Presente e passato si intrecciano nel gran bel romanzo di Dario Ferrari, “La ricreazione è finita”. Protagonista un giovane ricercatore universitario alle prese con le dinamiche poco limpide dell’ateneo e impegnato in una ricerca su un terrorista viareggino, morto in carcere da apprezzato scrittore. Una storia nella storia…
Viareggio, Pisa e Parigi. Settembre 2016 – dicembre 2019. Marcello Gori (Viareggio, 1986) è un inconcludente giovane alla soglia dei trent’anni. Studente universitario abbastanza mediocre, si è laureato in Lettere poco più di un decennio dopo l’iscrizione, con una tesi su Kafka. Vive ancora con la madre e gira in Vespa PK; è fidanzato senza sforzo con Letizia (più giovane, ricca, perfetta, studentessa di Medicina, “il miglior acchiappo immaginabile”); il quasi 70enne e separato padre interista ha un bar e lui non lo vuole assolutamente ereditarlo; accumula lavoretti e racimola in nero non più di 500 euro al mese.
Il concorso in ateneo
Per caso e per spirito di contraddizione, dopo aver incontrato l’assegnista del dipartimento di Italianistica Carlo Ceccanti, pur sapendo di avere poche possibilità di farcela, decide di partecipare al concorso che assegnerà due borse di dottorato. Probabilmente il potente carismatico preside della facoltà Raffaele Sacrosanti (alto, folti capelli grigi con ciuffo imperioso), deus ex machina del dipartimento, avrà già i suoi prescelti. Comunque, dopo lo scritto sul grottesco, viene ammesso bene all’orale, arriva secondo dietro l’eccelsa favorita Agnese e subito prima degli altri quotati Pier Paolo e Virginia. Le “chiacchiere” ci sono il 10 novembre e, alla fine, risulta terzo. Accade che la prima rinunci, ha vinto, dopo cinque anni si toglie la barba, può iniziare! Quando presenta un personale progetto di ricerca, il professore lo indirizza, invece, sul viareggino Tito Sella (1953-1998), terrorista negli anni settanta (ai tempi in cui pure Sacrosanti era un rivoluzionario con l’eskimo e le molotov), morto in carcere da apprezzato scrittore (poi presto dimenticato). Dovrebbero esserci archivio e inediti autobiografici presto disponibili alla Biblioteca Nazionale Mitterrand a Parigi. Marcello inizia con i romanzi e si appassiona. Deciderà addirittura di andare nella capitale francese. Gli cambierà la vita e l’indagine su quanto accadde davvero il 17 ottobre 1977 sarà quasi un colto giallo, con tristi foschie noir.
Anni di piombo
Lo scrittore Dario Ferrari (Viareggio, 1982), laureato in filosofia e dottore di ricerca a Pisa, è oggi autore di un gran bel romanzo, La ricreazione è finita (469 pagine, 16 euro), per Sellerio. Il titolo è una frase pronunciata all’interno della Brigata Ravachol di Viareggio, il gruppetto di fuoco dei rivoluzionari cani sciolti che decide di passare all’azione dopo il “non luogo a procedere” verso chi aveva buttato giù un operaio dalla balaustra del Ponte di Pisa: furto, azione dimostrativa durante il Carnevale, auto fatta esplodere, esproprio proletario, rapina, sequestro, infine un rapimento vendicativo finito male. La frase spesso usata dal nuovo leader ribalta il senso di quella pronunciata da De Gaulle; sempre dopo i contorcimenti dialettici degli avversari, non arriva la politica autoritaria, piuttosto la scelta violenta. Il periodo della contestazione 1968-1977 e la stagione degli anni di piombo assorbono tutta la curata parte centrale della narrazione (qui in terza persona, fissa sull’evoluzione di Tito), circa centocinquanta pagine intitolate La Fantasima, ricostruite tramite gli appunti privati rintracciati a Parigi.
Baronie e intrighi
I tre capitoli precedenti e il successivo (insieme all’epilogo) costituiscono invece il racconto in prima persona al presente dei tre anni di dottorato dell’ipersensibile Marcello (che via via affina altre “arti”): lo studio intenso e meditato dei romanzi di Sella, le dinamiche di baronie e intrighi dentro l’accademia universitaria (i personaggi dei confronti sulla storia della letteratura e di alcuni incontri “seri” sono personalità reali, come Gadda o Mari), la relazione e le amicizie comunque coltivate, il lungo periodo di apprendistato parigino, la stesura della tesi finale. La superficialità (di Tito e Marcello) può talora forse “proteggere”, tenendoci “a distanza dal baratro in cui scivola chi si concede integralmente, senza remore e senza protezioni, con il rischio di essere risucchiato dall’abisso senza nemmeno rendersene conto”. Segnalo lo sgarbo al professor Morelli dell’Università di Macerata, durante la preparazione (realisticamente terribile e divertente) del mega convegno, e le note differenze fra i fragili dottorati in Italia e quelli lunghissimi in Francia. Vini e liquori di tutti i tipi, la bolla uterina della generazione di Marcello può essere prodotta solo dagli 883.
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