Novantotto poesie, in cui ritrovarsi, confortarsi e confrontarsi, con la vita, con se stessi e con gli altri. Compongono “Persistenze. Parole, memorie, frammenti” di Stefania La Via – sguardo sensibile sulla condizione umana, poetica che si fa esistenziale e filosofica – volume che culmina in una sezione dedicata alla pandemia
Persistenze. Parole, memorie, frammenti (126 pagine, 12 euro) di Stefania La Via, per Màrgana edizioni, è una silloge poetica in cui si celebra la bellezza e la potenza della parola, nell’esercizio della vita e della poesia, in un tutt’uno. L’arte poetica è un modo per raccontare, meditare e riflettere sulla vita, su se stessi e sul mondo, come dirà la poetessa nel frammento 23, “la poesia per raccontare il nostro passaggio”, o come dice negli ultimi versi di Alla Poesia, sezione Parole: “…È un attimo, ma la potenza del miracolo. Bentornata sorella.”, chiamando sorella, la poesia, di francescana memoria. Tre le sezioni, in cui si divide la silloge: Parole, Memorie e Frammenti al tempo del Coronavirus. Sono novantotto le poesie, in cui ritrovarsi, confortarsi e confrontarsi, con la vita, con se stessi e con gli altri. In ogni verso c’è vita che pulsa, intima e pubblica che sia. Individuo, maternità, famiglia, società, ma anche solitudine, dolore, morte, natura, sguardi, colori, profumi, suoni, sentimenti, emozioni, ricordi, pensieri, Amore. Tutto viene fotografato e catturato dalla magia della parola poetica, con una scossa puntuale e forte che imprime l’attimo e il panta rei della vita, nella scrittura e nella memoria.
Parola e vita intrecciate
Dai versi di Solo la parola, nella sezione Parole: Poesia non è un’amena passeggiata/ Che lasci il mondo così come lo vedi,/ piacevole o paurosa foresta di forme./ Non è galleggiare in superficie ma apnea/ precipizio/ sconquasso/ che toglie la terra sotto i piedi/ e capovolge prospettive,/ energia che attraversa,/ strappo che squarcia la trama del tessuto/ punto di osservazione sul nulla/ e il tutto/ martello che frantuma il guscio/ delle apparenze, delle illusioni/ che chiamiamo realtà./ E per tutto questo ha solo/ la parola.
Pertanto il verbo incarna la vita e il suo mistero, il principio e la fine. Parola e Vita si intrecciano nella trama dell’esistenza, intensa e unica, ovvero nella realtà. La poetica di Stefania La Via, nel suo dipanarsi nelle tre sezioni, si fa filosofica ed esistenziale. Così si legge:“La vita infinita, che scorre”, come in una sala d’attesa, dirà la poetessa nell’omonima poesia, contenuta nella sezione Memorie. La vita è osservata dallo sguardo lungo e sensibile della poetessa che narra la condizione umana, con la potenza del verbo poetico. Stefania La Via, in punta di piedi, percorre le strade della memoria personali e civili, con l’eleganza delle parole, senza retorica, sempre sobria, lasciando spazio e tempo a chi legge di pensare e ripensare, facendo propri, quei versi. La terza sezione, Frammenti al tempo del Coronavirus, canta i giorni comuni di un momento difficile vissuto, ma ancora recente, il tempo della pandemia. Ecco che la solitudine si acuisce e la potenza della poesia, più di altri, può sentire e narrare lo spirito del tempo. Così dirà nell’incipit del frammento venticinquesimo: “A sera, in un silenzio di acquario il condominio è un albergo di solitudini….” . Si tratta di un tempo in cui il suo scorrere diventa infinito, doloroso e impalpabile. La poetessa dirà nel frammento ventinovesimo:“ho dimenticato a cosa serve l’orologio…” Ed è così che l’umanità si sente inerte e attonita di fronte alle morti, al dolore, alle vite sospese di ciascuno e di tutti, cercando di ridisegnare nuovi modi dell’agire umano, tra tecnologia e comunicazione. I frammenti narrano la quotidianità, ma anche il dolore, la morte:“… Oggi si muore senza morire”, frammento diciannovesimo.
La fede in Dio, l’aiuto della poesia
Tuttavia, tra le righe si sente forte la fede in Dio e nella vita. La parola fa sì che la poesia si faccia comunità, cosi come l’uomo fa comunità per salvarsi e sopravvivere al dolore e alla solitudine antica e nuova, come quella che il coranavirus ha acuito e che ogni male può acuire. La poesia aiuta a resistere. Essa persiste, rafforza e salva. Allevia il dolore, addolcisce e alleggerisce il vivere quotidiano. Ogni verso è un dono prezioso e generoso che la poetessa fa ai lettori, offrendo i suoi pensieri, intrisi di sentimento, passione e riflessione personale e collettiva, sulla vita, felice, triste, anonima o pubblica che sia. Non perdete la poesia di Stefania La Via, ristoro dell’anima, ottima compagnia nella quotidianità fatta di rumori, confusione e solitudine.
Voglio lasciarti una parola, dalla sezione Parole
Voglio lasciarti una parola/ che ti sia ponte per attraversare/ le distanze tra te e te stesso, non PIN segreto/ codice che chiude il senso, lo dissolve/ ma password che apre e scioglie/ link per navigare/ e ritornare/ scialuppa di suono/ che ti riporti a casa, / se ne hai voglia.
Stefania La Via è nata e vive ad Erice (Tp). È una docente di Lettere alla scuola secondaria, esperta in didattica della poesia, archivista e paleografa. Ha esordito nel 1998 con la silloge Fuori tema Canti del silenzio, seguita nel 2002 dalla raccolta e-mail, scritta a quattro mani col poeta Renzo Porcelli e nel 2004 La fragilità difficile. Suoi contributi poetici e letterari sono apparsi in prestigiose riviste e antologie. Dal 2006 cura la rassegna letteraria “Terrazze d’autore” e promuove la conoscenza e la lettura della grande poesia contemporanea con readings, podcast radiofonici, eventi e performance teatrali. Ama definirsi un’appassionata lettrice di buona poesia. Ha curato vari progetti di riordino e inventariazione di fondi archivistici di rilievo, tra cui l’Archivio storico dell’Osservatorio Astronomico “G.S. Vaiana”, di Palermo e l’Archivio Storico Diocesano di Trapani, del quale, dal 2011, è la Vicedirettrice.
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