I personaggi vengono prima della trama nei romanzi di Irvine Welsh. Non fa eccezione “I lunghi coltelli”, in cui torna l’ispettore Ray Lennox, già protagonista di un suo precedente romanzo, “Crime”. L’omicidio con macabra mutilazione di un deputato conservatore (e predatore sessuale anche di minori) è il suo nuovo caso…
Edimburgo. Autunno. Lo hanno bloccato su una sedia di plastica in un grosso magazzino vuoto a Leith (sobborgo portuale), polsi e caviglie legati, con addosso solo le mutande rosse a strisce e il cappuccio di cuoio marrone calato sulla testa. Vogliono fargliela pagare cara al deputato conservatore Ritchie Gulliver, predatore sessuale (contro persone vulnerabili, anche bambini), che viveva tra Londra e Oxford. Un uomo osserva, una donna prende la valigetta degli attrezzi e la apre, si avvicinano, lo toccano. Il primo coltello non colpisce bene i genitali, il secondo (a seghetta) li recide, il nemico sta per morire dissanguato e urla un nome familiare ai due assassini, “Lennox”. Ray Lennox ormai si è trasferito dalla vecchia casa a Leith nel nuovo appartamento trilocale metropolitano a Viewforth. Lo chiama il sedentario capo Bob Toal, vicino alla pensione, vuole passare a prenderlo per andare insieme sul luogo del delitto, tutti sanno che ce l’aveva con il bastardo castrato, può essere addirittura sospettato. Hanno ricevuto una telefonata anonima con le indicazioni precise, si muove tutta la strana congrega dell’Anticrimine, la vittima era piena di alcol e droga, la ferita più grave gli era stata inferta con un mazzuolo, modus operandi del famigerato Rab Dudgeon, detto il Falegname Pazzo, chiuso nel carcere di Saughton. Era stato Lennox a rivelare tempo addietro la relazione omosessuale clandestina di Gulliver, allora indiziato dell’omicidio di una ragazzina, commesso in realtà da Gareth Horsburgh, detto il Mister Pasticciere, pluriomicida di bambine, ora in carcere. Lennox lo va a trovare (e pestare) per farsi rivelare dove siano i quaderni con tutti i nomi e i luoghi dei delitti e capisce che è in qualche modo collegato pure a chi sta prendendo di mira (anche a Londra) pessimi potenti come Gulliver. Chi sono? Forse li conosce? Furono abusati? Fanno bene? E poi rapiscono pure il fluido nipote Fraser!
Cacciatore di satiri mostri
Il grande scrittore scozzese Irvine Welsh (Leith, 1958 probabilmente) nel all’esordio letterario 1993 pubblicò Trainspotting, da cui il successo internazionale e il celebre film di Danny Boyle. Prima aveva fatto e provato di tutto, ex punk londinese ed ex tossico cosmopolita fra l’altro, la scrittura come riabilitazione sociale. Dopo ha pubblicato molti altri bei romanzi, di vario genere, crudi e realisti; questo I lunghi coltelli (379 pagine, 19,80 euro), sempre per Guanda con la traduzione di Massimo Bocchiola, è un notevole noir, narrato in terza fissa (quasi) sul travagliato ipersensibile protagonista, già apparso nel 2008 in Crime (per la trasferta a Miami, qui spesso citata). Ray aveva un padre rancoroso dirigente sindacale (comunista?) e ha una sorella potente piacente penalista, laureato in Informatica e poi combattente per la giustizia e cacciatore di satiri mostri nei panni impropri di poliziotto, più di uno e ottanta per oltre ottanta, occhi indagatori e ossessionati, Alfa e Kickboxing, sempre attanagliato da paure giovanili e dipendenze da varie sostanze, spesso tenero e affettuoso ma anche un poco ritardato emotivo, ancora in procinto di convivere e forse sposarsi con la giovane bionda Trudi Lowe.
La vita è sempre un rischio
Il titolo di questo romanzo di Irvine Welsh ha più risvolti: le armi sanguinolente dei delitti, la collezione di cinque coltelli arabi rubata al padre del nerboruto assassino maschio, la scimitarra con la quale gli avevano amputato una mano (ora di ferro), i vari usi metaforici della Notte di quelli lunghi (non solo dei serial killer). I personaggi vengono prima della trama, la vita è sempre un rischio. Il tema torna costante: “nel nostro paradigma postdemocratico di venerazione del potere, opporsi è diventato inutile”? Tanto più che il capitale globale è diventato un colonizzatore di privilegi locali e il potere viene rappresentato nel romanzo da influenti ricchi viziosi spendaccioni brutali bugiardi corrotti razzisti, un Regno Unito nel marcio, ovunque, anche in polizia. Segnalo che la non-deferenza cinica non favorisce le prospettive di carriera in un’istituzione chiusa (in Inghilterra e non solo), a pag. 95. Birre (Stella soprattutto), vini di ogni colore e qualità, puri malti (Macallan perlopiù), droghe pesanti e pesantissime, pasticche varie, di tutto e di più in una sola settimana di indagini. Dal jukebox esplodono belle canzoni.
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti