Libro colto, come il suo autore, scorrevole, curioso e pieno di spunti è “Il lettore sul lettino” di Guido Vitiello, che indaga l’antico gesto di leggere, tra serio e faceto. Un volume dal fascino potentemente delicato, perché la voce dell’autore, elegante e sardonica, si traduce in un andamento narrativo sobrio
Il lettore sul lettino (168 pagine, 13,50 euro) di Guido Vitiello, pubblicato da Einaudi, è un libro pieno di verve sulle nevrosi e manie, piccole e grandi, di noi lettori, intriso di sana e salvifica autocritica sul modo di intendere la lettura e quello di considerare i libri come strumento di arricchimento personale e feticcio.
La sensazione è quella di calcare tra le pagine di un vero e proprio excursus che apre il sipario sulla storia del rapporto tra libro e uomo e, più in generale, il modo di intendere la lettura.
Virtù o stupefacente?
Scopriamo che, tra i numerosi scrittori e psichiatri citati da Vitiello con dovizia di conoscenza personale, anche Virginia Woolf, nel 1925, si era cimentata nella missione di tracciare un identikit del lettore comune (e affamato) ovvero colui che, tramite la lettura, si illude di condursi alla virtù. Oppure siamo avvertiti che la lettura è più, banalmente e pericolosamente, uno “stupefacente” di cui non possiamo fare a meno. E che origine ha l’impeto all’“accumulazione selvaggia”, fonte di innumerevoli e pesanti sensi di colpa, come l’imbarazzo che scatena il bisogno di “annusare” la carta di un volume, quasi a volerlo “assimilare”? E come affrontare l’eterno confronto-affronto digitale cartaceo?
Scopriamo con Guido Vitiello, bonarie perversioni, modi di dire, nevrosi più o meno irrecuperabili che accompagnano i lettori dalla notte dei tempi; citazioni autorevoli e titoli di libri, più o meno classici, costellano le pagine. Per i lettori (tutti) che amano arricchirsi di spunti di lettura c’è pane saporito per i propri denti. Libri che contengono libri: sarà anche questa una delle manie più diffuse tra noi lettori contemplate nella fatica di Vitiello?
Ricerca senza narcisismi
C’è questo e tanto altro ne Il lettore sul lettino, libro colto, come il suo autore, scorrevole, curioso e pieno di spunti; tra le pagine, si respira un consistente lavoro di ricerca senza sfoggi narcisistici, il che, di questi tempi, è merce rara. L’ampia bibliografia, alla fine del libro, testimonia il lavoro di approfondimento accurato che ha permesso all’autore di regalarci questo racconto gradevole e ricco in cui si narrano aneddoti e fatti storici, preziosi e variegati, prelevati dalla letteratura di diversi secoli, dall’epoca classica in poi.
Un libro dal fascino potentemente delicato, perché la voce di Vitiello, oltre ad essere elegante e sardonica, si traduce in un andamento narrativo sobrio che offre un equilibrato mix di nozioni ed emozioni, sorrisi e riflessioni.
Il lettore sul lettino è scritto con un’ironica sacralità, una sapienza misurata mista a garbo narrativo, e potremmo azzardare a definirlo un fine mini saggio. Guido Vitiello, penna brillante ed eclettica, si diletta in accostamenti audaci e spiritosi come quello tra la Recherche e la supercazzola (si avete letto bene) di monicelliana memoria o il Rocky Horror Picture Show. Geniale! Soprattutto perché l’autore non si esime dallo spiegare il perché di questi accostamenti tra sacro e profano. Ancor più piacevole è che lo scrittore si consideri, innanzitutto un lettore. Nei passi autobiografici la sua onestà nel vestirne i panni è tale da arrendersi a confessare le sue piccole deviazioni, esprimendole con candore disarmante.
Il libro come feticcio
Devoti del sacro parallelepipedo, lettori nevrotici, o bibliomani, sono solo alcune delle definizioni usate dall’autore, simpatico e fantasioso, con cui ci deride bonariamente.
Con la stessa ottusità idolatrica con cui quelli venerano il vitello d’oro, ci siamo messi a riverire il lastrone di pietra dell’Antico Testamento, e il suo rampollo, il parallelepipedo di carta.
Siamo amanti insaziabili che si scoprono a fare “cose strane”, riti ossessivo-compulsivi, spesso inconsapevoli, nei quali ci si riconosce, sorprendendoci (e spaventandoci) anche un po’. Potremmo mai immaginare, per esempio, che Salman Rushdie, da ragazzo aveva l’abitudine di salutare ogni libro che abbandonava con un bacio, per scusarsi della mancanza di rispetto? Eppure è così. Il libro come feticcio: “per vie misteriose e un tantino superstiziose, ci siamo persuasi che l’oggetto-libro abbia in sé dei poteri benefici, e che tutte le parole, anche le più insulse, guadagnino un prestigio speciale dall’essere rinchiuse in quel formato e solo in quello. […] quasi senza accorgercene, siamo diventati feticisti del parallelepipedo”.
È divertente scoprire, leggendo, quanti comportamenti sono legati alla lettura: dal cibo al sesso. A proposito di sesso, richiama la nostra attenzione l’autore: ma i libri di che sesso sono? E soprattutto hanno un sesso? Domande come queste, tra serio e faceto, si susseguono in un’analisi variegata e accurata, a partire dal lessico e dalle definizioni legate al mondo della lettura, per avallare o sfatare miti e convinzioni, più o meno radicate. Non sarò mai abbastanza grata all’autore per aver sottolineato come la definizione “lettori forti” non abbia alcun senso! Un grazie sincero. Lo ripeto da anni senza la stessa autorità.
Stranezze, aneddoti e verità
In capitoli spassosi come Frammenti di un discorso poliamoroso, sono classificati, con pignoleria implacabile, i diversi tipi di lettori maniaci, ancora a piede libero in librerie e biblioteche. Ah, siamo avvertiti, quando leggiamo nelle recensioni di un critico letterario che un libro è interessante: pare sia il modo che usa la diplomazia letteraria per dire che non è granché. Un po’ come quando diciamo di qualcuno che è “un tipo” anziché bello, affonda l’autore. E che dire dell’irrazionale fremito a leggere tutto e di più che, secondo esperti psichiatri, altro non sarebbe che l’intenzione subconscia e fallace di leggere per poter “colmare le lacune”? Qui lo scrittore dà il meglio di sé in termini ironici, spiegandoci quanto sia ridicola una simile affermazione (sempre senza offesa, ed esclusi i presenti, ndr), così tanto da suscitare una risata cosmica di fronte al mare infinito di libri che non potremo mai conoscere neppure con millemila metempsicosi. E poi c’è il trauma del prestito del libro che tutti vorrebbero evitare, o cosa si nasconde dietro la scelta di un libro dalla copertina, la verità che si cela dietro la sistemazione sugli scaffali, tutt’altro che casuale, fino all’argomento più recente del fenomeno tsundoku, vero e proprio demone, secondo l’autore.
Insomma, non manca proprio niente di tutto quello con cui un lettore si confronta ogni giorno, vivendo (e subendo) il proprio amore per i libri; un vademecum di stranezze, aneddoti e verità riassunte nelle poche, ma esegetiche pagine di questo libro che (psico)analizza chi legge, credendo di farlo per virtù e invece scopre di farlo per vizio.
Il tutto è portato da uno stile limpido che, a tratti, ci regala anche immagini poetiche come quella, degna del miglior Rodari, in cui ci parla del “naso”, il naso dell’autore, e delle sue vicissitudini nel capitolo che narra del Libro boomerang: un incipit incantevole.
Nel complesso, la voce “calda” di Guido Vitiello, a differenza di quanto è aguzza nelle vesti di giornalista, per accogliere il lettore in un’atmosfera colloquiale e intima, come un racconto che si svolge intorno a un camino, tra amici, per sorridere di debolezze comuni e inconfessabili: il capitolo Una tazza tutta per sé, docet.
Il lettore sul lettino è una lettura veramente gradevole, che insegna molte cose. Innanzitutto, a prendere la lettura con più leggerezza: un libro in più, o in meno, non farà di noi un compiuto, o mancato, Pico della Mirandola.
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