Muri e silenzi separano Caterina e Claudia, madre e figlia, in “Del nostro meglio” di Carmela Scotti, romanzo di spaccati psicologici vividi e di un interno borghese che vive di apparenze e buone maniere e nasconde, invece, violenze e rivalità. Un libro che esplora rancori e nostalgie, e ci dice quanto coraggio e tenacia servano per venire a capo delle nostre vite…
Uno dei segreti meglio nascosti dell’attuale scena italiana. Emersa quasi dieci anni fa dal premio Calvino, gratificata dalla presenza nel listone del prossimo premio Strega – non conosce la presidente di Cinecittà che l’ha candidata, ed è quanto dire… – sostenuta con vigore e coerenza dalla casa editrice Garzanti, che da sempre pubblica tutti i suoi libri. Carmela Scotti è una siciliana (una brava, non “selezionata” da Salvatore Ferlita nelle due edizioni di Palermo di carta, fortunato saggio edito da Il Palindromo; dimenticata, come altri, fra quelli scelti da Gaetano Savatteri per il suo volume L’Isola nuova. Trent’anni di scritture di Sicilia, Sellerio) che ha messo radici in Lombardia, dedita alla professione giornalistica, lettrice dai gusti camaleontici ma con la passione dell’America (qui un articolo scritto per noi), autrice di romanzi carichi di nodi irrisolti, di psicologie complesse, di andirivieni interiori ed esteriori, vortici di passioni, talvolta malate, grovigli di sentimenti sepolti che riemergono, segreti, odissee di ossessioni, che spesso hanno la ricerca dell’amore a tutti i costi come punto di partenza, e del perdono come approdo. Le relazioni familiari sono sempre, implacabilmente, la linfa dei suoi romanzi, ogni volta in modo nuovo e diverso, ogni volta capaci di rapire i lettori che divorano storie a dispetto del tempo a disposizione, magari rubando ore al sonno. È andata così anche con Del nostro meglio (215 pagine, 18,60 euro), quarto romanzo di Carmela Scotti dopo L’imperfetta, Chiedi al cielo (qui l’articolo) e La pazienza del sasso (ne abbiamo scritto qui).
Agguati della memoria
In Del nostro meglio Carmela Scotti allestisce un palco di ricordi malfermi, veri e propri agguati della memoria, sentimenti sotterranei, emozioni represse, vigliaccherie, autodistruzioni. La scrittrice, originaria di Messina, ma formatasi a Palermo, riempie le pagine di dolore e di rabbia, del rapporto conflittuale fra una madre e una figlia, ognuna racconta il proprio punto di vista, di un marito e padre, Fausto, chirurgo di fama che alza però il gomito – e finisce anzitempo la propria esistenza, dopo aver inflitto violenze fisiche e non alla moglie – di una zia, Dora, che prende in carico una nipote turbolenta e ribelle, fra eccessi tossici e fughe, e di un rapporto, per tornare alla madre e alla figlia, Caterina e Claudia, tutta tatuaggi e piercing, che non può finire con una distanza incolmabile: «Da una madre non si divorzia, è sempre un conto aperto». Storie di perdoni reciproci da conquistare, dopo anni. Complice anche la maternità di Claudia, che mette al mondo Nina, e ha più “stampelle” per i suoi tentativi di riparare il passato: la già citata zia paterna e l’amica di sempre, Vio.
Il terzo incomodo
La scrittura schietta e feroce di Carmela Scotti – per una volta molto lontana dalla Sicilia – scava in fondo, come sempre nei suoi romanzi, porta al cuore di un interno borghese che vive di apparenze e buone maniere, al centro di una rivalità in cui Claudia è «il terzo incomodo», creatura assolutamente non desiderata dalla madre. Un duello smaccato fra la moglie e la figlia di Fausto, scontro che s’alimenta di disaffezione, colpi bassi e menzogne, una in particolare che segna la vita della donna più giovane, e regge gran parte dell’architettura del libro. Il lettore è sempre a suo agio, pur immergendosi in spaccati psicologici vividi e dei più vari, pur passando dal presente al passato con una certa frequenza, facendo i conti con personaggi piuttosto vivi e sempre in evoluzione (si pensi a come cambiano nel corso del tempo vita, aspetto, status, ma non l’incapacità di fare i conti con se stessa, di Caterina…), irrequieti e fragili. Carmela Scotti ci aiuta a capire grovigli generazionali avvelenati dal tempo, a esplorare rancori e nostalgie, ci dice quanto siamo deboli, stanchi, vulnerabili, e quanto coraggio e tenacia servano per venire a capo delle nostre vite, per fare crollare muri e silenzi, per riuscire a fare del nostro meglio.
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