Un libro sull’attimo della creazione letteraria e sul legame fraterno fra Ezra Pound e T. S. Eliot. È l’ibrido che consegna Filippo Tuena ne “La voce della Sibilla”: un’indagine narrativa, o un saggio sui generis, sulle origini del capolavoro “The Waste Land”, fra pezzi di vita, peripezie editoriali, in un raro equilibrio di onirico e didascalico
Se non fosse scritto chiaro e tondo sulle copertine, chi indovinerebbe che l’autore de Le Variazioni Reinach, di Ultimo parallelo, Cacciatori di notte e del più recente La voce della Sibilla, è lo stesso e cioè Filippo Tuena? Non una debolezza, ma una forza questa sfrontata imprevedibilità, questo cancellare tracce per inventarsi sempre un nuovo cammino, uno stile mobile degno di Calvino (in un’intervista concessa a Riccardo De Palo, Giovanna Calvino, figlia dello scrittore, osservava a proposito del padre: «Lui reinventava spesso il suo stile, aspirava a non essere riconosciuto da un libro all’altro, a sembrare non uno ma molteplici autori»). Ne La voce della Sibilla (267 pagine, 19 euro), pubblicato da Il Saggiatore, Filippo Tuena (qui un suo consiglio di lettura sulla nostra pagina YouTube) rapisce con una storia che s’interroga e fa ipotesi a proposito della genesi di una capolavoro (The Waste Land di Eliot) e sulla sostanza di un’amicizia, non un’amicizia qualunque, ma quella fra due giganti della letteratura, ovvero Ezra Pound e T. S. Eliot. Un libro che indaga le origine del genio, la creazione letteraria, l’attimo in cui scocca qualcosa in grado di fare la differenza, di restare nel tempo.
Filologia e fantasia
Immagini e poesie, riflessioni e lettere, e anche un non particolarmente celato spaccato generazionale (di una generazione che comprendeva gente come Woolf e Joyce). È quello che troverà il lettore in queste pagine che possono inizialmente lasciare interdetti e disorientare. Non è la pura disinvoltura narrativa che Tuena ricerca in questo frangente. Racconta, sì, ma principalmente si interroga, lo scrittore romano, fa ipotesi (ritiene che Elliot inizi a scrivere il poema, in una pensione parigina, divorato dal senso di colpa per non aver preso parte alla guerra), tra saggio e poesia, con il rigore del filologo, ma dando fuoco alla miccia dell’immaginazione. Non fa critica pura, narra pezzi di vita, peripezie editoriali, in un raro equilibrio che abbraccia l’onirico e il didascalico. Furono almeno tre gli anni di lavoro forsennato di Eliot per arrivare a quei versi immortali, soprattutto grazie all’intervento decisivo – una magistrale revisione – del “fabbro” Pound, a cui l’opera è dedicata.
T. S. negli anni a venire spesso ripeterà che il lavoro fatto da Pound fu un caposaldo di editing o meglio di critica letteraria. Vorrei, dice nel 1932 a Ford Madox Ford, che il manoscritto con le osservazioni di Ezra, e ancora più importanti, i suoi tagli, che lo hanno ridotto da ottocento versi alla metà, prima o poi torni alla luce, so che ce l’ha Johnn Quinn. Un capolavoro di critica letteraria.
Sentimenti ambivalenti
Con The Waste Land Eliot forgia una poesia incandescente e misteriosa, figlia di un’amicizia fortissima, accesa dalla letteratura, e, in parte, controversa. Eliot ribadì sempre e per sempre la forza e l’importanza dell’aiuto di Pound, ma ne fu anche intimorito, confuso, finì per nutrire sentimenti ambivalenti per il suo stesso poemetto, quasi un Carver dopo le sforbiciate di un Gordon Lish. Un passaggio che Tuena affronta a viso aperto come il resto della sua biografia, comprese le nozze con la malata e instabile Vivienne e la conversione religiosa. Un libro che non bisogna perdere: cercatelo e perdetevi fra le sue pagine…
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