenda della sua primissima infanzia: «”Togliti , cagnaccia!”. L’ uomo afferrò un pesante bastone… e colpì una seconda volta mamma in testa, che cadde per terra… Agitando il bastone ci disperse … Ci perdemmo per sempre».
Contro ogni violenza
Inoltre la correlazione non è soltanto contenutistica, ma anche stilistica, infatti le parti che compongono il romanzo sono uniformi nel tipo di lingua usata, cioè presentano un registro omogeneo, caratterizzato da una medietà che ben si addice al narratore- cane, nel cui lessico e comportamento l’autore completamente s’immerge e a cui affida le sue idee e le sue tesi, infatti Dario Levantino con originalità denuncia la mafia e nello stesso tempo evidenzia come il coraggio dovrebbe essere la forza propulsiva della vita, se vogliamo dimostrare appieno il nostro amore e il nostro rifiuto di ogni forma di violenza e d’ingiustizia. Numerosa è la produzione libraria che propone i temi trattati da questo romanzo, basti ricordare Chi ha paura muore ogni giorno di Giuseppe Ayala, grande amico e collega di Falcone e Borsellino, o ancora Giovanni Falcone. Un eroe solo di Maria Falcone, sorella del giudice e prefatrice anche del romanzo di Levantino, che con originalità ed inventiva ricostruisce quei momenti drammatici della storia italiana.
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