Una storia di mafia nella Sicilia orientale, con particolare attenzione alla zona grigia, all’indifferenza che favorisce la malavita. Con “Pater” Domenico Cacopardo conferma ancora di andare oltre l’angusta etichetta di giallista, con un romanzo storico e di formazione, che ha come protagonista un avvocato dal fascino ambiguo, che scala le gerarchie della criminalità organizzata
Da qualche giorno, complice la cattura del ripugnante Matteo Messina Denaro, cancro della Sicilia, si fa un gran parlare, anche da parte di persone assolutamente non titolate o totalmente improvvisate, della rete di complicità di cui godono i vertici della criminalità organizzata in Sicilia e non solo (perché è pressoché di pubblico dominio che Cosa nostra e le consorelle nate nel meridione d’Italia da tempo siano presenti nel tessuto socio-economico delle regioni del nord Italia, giusto qualche settentrionale non l’ha ancora capito…). Si fa riferimento, sulla scorta di dichiarazioni di magistrati e inquirenti, alla borghesia mafiosa, alle zone grigie e pericolose fra sanità, massoneria e mafia. Per parlare con maggiore cognizione di causa si potrebbe leggere con attenzione l’ultimo pregevole romanzo di Domenico Cacopardo (nella foto tratta dal sito ufficiale), che puntella di ulteriore qualità la collana “Dalie Nere” delle edizioni Ianieri, curata da Raffaella Catalano e Giacomo Cacciatore. E racconta, prima di tutto, dell’ambiguità di un contesto.
Dalle retrovie, senza compromettersi
Pater (258 pagine, 18 euro), questo il titolo del romanzo di Cacopardo, inquadra esattamente che cosa accade nell’Isola: la grande fetta di indifferenti, che non badano al male, si voltano dall’altra parte, è questa la quotidianità, la normalità. È il quadro inquietante, il brodo primordiale in cui si muove Cataldo Giammoro, classe 1923, protagonista del romanzo, a tratti perfidamente affascinante, che irretisce il lettore, strappa quasi la sua simpatia. In fine dei conti è l’eroe di una specie di romanzo di formazione, che strizza l’occhio anche a quello storico. Non si compromette mai Cataldo Giammoro – che per tutta la vita farà i conti con la morte, in circostanze mai chiarite, del padre – prima giovane balilla, poi disertore in guerra, sposa la donna che ama, la cugina Liborietta, detta Etta, a Messina si afferma come avvocato e comincia a danzare, disinvolto, in una zona grigia, in ambienti ecclesiastici, politici e della massoneria. Agisce sempre con discrezione, cerca sempre di mediare, inizia a controllare il territorio e a pilotare appalti, muovendosi fra democristiani e monsignori avidi, tira le file dalle retrovie. Complicità e corruzioni, criminalità e omertà sono gli ingredienti di un racconto che cavalca i decenni del secolo scorso e segue l’ascesa del protagonista, che si guadagnerà l’appellativo di Pater.
Un dattiloscritto e la ricostruzione d’epoca
Magnifica è la ricostruzione d’epoca di una Messina che non c’è più. Luoghi, oggetti e atmosfere che Cacopardo serbava in cuore ed è riuscito a spargere a piene mani, in modo meticoloso, ma mai strabordante. La storia scorre limpida, con un bel ritmo. Si guarda alla Sicilia dalla parte orientale, senza dimenticare quello che succede a occidente, con l’ascesa dei cortonesi. Lo scrittore, che immagina di trovare, nell’archivio di un ufficio giudiziario, un dattiloscritto col diario intimo di Cataldo Giammoro, lo fa sempre narrare in prima persona. Il risultato, in attesa del prossimo episodio seriale con protagonista Italo Agrò, è uno splendido godibile romanzo di un autore che è riduttivo definire un giallista (e aveva già fatto interessanti incursioni in altri territori…).
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Magnifica recensione, mi hanno sempre affascinato questa tipologia di scrittura, un po alla Sciascia, libro che presto farà parte della mia libreria, grazie .