Dopo secoli di discredito torna in auge l’opera di Aphra Behn, “scandalosa” scrittrice del diciassettesimo secolo. Per una giovane suora – la protagonista del suo romanzo “La monaca” – l’amore è un sentimento ardente ma ambiguo, un Giano bifronte. Infrange per amore ogni promessa e ogni patto, rinunciando alla vita religiosa e andando incontro a mille capriole del destino…
«Fra tutti i peccati associati alla natura umana non ce n’è alcuno che non sia stato in maniera tanto speciale,
visibile e frequente riconosciuto e castigato dal Cielo quanto la trasgressione dei voti, che non sfugge mai alla punizione».
Ci sorprenderebbe sapere quanto poco pii possano essere i pensieri di una donna devota e quanta crudeltà possa scaturire nel tentativo di salvare il proprio onore dal pozzo della vergogna.
L’infrazione di un patto di fede squarcia il buon nome di qualunque famiglia devota e religiosa. Qualche volta è in nome del più nobile dei sentimenti che si compiono azioni crudeli: l’amore. Quello per Dio e quello per l’amato; a volte persino per entrambi.
La più amata
La monaca (80 pagine, 14 euro) di Aphra Behn (1640-1689) è un libro rivoluzionario se consideriamo l’epoca in cui è stato scritto e ancor più se teniamo conto che a farlo è stata una donna, una delle prime, una delle poche, che riuscì a mantenersi scrivendo. Una figura, quella della Behn, sulla quale gli inchiostri autorevoli potrebbero sbizzarrirsi e scrivere pagine avvincenti: basterebbe il racconto della sua sola vita per vergare un romanzo. Aphra Behn è stata una scrittrice inglese di grande acutezza e mai immune agli scandali. Anzi.
Per Isabella invece, la protagonista del suo breve racconto pubblicato per la prima volta in Italia da Lorenzo de’ Medici Press, uno scandalo non è plausibile, o almeno non in un primo momento. Per quella giovane monaca del convento delle Agostiniane di Ypres, figlia del Conte Henrick de Vallary, l’amore è un sentimento ardente ma ambiguo, un Giano bifronte: miele che allieta e appaga le giornate di preghiera, e veleno che induce a uccidere.
Figlia, amica e sorella ammirata da tutti, dentro e fuori l’edificio religioso Isabella gode di fama e stima che la rendono popolare e desiderata. Ha avuto in dono un animo candido e una bellezza inequiparabile. Corteggiata dai tanti che hanno incrociato il suo volto, e dalle sue stesse compagne che tentano di esserle amica, la giovane rappresenta per tutti un esempio di grazia e virtù da imitare, un orgoglio per parenti, familiari e coloro che hanno la fortuna di conoscerla: lei è la più amata.
Era stata affidata in custodia alla zia, la madre badessa del convento delle Agostiniane per volere del padre, dopo essere rimasto vedovo. Col passare degli anni si rafforza in Isabella la convinzione di escludere il mondo dalla sua esistenza terrena e dedicarsi alla vita monacale che sembra soddisfare ogni sua necessità. Convinta a prendere i voti nonostante i suggerimenti del genitore di conoscere il mondo e le sue bellezze prima di compiere il giuramento della castità, la giovane religiosa sembra certa a seguire la propria vocazione. Rifiuta «la compagnia di tutti coloro che parlavano di matrimonio» perché più conosceva il mondo e più «provava pietà per gli infelici che erano condannati a vivere in esso». La sua mente è «rivolta al cielo» e niente sembra riuscire a distrarla.
Attraverso le grate
Questo muro di cinta tanto robusto che Isabella costruisce intorno a sé sembra però scricchiolare quando conosce Bernardo Henault, il fratello di suor Katteriena, figlia di Graf Vanhenault, e compagna di cella della casta Isabella.
L’amore nei confronti di questo uomo sembra crescerle dentro come una serpe tentatrice che non riesce a quietare. Lo aveva visto attraverso le grate parlare con la sorella durante i colloqui quotidiani. In quella penombra ogni tratto dal suo volto sembrava scalfirle dentro il sentimento che l’avrebbe travolta. I loro sguardi si erano incrociati ed era stato sufficiente quel tocco invisibile a fare scattare un incendio d’amore. Nel tentativo di frenare quella passione:
Aveva provato lunghi digiuni e fervide preghiere, rigide privazioni e penitenze, severe discipline, tutte le mortificazioni, fin quasi alla perdita della vita, per vincere quella fiamma indomabile; ma essa non faceva che ardere e infuriare di più.
Dilaniata da quel fuoco improvviso, Isabella cede, si decide ad amarlo e a vivere con lui. Infrange per amore ogni promessa e ogni patto, e una notte, mentre tutti Stanno dormendo, scappa dal convento per sposare il suo amante.
Fuori da quelle mura religiose la vita dei giovani innamorati però non sarà affatto semplice. Gli ostacoli e le disgrazie sembrano accanirsi sulle loro vite come fossero condanne mandate dal Cielo in punizione alle loro azioni disobbedienti.
I suoi cavalli da tiro si azzuffavano e si uccidevano tra loro; i suoi granai a volte si incendiavano; tanto che era divenuto la favola di tutto il paese, e se a qualcuno capitava una disgrazi, si diceva che aveva avuto la fortuna di Monsieur Beroone.
Dopo la morte di Henault in guerra, Isabella cede a un dolore tanto profondo che le sembrerà di morire insieme al suo sposo. Si chiude nel suo lutto, stringe la casa di nero e pensa al suicidio. Tuttavia, ancora giovane e bellissima viene richiamata alla vita con un canto di sirena e trascorsi i tre anni del lutto, si risposa.
Un viandante misterioso
Ogni giorno della sua nuova vita sembra ricompensare le pene della precedente benché il suo pensiero non smetta di ritornare al suo precedente amore.
Ogni cosa sembra procedere lietamente fin quando una notte, mentre Isabella si trova sola in casa con la serva Maria in attesa che ritorni il novello sposo, bussa alla porta un viandante… l’uomo misterioso che le sconvolgerà per sempre l’esistenza.
L’amore bruciante nasconde sempre un veleno, sembra suggerirci la Behn. Non esiste donna o uomo immuni alla tempesta amorosa che non conduca allo scandalo, perché «essere nata nel peccato» secondo la scrittrice inglese, equivale «a non poter vivere esente da esso». E questo Aphra Behn lo sapeva bene: lei che sperimentò la sessualità e ebbe amanti di entrambi i sessi e una relazione con l’avvocato John Hoyle, notoriamente bisessuale.
Dopo secoli di discredito, negli ultimi decenni l’opera di Aphra Behn è stata ampiamente rivalutata, soprattutto da scrittrici e critiche femministe. Elogiata da Vita Sackville-West con il volume Aphra Behn – The Incomparable Astrea (1927) e da Virginia Woolf, in A Room of One’s Own (1929) che inserisce un’intera sezione dedicata a lei. L’opera della Behn ancora poco nota, andrebbe certamente rivalutata, letta e conosciuta.
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