Non affezionarsi al dolore, Stella Poli sempre sul filo

Un linguaggio estremo, eppure lirico caratterizza il primo romanzo di Stella Poli, “La gioia avvenire”. L’avvio del plot è l’incontro fra una psicoterapeuta e un avvocato, in cui è rievocato lo stupro di una paziente della prima. Una storia che conduce su sentieri pericolosi, a cominciare dal confine fra diniego e approvazione, e a un finale in parte sorprendente e in parte meno fosco

Vi rapirà in poco tempo e non solo perché consta di cento paginette effettive, ma perché la storia che racconta e il modo in cui è scritto vi stringerà a sé, vi ruberà l’attenzione, vi chiederà a ogni pagina di dimenticare chi avete accanto e cosa c’è attorno a voi. Nata a Piacenza, Stella Poli ha una certa esperienza come autrice di racconti brevi, ma si cimenta per la prima volta in un romanzo e lo fa entrando da uno dei portoni principali, complice la finale raggiunta al premio Calvino. Il suo La gioia avvenire (111 pagine, 16 euro), titolo preso in prestito a Franco Fortini, si spiega nella nota finale, è pubblicato da Mondadori nella collana Scrittori italiani e stranieri, come dire, in mezzo al meglio della casa. Ed è una fiducia ben riposta, perché con il suo linguaggio duro, estremo, ma al tempo stesso lirico, Stella Poli colpisce nel segno.

…non voglio affezionarmi al mio dolore.

Non voglio coltivarmelo addosso, portarlo come un feltro di sghimbescio, con quel tanto di spregiudicatezza e di disgrazia.

Il senso di colpa

Il senso di colpa, il trauma di un episodio lontano nel tempo è il combustibile dell’intero romanzo. Anche quando si scoprirà che qualcosa che sembra all’inizio, anzi che è addirittura conclamato, non è. La psicoterapeuta Sara dialoga con un avvocato a proposito di un caso che coinvolge Nadia, paziente della psicoterapeuta: stuprata a quattordici anni, vorrebbe capire se può ancora ottenere giustizia, se si possa agire legalmente contro l’aguzzino, uomo apparentemente irreprensibile, quasi quarantenne, amico del padre, padre – separato dalla madre – con cui la ragazza avrà da lì in avanti un rapporto a dir poco compromesso.

Lui mi dice «perché mi sono innamorato di te» e io mi siedo sul panettone pensando no, non ho capito. E che avrebbe aspettato che io avessi l’età giusta, per amarmi più… più. Nel frattempo, saperlo forte, tenerlo a mente, ma non dirlo a nessuno.

(Una parte di me non l’ha mai creduto davvero. C’era parte del mio buon senso vigile e una frangia violenta, fiduciosa, cogliona che si spalleggiava di evidenze, rileggeva i messaggi fino alla nausea: messaggi compromessi, implicati, adoranti e pensava che quella vulnerabilità aveva radici, quelle radici ero io.)

Territori sdrucciolevoli

Frammenti di episodi, su diversi piani temporali, cuciti assieme a immagini potenti, da una scrittura particolarmente feroce, conducono il lettore di questo libro di Stella Poli su sentieri pericolosi, territori sdrucciolevoli, a cominciare dal confine fra diniego e approvazione, tra violenza e consenso. Un romanzo sempre sul filo – a cominciare da quello dell’escalation del lento e lungo “corteggiamento” dell’adolescente, che non sa o non riesce a evitare fino in fondo il peggio, dal primo bacio ai primi abusi in auto – in cui ci sono pagine che rischiano di segnare solchi addosso, pagine di rara sensibilità, che condurranno a un finale in parte sorprendente e in parte dalle tinte meno fosche.

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