Una bambina nella Torino degli anni Sessanta e il percorso a ritroso che fa divenuta ormai adulta. “La memoria del cielo”, romanzo di Paola Mastrocola, è giocato interamente sulla costruzione e ricostruzione del ricordo, sull’esigenza della protagonista Donata di mettere ordine nel passato. L’affidabilità della memoria vacilla, inciampa, si mescola all’invenzione o ai ricordi altrui, ma vive passaggi certi e fondamentali, uno è la scoperta della scrittura e della lettura…
Un libro per parlare dei ricordi, per scavare dentro la memoria e, ricostruendo un’infanzia che sotto sotto batte ancora, squadernare un’intera epoca fatta di ringhiere condominiali, giardinetti, abitudini, scarpe stringate, bottoni e pagine di una città che è stata. Siamo a Torino, La memoria del cielo (272 pagine, 19 euro), da poco uscito per Rizzoli, è il romanzo con cui Paola Mastrocola porta il lettore dentro i ricordi di Donata, bambina nella città della Fiat degli anni Sessanta, ma anche voce adulta che cerca risposte ripercorrendo la propria memoria.
Lo sguardo di Donata
La memoria del cielo è un romanzo giocato interamente sulla costruzione e ricostruzione del ricordo, nel costante dubbio che ciò che si è incollato nella memoria di Donata bambina – la memoria del cielo, quella che via via sfuma diventando grandi ed entrando nel meccanismo a volte spietato della vita – non sia la verità esatta, ma nella certezza che è da lì, e da lì soltanto, che la voce adulta che conduce la narrazione ha iniziato la sua storia diventando ciò che è. Proprio della voce questo libro fa uno dei suoi meccanismi migliori: il talento di Paola Mastrocola nel tornare ad abitare l’infanzia ha una grazia rara.
Donata è la bimba tanto desiderata di un matrimonio di felicità e conciliazione di mondi. Torinese e di famiglia povera la mamma, una sarta che non ha potuto proseguire gli studi, abruzzese emigrato al nord per diventare impiegato alla grande azienda automobilistica dopo tanti sacrifici il papà. In questo incastro di universi, non sempre privo di grumi, Donata arriva dalla luna proprio come un dono. Il suo legame con la mamma è subito fortissimo: l’ha scelta per renderla felice, e per molto tempo resterà convinta di volerla salvare da tutti quei mali esplosi fuori da un vaso di Pandora che si rivelerà prolifico nel presentare ostacoli, ingiustizie e un sotterraneo fiume di tristezza.
Spesso Donata si sente fuori posto e inadeguata: lo sguardo bambino non le permette di entrare nei meccanismi inspiegabili della vita, ma è da lì che percepisce sottopelle un incastro di mondi non perfettamente riuscito, un disallineamento rispetto a un desiderio, una frattura che genera qualche mancanza. Non lo sa spiegare, ma lo vive e interpreta da bambina qual è: timida e solitaria, piena di interrogativi e spesso investita da vergogne che arrivano a scardinare il rapporto simbiotico con la mamma. Ferite da cui scaturisce il suo mondo interiore ricchissimo, tutto allestito da una panchetta su un balcone di periferia, protetto da un tendone verde, dai bottoni con cui giocare, dai quaderni su cui scrivere e dalla rassicurante presenza materna. Donata bambina non sa, ma sente, e con gli occhi della sua età lavora sulla ferita, facendo il suo racconto e la sua poesia.
L’affidabilità della memoria
La mamma le passa di frequente i ricordi della propria infanzia sofferta, pieni di male: è quella memoria che gonfia le fantasie e i pensieri della piccola Donata, intenta a costruire il suo mondo interiore. È un universo poco affollato da bambini, giochi ai giardinetti e distrazioni perché l’indole la rende introversa, tutta concentrata a districarsi nei nodi di una famiglia che è stata la sua culla, e della quale, una volta adulta, si accorge di conoscere pochissimo. Nasce qui l’esigenza adulta di mettere ordine nei relitti sommersi della memoria: ma forse è impossibile ritrovare l’esattezza reale, ci si può solo accontentare di riacchiappare la sua invenzione, quella di uno sguardo profondo e sincero, la memoria del cielo di una bambina.
Spesso la voce adulta si domanda cosa sarebbe stato senza i racconti della mamma, e come si mescolino memorie altrui e proprie nel racconto che ciascuno costruisce sulla propria vita: Donata adulta inciampa in riferimenti che non tornano, in ricostruzioni forse errate, in ambiguità ormai incollate nella catena dei ricordi tanto da essere indistricabili dal resto. Cosa è ricordo, cosa racconto e cosa ricostruzione inesatta? L’affidabilità della memoria vacilla e in questo vuoto l’unica verità restano proprio gli occhi e il cuore di Donata bambina, la sua sensibilità, la sua fantasia infantile nell’interpretare la fatica della mamma, la gioia del papà, la necessità di risparmiare per acquistare una casa, la sua “lotta per la salvezza”, il cammino verso l’età adulta che deve passare attraverso le vacanze dai nonni abruzzesi in una campagna aspra, le sofferte e detestate colonie estive, ma anche il mare e il suo orizzonte infinito.
Le immagini e i ricordi della Torino anni Sessanta non si incastrano perfettamente nella consapevolezza della voce adulta che li ricostruisce, ma che li sa tuttavia ripescare integri dal passato. In questa riserva di emozioni ci sono l’amore sviscerato per la mamma, il senso di inadeguatezza, la meraviglia dei libri, il desiderio sfumato di diventare, impreciso, nebuloso, ma solido come solo nell’infanzia. C’è l’inizio di quel che saremo tutta la vita. Ed è questo che Donata riesce a salvare dal caos della memoria: i pensieri, i veri ricordi.
Libri per volare
Tra le magie che la scrittura di Paola Mastrocola sa fare in questo libro c’è anche regalare al lettore il racconto di come Donata scopre la lettura e la scrittura, che saranno poi parte integrante di lei e del suo essere. L’autrice lo confeziona e lo restituisce integro, pieno al contempo dell’incanto di una scoperta che sa rapire, e cambiare per sempre l’approccio alle cose, ma anche profondo, rianalizzato con uno sguardo adulto che affonda in quella scoperta meravigliosa per continuare a coltivarla tutta la vita.
Anche l’incontro con i libri, la prima e determinante scintilla, è una memoria del cielo che tendiamo a dimenticare una volta adulti, dando per scontato un meccanismo prezioso perché capace, nella sua semplicità, di modificare lo sguardo, di librarci in alto. Per Donata, bimba solitaria, i libri sono ali per volare, la scrittura tutte le parole che sente ma non sa di avere. “Leggere mi consolava. Lo so che è un verbo strano. Non sapevo di cosa, ma sentivo che di qualcosa dovevo essere consolata” dirà la Donata adulta, cogliendo il cuore di quei pomeriggi estivi assolati e deserti in cui, bambina, fermava il tempo sulla panchetta in balcone, un libro in mano e il tendone verde intorno, a proteggerla dall’esterno.
Forse è proprio attraverso la scrittura che la piccola Donata affronta i mali usciti dal vaso di Pandora: alcune persone fanno finta di niente, altre li raccontano: sono gli scrittori. Come una collezione di conchiglie, parole e racconti costellano il recupero della memoria del cielo: alcune sono false, alcune sono oggetti dal suono rotondo e simpatico, altre imprecise ma solide, altre frammentate, fintamente innocenti, luminose, fasci di luce in forma di racconto – l’unica forma possibile, per quanto cangiante – su ciò che siamo stati e siamo. Come suggerisce la citazione di Massimo Bontempelli in esergo: “dalla storia la sincera memoria del cielo è bandita”. E mentre “storia è mondanità, poesia è raggiunta solitudine. Storia è interessata convivenza, poesia è comunione”. Un libro, dunque, ma anche un’esistenza intera: una solitudine da viversi in comunione.